PROVENZA ED ALPI DEL SUD CELTO-LIGURI

Da

https://www.culture.gouv.fr/regions/Drac-Provence-Alpes-Cote-d-Azur/Ressources/Archeologie/Provence-et-Alpes-du-Sud-a-l-epoque-Protohistorique-Actualites-de-la-recherche-et-des-pillages-2000-2021

Le scoperte e le ricerche nel campo della protostoria in Provenza e nel sud delle Alpi sono numerose e fruttuose. Questo lavoro si propone di fornire una panoramica di queste scoperte nel periodo 2000-2021. Il 46° convegno (26-28 maggio 2022) dell’Associazione francese per lo studio dell’età del ferro è un’occasione per scoprire questo contributo.
Questa valutazione di 20 anni di ricerca è completata da una relazione sui saccheggi di siti protostorici avvenuti nello stesso periodo.

Puoi scaricare questo libro ( testo in francese)

SOMMARIO DEL LIBRO

Prefazione di Vincent Guichard, Direttore Generale di Bibracte EPCC 7
Prefazione 11


I. HABITAT E TERRITORI 25
Una conoscenza ancora eterogenea dei territori 25
Principali contributi dell’archeologia preventiva 32
Habitat di un possibile insediamento greco 37
Conoscenza approfondita di tre siti della Bassa Provenza 38
Dati sull’ambiente e sul clima 47
La scoperta di varie strutture 49

Oppidum di Castellan


II.RITI FUNERARI E CREDENZE RELIGIOSE 51
Tombe isolate 51
Collezioni e studi di laboratorio 53
Nuovi dati sulle pratiche rituali 55
Un santuario in alta montagna 57
Fatti singolari e collettivi portati alla luce dall’archeologia
preventivo 60

Ricostruzione del santuario di Roubion ( Alpi Marittime)


III. LUOGHI DI GUERRA E BATTAGLIA 65
Un monumento importante: il mausoleo di Glanum 67
Un luogo di battaglia identificato dall’archeologia 67

Mausoleo di Glanum


IV. RICERCHE E PROSPEZIONI CLANDESTINE:
IL SACCHETTO DEGLI “ARCHIVI DEL SUOLO” E IL COMMERCIO ILLEGALE 71
Conclusione 87
Bibliografia

OBOLI e MASSALIOTE scoperte  clandestinamente con metal detector

CEMENELUM : QUANDO NIZZA ERA LA CAPITALE DELLE ALPI MARITTIME

Le colline di Cimiez presso Nizza nascondono importanti vestigia ancora poco conosciute e solo parzialmente indagate. Prima che questo luogo divenisse la Colonia Romana di CEMENELUM poi capitale della provincia Alpes Marittimae  , qui sorgeva un Oppidum dei Liguri Vediantii le cui tracce si trovano sulla sommità della collina di Cimiez. I resti più  antichi di questo insediamento  risalgono  alla prima età del ferro ovvero al VI sec. a.C . Il luogo fu più fittamente abitato durante la seconda età del ferro tra il IV e il III sec. a. C. Rimane visibile ancora oggi  presso il ” Bois sacrè” una parte del muro dell ‘oppidum.

Alpes Maritimae e regiones Cisalpine

Con la conquista romana , sorse qui CEMENELUM , la “Nizza d’altura” che si contrapponeva con la Nizza ” greca” poco vicino con il suo porto sul mare.

Ricostruzione di CEMENELUM e sullo sfondo il porto di Nizza- disegno Jean Claude Golvin

L’antica città romana di Cemenelum sorse quindi ai piedi dell’oppidum  dei   Vediantii (oggi colle Bellanda). Fondata alla fine del I  secolo a.C. , dopo le campagne di pacificazione delle Alpi guidate dall’imperatore Augusto  Cemenelum divenne capoluogo della provincia delle Alpes Marittimae  vedi

 https://www.romanoimpero.com/2021/09/alpes-maritimae-province-romane.html.

Cemenelum, Alpes Maritimae

La sua posizione strategica, al passaggio della Via Julia Augusta e all’imbocco delle strade verso le Alpi, gli permetteva di controllare le valli. Centro militare, la città divenne per più di un secolo la stazione permanente di almeno tre coorti (corpo di fanteria). La sua crescita è dovuta ad una politica imperiale applicata dai governatori della provincia. 

L ‘anfiteatro di Cimiez/CEMENELUM(Nizza)

La città di Cemenelum si estendeva per almeno 20 ettari. Il  sito archeologico attuale, con una superficie di 2,5 ettari, corrisponde solo a poco più  del  comprensorio termale. È composto da tre spazi ben distinti, denominati in base alla loro posizione geografica: terme settentrionali, orientali e occidentali oltre ai resti di una arena. Un’area residenziale, posta a sud, non fa parte direttamente del complesso termale.

Veduta generale del sito archeologico.
Credito: Museo Archeologico di Nizza / Cimiez.

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Il Museo Archeologico di Nizza/Cimiez propone   cliccando nelle foto qui sopra la visita virtuale online del sito archeologico di Cemenelum  permettendo una visita guidata a 360

.

IL MUSEO ARCHEOLOGICO :

Una prima sezione spiega innanzitutto la storia dei due antichi insediamenti di Nikaïa e Cemenelum, La prima era una colonia greca annessa a Massalia (Marsiglia) la seconda una colonia romana. Esse sono coesistite in questa terra fino al VI secolo d.C. Nikaïa, affacciata sul mare, avrà la meglio su Cemenelum che sarà progressivamente abbandonata.

Il sito neolitico di Giribaldi 

Alcuni scavi realizzati tra il 1985 e il 1986, hanno rivelato sul sito della villa Giribaldi a 300 m a sud del sito archeologico alcuni resti del neolitico comprendenti un villaggio e fosse di estrazione d’argilla, utilizzate per la produzione di ceramiche o la costruzione dei muri delle case. I numerosi oggetti rinvenuti forniscono preziose informazioni sull’evoluzione degli stili di vita delle prime comunità contadine del V secolo avanti Cristo.

La vita quotidiana in epoca preromana e romana 

Un’altra area è dedicata alla presentazione di arredi dell’epoca protostorica. Vi troviamo oggetti risalenti all’età del bronzo e del ferro dei Celti-Liguri.

Tesoro di Clans

Bronzo tardo (1350-750 a.C. circa)
Bronzo, L: 6 cm, L: 4,9 cm, sp. : 2 cm

La regione di Nizza ha restituito diversi insiemi di oggetti in bronzo attribuibili alla tarda età del bronzo (1350-750 aC circa). Il giacimento del Clans è stato scoperto da un calzolaio, nel Vallon de Mounar, durante i lavori di sterro per aprire una strada forestale. È composto principalmente da massicci ornamenti aerodinamici con decorazioni incise. Si tratta di una produzione regionale che attesta l’altissimo grado di maestria raggiunto dai bronzisti della regione. La presenza in questo deposito di oggetti la cui forma rimanda ad aree geografiche lontane testimonia la vitalità delle reti commerciali a lunga distanza che collegavano allora l’Europa continentale al Mediterraneo.

Una parte del tesoro di Clans dell ‘eta’ del bronzo
Braccialetto del tesoro di Clans

INSEGNA DI CINGHIALE IN METALLO

Seconda Età del Ferro
Lastra di ferro cotto, L: 43, altezza: 21 cm

Questo cinghiale in lamiera è stato scoperto nel 1995, in una fossa dal fondo sassoso profonda circa 40 cm, in località chiamata Loïrins, nel comune di Ilonse, nelle Alpi Marittime. Nessun altro oggetto associato può essere evidenziato. È formato da tre frammenti di lamiera di ferro cotto: due conchiglie che formano metà del corpo, dal muso alle zampe posteriori, e una foglia ventrale, che costituisce la giunzione tra gli altri due pezzi. Il confronto con altri oggetti della stessa tipologia permette di suggerire la funzione di un’insegna militare che doveva essere fissata su un palo di legno per consentirne il trasporto a distanza di un braccio.

La pacificazione del territorio ligure ad opera dei romani è invece rievocata attraverso una ricostruzione del Trofeo di Augusto situato a La Turbie.

Ricostruzione modello del Trofeo delle Alpi


Qui vengono approfonditi gli aspetti della vita quotidiana degli abitanti di Cemenelum a partire dagli utensili in uso nella casa romana. Vi sono presentati diversi oggetti in ceramica e stoviglie: piatti, pentole, imbuti, mortai, lampade a olio, ma anche oggetti decorativi e utensili in bronzo. Una vetrina è dedicata alla toilette e ai gioielli. Questi oggetti sono stati rinvenuti nelle terme, nelle strade e spesso durante gli scavi della rete fognaria. Strumenti musicali, chiavi, pezzi di giochi, oggetti d’artigianato e dell’agricoltura permettono di rievocare la vita quotidiana degli abitanti della città. 

Frammenti decorati di letto
Un raro esemplare di”  Pungio” il pugnale dei Legionari.
Decorazioni in bronzo particolare

Museo archeologico di Nizza

Gli edifici: tecniche e decorazione 

Un belvedere offre un bel panorama sul sito archeologico. Un plastico disposto al centro presenta un’ipotesi di ricostruzione dei tre complessi termali. Un altro plastico mostra il sistema di riscaldamento che permetteva la circolazione dell’aria calda nelle terme: l’ipocausto. Accanto ai plastici sono esposti materiali da costruzione come la tegola romana e alcuni elementi decorativi: marmo, frammenti di vetro, intonaco dipinto e mosaico, ma anche statue, capitelli in stile corinzio e tubi di piombo.

La statua di Antonia Minore 

Statua in marmo di Antonia minore

La statua in marmo di Antonia fu scoperta nel frigidarium delle terme nord nel 1957. Antonia Minore era la consorte di Druso e madre dell’imperatore Claudio che concesse il diritto latino agli abitanti di Cemenelum. La presenza di questa statua, di una dedica e della testa dell’imperatore Claudio testimoniano l’attaccamento degli abitanti della città nei confronti dell’imperatore e della sua famiglia. 

La vita amministrativa e i culti 

La vita amministrativa e politica dell’antica città è suggerita da iscrizioni latine scoperte a Cimiez. Cemenelum, che fu elevata al rango di capoluogo di prefettura, poi di provincia, usufruì della presenza di un prefetto e di un procuratore.  Alcune iscrizioni ci informano anche sulle truppe ausiliarie d’istanza a Cemenelum. Anche il rapporto che gli abitanti della città avevano con la religione ci è giusto attraverso le iscrizioni. Su altari e targhe sono citate divinità del pantheon romano (Giove, Mercurio), ma troviamo anche omaggi a divinità locali. 
Il fauno di Cemenelum è ispirato al celebre fauno di Pompei. Questa statuetta in bronzo a cera persa, di stile ellenistico, risale all’epoca di Augusto. Il fauno fu scoperto nel 1904, a circa 50 m dall’avenue du Monastère.

Il commercio marittimo 

I relitti antichi scoperti nella regione forniscono poi preziose informazioni sui carichi trasportati e le imbarcazioni utilizzate nelle diverse epoche. Lo spazio dedicato al commercio marittimo è principalmente incentrato sulla presentazione degli arredi del relitto della Fourmigue, scoperto nel 1980, al largo di Golfe-Juan. Vi sono proposti anche elementi delle navi, ceppi d’ancora e anelli d’ormeggio ma anche la ricostituzione di una nave romana.

GALLERIA IMMAGINI :

NOTIZIE :

https://www.montecarlonews.it/2022/11/22/notizie/argomenti/altre-notizie-1/articolo/nizza-un-grande-progetto-ridisegnera-il-sito-archeologico-di-cimiez.html

CURIOSITÀ

BRIC SAN VITER : LA RISCOPERTA DI UN INSEDIAMENTO DEI TAURINI .

BRIC SAN VITER si trova , in cima a un’altura presso Pecetto Torinese. Questo luogo completamente ricoperto da una volta vegetazione, è stato riscoperto nel 1991 grazie alle esplorazioni dei volontari del Gruppo Archeologico Torinese (GAT).
La locale tradizione storiografica basata su voci popolari avevano erroneamente identificato il sito della antica chiesa dedicata a San Vittore, citata dalle fonti, con la sommità del Bric omonimo (in dialetto: Bric San Vitèr). Le ricognizioni del GAT hanno invece evidenziato  immediatamente che i ruderi presenti sulla sommità non potevano essere riferiti con la chiesa di S. Vittore ma piuttosto ad una costruzione fortificata medievale della quale non sono giunte  notizie documentarie.Solo nelle vicinanze invece sono state individuate le mura di una struttura absidata che è riconducibile alla chiesa citata.

L’indagine del sito ha interessato il castrum che occupa la parte sommitale del bric, fortificata da una cortina muraria continua che ne segue il profilo, disegnando un poligono di poco meno di 600 mq. L’area così delimitata è circoscritta da un fossato artificiale con andamento a spirale, che sale verso la porta d’ingresso. La struttura  fortificata comprende anche due torri, una delle quali, la cosiddetta “torre grande”, sembra essere la struttura più antica del sito, mentre l’altra, la “torre piccola”, viene ritenuta  direbbe un rinforzo difensivo della area strategicamente più delicata.

L’area del Bric San Vito fu sicuramente abitata e frequentata almeno fin dalla seconda età del Ferro, quando qui esisteva un piccolo insediamento dei Taurini con funzioni di emporio. Di questo villaggio sono state trovate notevoli evidenze archeologiche.

Il materiale raccolto in superficie, nell’area sommitale e lungo le pendici fino al vallo, e nel corso delle campagne di scavo attesta diverse fasi di frequentazione a partire dalla tarda età del Ferro. La presenza di materiali ceramici d’uso comune e nobiliari, tra i quali alcune pedine del gioco degli scacchi, confermano l’occupazione dell’area almeno fino al XIV secolo. Nel corso delle ricerche di superficie sono state rettificate le pareti di uno scavo circolare (forse un intervento clandestino, forse il risultato della rimozione di una postazione contraerea), profondo quasi due metri, che ha permesso di osservare in anteprima la situazione stratigrafica del terreno: negli strati sovrapposti, visibili in sezione, si potevano infatti distinguere livelli preistorici, romani e medievali. ( fonte Comune di Pecetto)

LINK : http://archeocarta.org/pecetto-torinese-to-bric-san-vito/

IL SITO PROTOSTORICO

Gli scavi hanno individuato i resti di un villaggio del IV-III secolo a.C., riferibile alla popolazione  celto-ligure dei Taurini, il cui capoluogo, mai localizzato con precisione, doveva trovarsi nell’area della città di Torino. Gli storici latini, come ad esempio Polibio, narrano che nel 218 a.C., durante la seconda guerra punica, Annibale, dopo tre giorni di assedio, distrusse la città dei Taurini e ne annientò la popolazione. Anche l’insediamento del Bric San Vito, con la fine del III secolo a.C., venne improvvisamente abbandonato.
La posizione del sito e i reperti venuti in luce, in particolare la ceramica, indicano come la funzione del villaggio fosse duplice: quella di controllo del Po, che costituiva il confine fra il territorio dei Taurini, a nord, e dei Liguri, a sud, e quella di testa di ponte commerciale dei Taurini verso gli abitati liguri, primo fra tutti Carreum, l’odierna Chieri.

Capanna Taurina A  con buche dei pali e resti di focolare.

Pannelli sotto fonte :Gat ( gruppo archeologico Torinese)

APPROFONDIMENTI:

https://www.academia.edu/resource/work/3178307

https://www.academia.edu/resource/work/1763856

VIAGGIO NEL TEMPO: DAI CELTI LIGURI AI ROMANI NEL MUSEO ARCHEOLOGICO DI VERCELLI

Fonte: comune.vercelli.it

Il MAC, Museo Archeologico della Città di Vercelli è sito presso l ex-monastero di S. Chiara ed è intitolato ad un illustre studioso ottocentesco il padre barnabita Luigi Bruzza . Il museo espone oltre seicento reperti provenienti da indagini archeologiche condotte in città negli ultimi decenni . L ‘esposizione è resa più interattiva con infografiche e supporti multimediali.

La mostra dei reperti comincia dalle fonti archeologiche relative all’occupazione preromana del territorio, abitato dai Libui, una popolazione scaturita dalla fusione fra i Ligures autoctoni e Celti giunti d’oltralpe nella seconda metà del I millennio a.C. Si passa successivamente ad illustrare le trasformazioni avvenute nella città e nel territorio, con l’ingresso nell’orbita romana, a partire dal II secolo a.C.: nella cultura materiale, sul piano urbanistico e nelle abitazioni private, nei rituali funebri e religiosi e infine nell’economia di piccola e grande scala, fino alle soglie dei profondi cambiamenti intercorsi in Tarda romanità.

Manufatti spesso integri, inseriti nel loro contesto di ritrovamento originale permettono emozionanti flashback di una città che ha molto da raccontare.

Continua è anche la collaborazione con il museo Leone di Vercelli .

Ceramica comune dei Libui

I visitatori sono accolti, all’inizio del percorso di visita, dall’ologramma dell’Apollo, una riproduzione digitale animata della statua rinvenuta a Vercelli nel Cinquecento, pensata per introdurre i visitatori ospiti (grandi e piccoli) all’esposizione. Potrete ascoltare dalla viva voce di Acisio perché decise di commissionare nella sua città – Vercellae – un’epigrafe bilingue in latino e leponzio( celtico con caratteri nord etruschi). Scoprirete quale vino si beveva e quale olio si utilizzavano in cucina a Vercelli in epoca romana.

Ricostruzione di soffitto affrescato epoca romana
  • Indirizzo

Complesso di Santa Chiara
Corso Libertà 300, Vercelli
Tel.: 0161-649306

  • Orari di apertura al pubblico

– Da martedì a venerdì: 15.00-17.30
– Sabato e domenica: 10.00-12.00 e 15.00-18.00
– Lunedì chiusura

Ceramica Romana

VIDEO:

TRE MUSEI IN UNO:

https://www.finestresullarte.info/opere-e-artisti/museo-leone-di-vercelli-tre-musei-di-epoche-diverse-in-uno

CATALOGO ” DEL MUSEO :
 

BIBLIOTECA ARCHEOLOGICA tantissimi testi e libri in formato PDF sulla archeologia di Vercelli e del suo territorio . Imperdibile! Qui sotto il link:

http://www.archeovercelli.it/

http://www.archeovercelli.it/download.htm

LE SCOPERTE ARCHEOLOGICHE NELLA TOPOGRAFIA DELLA CITTA’:

http://www.archeovercelli.it/vercelliarcheologia.htm

DAI CELTO-LIGURI ALLA TARDA ROMANITÀ LUNGO IL PASSO DELLA CISA.

Nel 2011, la scoperta di una minuscola tessera da mosaico ha rivoluzionato la storia della regione parmense di epoca romana: si tratta dell’identificazione di un antico passaggio sulla via romana da Parma a Luni (sul mar Ligure) nella località Sella del Valoria (m 1224 slm).

Un rilevante ritrovamento archeologico che, in parte, altera le ipotesi storiche che fino a quel momento consideravano il passo della Cisa come l’unico attraversamento appenninico tra la regione parmense e la Lunigiana.

In seguito a tre campagne di scavi autorizzate dal ministero, sostenute dalla Fondazione Cariparma e dirette dall’archeologo Angelo Ghiretti, sono emerse direttamente sulla sella di valico del Valoria (2 km più ad est della Cisa) altre 17 tessere di mosaico, probabilmente smarrite da un carico in transito.

Ma le indagini hanno rivelato anche altro: un’area sacra con offerte votive che si estendono cronologicamente dalla tarda Età del Ferro al Tardoantico, in cui l’epoca romana è chiaramente la più rappresentata, con centinaia di offerte monetarie pro itu et reditu, miranti a garantirsi la protezione del dio durante l’andata e il ritorno del viaggio.

Numerosi sono anche i reperti militari, tra cui punte di giavellotto, borchie di calzari militari, frecce d’arco dell’età tardo-repubblicana, testimonianze del passaggio di armati, talvolta usate come doni votivi alla divinità a cui, in cima al valico, era dedicato un piccolo santuario, aedicula, eretto negli anni della romanizzazione del territorio tra il 190 e l’180 a.C.

Proprio attorno ad esso, segno della consacrazione romana del valico, furono scavate nel corso dei secoli centinaia di piccole fosse votive contenenti un’offerta al dio, di solito una moneta.

Dall’analisi delle 316 monete d’epoca romana rinvenute, è possibile risalire ai periodi, più o meno intensi, di utilizzo del percorso: si è così constatato, basandosi su circa 200 di esse, che ingenti flussi commerciali dovevano attraversare nei decenni successivi alla fondazione di Parma (183 a.C.); le restanti appartengono al periodo Tardoromano (IV-V secolo), mentre mancano monete per i secoli del periodo imperiale. Questo fatto potrebbe spiegarsi con lo spostamento della strada dal Valoria alla Cisa tra il I e il III secolo d.C., forse a causa di una frana sul versante lunigianese; la realizzazione di questa nuova via, come suggeriscono le interpretazioni dei reperti, avvenne sotto l’autorità di Augusto imperatore, patrono probabilmente sia di Parma che di Luni.

Dopo il III secolo, la crisi economica-militare portò all’abbandono del nuovo percorso e al ritorno alla cresta del Valoria, priva di infrastrutture e quindi sempre funzionale, come dimostrano le ultime offerte monetarie, attribuibili ai secoli IV e V.

La frequentazione del valico si interruppe con l’invasione longobarda (anno 568), che potrebbe essersi verificata almeno in parte attraverso il Valoria, come indicano alcuni reperti datati appunto alla seconda metà del VI secolo. Con la fondazione dell’abbazia bercetese ad opera del re longobardo Liutprando (anno 712), la strada della Cisa riprese il suo percorso dotandolo di xenodochi (S. Benedetto di Montelungo), e il Valoria perse così il suo ruolo, limitandosi a una funzione puramente locale.

CATALOGO:

https://www.academia.edu/resource/work/40544902

Cisa Romana – Fondazione Cariparma https://www.fondazionecrp.it/wp-content/uploads/2018/11/Alla-scoperta-della-Cisa-Romana-Catalogo-mostra1.pdf

Il valico della Cisa in età romana: la Sella del Valoria (Comuni di … https://www.fastionline.org/docs/FOLDER-it-2013-288.pdf

https://www.fondazionecrp.it/evento/alla-scoperta-della-cisa-romana-la-sella-del-valoria/

ROQUEPERTUSE UN SANTUARIO CELTO-LIGURE IN PROVENZA

Il sito archeologico di Roquepertuse

Il santuario di Roquepertuse, risalente all’età del ferro, si erge maestoso vicino al villaggio di Velaux, Bouches-du-Rhône, in una delle regioni più suggestive del sud della Francia. La regione era abitata dai Salyens( Salluvii) un popolo o una confederazione “ligure” che aveva subito nel corso del tempo un apporto sempre più marcato dell’ elemento celtico . Sull’ argomento è aperta fin dalla antichità una ” questione” a cui vi rimando nella parte finale del post . Ma torniamo al santuario . Le emergenze architettoniche dei resti, sono ancora oggi chiaramente visibili, grazie anche ai numerosi scavi archeologici successivi. Il santuario si presentava anticamente con una serie di terrazze murate costruite armoniosamente lungo il versante sud-orientale dell’ altopiano che domina la valle del fiume Arc (Armit 2012).

Le scogliere calcaree dal colore bianco che circondano l’altopiano conferivano a questo luogo un fascino , una impressione sacrale ed un’importanza unica, sebbene il santuario stesso fosse comunque anche abilmente nascosto dalla valle.

Le prime indagini archeologiche, condotte da Henri de Gérin-Ricard nel 1919-27, portano alla luce diversi frammenti scultorei come conseguenza di arature e lavoro agricoli (Gérin-Ricard 1927, 1929). Tuttavia, solo un successivo approfondito programma di scavi scientifici guidati da Philippe Boissinot ,degli anni ’90 ha permesso di comprendere pienamente la sequenza archeologica del luogo (Boissinot 2004; Lescure 2004).

Il Primo Santuario

Gli oggetti più antichi a Roquepertuse includono circa 30 piccole stele in pietra, risalenti all’età del bronzo o alla prima parte dell’età del ferro, suggerendo una lunga storia di attività rituali (Lescure 2004, 46).

Il primo santuario ospitava sculture di guerrieri seduti a grandezza quasi naturale, indossanti armature tipiche del V secolo a.C. Queste figure, anche se marziali nella loro natura, emanavano un senso di pace e calma (Benoît 1955, 42).

Le strutture datate con sicurezza risalgono al V secolo a.C., ma la natura e la disposizione del primo santuario rimangono enigmatiche, svanendo nel IV secolo a.C. (Boissinot 2003, 238).

Il Santuario Monumentale

Intorno al 300 a.C., il santuario subì una radicale trasformazione con la costruzione di un consistente bastione difensivo e un monumentale portico in pietra ” impreziosito” (se così si può dire) con teste umane mozzate scolpite nelle nicchie. Le teste umane, esposte anche in altri santuari dell’età del ferro, sono oggetto di varie teorie, ma la loro presenza rimane avvolta nel mistero (Armit 2012).

Il portico, affiancato da statue di guerrieri e una scultura tridimensionale di un rapace, formava un luogo rituale di eccezionale impatto emotivo entro le mura difensive. Iconografie di cavalli, serpenti e corvi, oltre a una figura umana associata a un simbolo solare, adornavano infine la struttura (Coignard e Coignard 1991, 31).

Iconoclastia

Dopo alcune generazioni, il santuario fu sottoposto a un’ulteriore trasformazione. Sono evidenti segni di distruzione iconoclasta , le statue sono deliberatamente distrutte in più frammenti ed anche il portico monumentale viene demolito . In epoca moderna le statue di guerrieri, anche se in frammenti sono però state ricostruite , rimontate ed esposte .

Il sito che era progressivamente cresci forse utilizzato anche per scopi secolari, vide un progressivo aumento dell’area edificata ma alla fine fu abbandonato intorno al 200 a.C. dopo una violenta distruzione.

Questo disegno mostra i motivi geometrici e animali che ornavano uno dei pilastri che formavano il portico. Il pilastro è “aperto” per mostrare la decorazione di entrambi i lati e della parte anteriore. Gli ovali ombreggiati sono le nicchie, che originariamente contenevano teste umane.
Ricostruzione della possibile posizione dei capitelli

Il santuario di Roquepertuse ci offre

Il santuario di Roquepertuse ci offre quindi un’affascinante finestra sull’età del ferro, con la sua evoluzione attraverso fasi di rituali enigmatici, trasformazioni architettoniche e, alla fine, la sua misteriosa scomparsa. ( Fonte https://www.godscollections.org/case-studies/the-roquepertuse-sanctuary)

BIBLIOGRAFIA:

Schwaller. 1992. Espaces public, espaces religieux protohistoriques en Gaule méridionale. Documents d’Archéologie Méridionale 15: 181-248.

Arcelin, P. & A. Rapin. 2003. L’iconographie anthropomorphe de l’Age du Fer en Gaule Méditeranée, pp. 183-220 in O. Büchsenschütz, A. Bulard, M.-B. Chardenoux, & N. Ginoux (eds.) Decors, Images et Signes de l’Age du Fer Européen. XXVI Colloque de l’Association Française pour l’Etude de l’Age du Fer, Paris et Saint-Denis, 2002. Tours FERACF.

Armit, I. 2012. Headhunting and the Body in Iron Age Europe. Cambridge: Cambridge University Press.

Benoît, F. 1955. L’Art Primitif Méditerranéen de la Vallée du Rhône. Gap: Ophrys.

Boissinot, P. 2003. Notice 7 : Velaux (Bouches-du-Rhône), pp. 238-41 in Arcelin, P, & Brunaux, J.-L. (eds.) Cultes et sanctuaires en France à l’âge du Fer. Gallia 60: 1-268.

Boissinot, P. 2004. Usage et circulation des éléments lapidaire de Roquepertuse. Documents Archéologie Méridionale 27: 49-62.

Boissinot, P. & Gantès, L.-F. 2000. La chronologie de Roquepertuse. Propositions préliminaires à l’issue des campagnes 1994-1999. Documents Archéologie Méridionale 27: 249-71.

Boissinot, P. & Lescure, B. 1998. Nouvelles recherches sur le ‘sanctuaire’ de Roquepertuse à Velaux (IIIe s.). Premier résultats. Documents Archéologie Méridionale 21: 84–9.

Coignard, R. & Coignard, O. 1991. L’assemble lapidaire de Roquepertuse : nouvelle approche. Documents Archéologie Méridionale 14: 27-42.

Gantès, L. F. 1990. Roquepertuse : le site protohistorique, pp. 162-4 in Musées de Marseille Voyage en Massalie : 100 Ans d’Archéologie en Gaule du Sud. Marseille: Edisud.

Gérin-Ricard, H. de 1927. Le Sanctuaire Préromain de Roquepertuse à Velaux (Bouches-du-Rhône). Son Trophée – Ses Peintures – Ses Sculptures. Étude sur l’Art Gaulois avant le Temps Classiques. Marseille: Société de Statistique, d’Histoire, et d’Archéologie de Marseille et de Provence.

Gérin-Ricard, H. de 1927. Le Sanctuaire Préromain de Roquepertuse à Velaux (Bouches-du-Rhône). Son Trophée – Ses Peintures – Ses Sculptures. Étude sur l’Art Gaulois avant le Temps Classiques. Marseille: Société de Statistique, d’Histoire, et d’Archéologie de Marseille et de Provence.

Gérin-Ricard, H. de 1929. Le Sanctuaire Préromain de Roquepertuse (fouilles de 1927) : Étude sur l’Art Gaulois avant le Temps Classiques (Supplément). Marseille: Provincia. 

Lescure, B. 1990. Roquepertuse : collection archeologique, pp. 165-71 in Musées de Marseille Voyage en Massalie : 100 Ans d’Archéologie en Gaule du Sud. Marseille: Edisud.

Lescure, B. 2004. La statuaire de Roquepertuse et ses nouveaux indices d’interprétation àl’issue des fouilles récentes. Documents Archéologie Méridionale 27: 49-62.

Rapin, A. 2003. De Roquepertuse à Entremont, la grande sculpture du Midi de la Gaule. Madrider Mittielungen 44: 223-46.

LINKS:

https://journals.openedition.org/dam/2726

https://journals.openedition.org/dam/5753
https://dialnet.unirioja.es/descarga/articulo/240987.pdf

GUIDA / AUDIOGUIDA ALLA VISITA DELLA CITTÀ:

https://izi.travel/it/efd2-visita-della-citta-gallica-di-roquepertuse/it

ROQUEPERTUSE IN VIDEO:

https://vm.tiktok.com/ZGeJ9Naxx/

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ETNOGENESI DEI SALYENS/SALII : UN PROBLEMA ANCORA IRRISOLTO

https://it.frwiki.wiki/wiki/Salyens

https://books.openedition.org/pccj/101

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1b. I Celtoligi e i Ligini secondo gli autori “più recenti”.

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1 C. I Saliani e i Ligini al tempo di Strabone

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(Mappa base CNRS UMR 5140 – DAO P. Tollard)

FIBULE E PENDAGLI DI ISPIRAZIONE CELTICA GOLASECCHIANA NELLA LIGURIA INTERNA DELLA MEDIA ETÀ DEL FERRO.

La civiltà dei Celti di Golasecca ha influenzato profondamente la cultura dei Liguri della pianura nella media età del Ferro . L ‘apporto culturale è reso ancora più evidente da una serie di oggetti personali maschili e femminili di evidente provenienza Golasecchiana nel periodo della media età del Ferro . Lo studio che qui riassumiamo e di cui è a fondo pagina disponibile il link su academia.com, concentra l’attenzione principalmente sul Piemonte. Tra tutti i reperti, le fibule rappresentano la categoria più numerosa. Esistono diverse tipologie di fibule, alcune tipiche dell’abbigliamento maschile, come le fibule ad arco serpeggiante in ferro e bronzo o quelle a drago, mentre altre sono più legate all’abbigliamento femminile, come le fibule a sanguisuga con anima in cotto o a navicella. Queste fibule mostrano somiglianze con la cultura di Golasecca, un’area geografica circostante.

Il periodo compreso tra il 600 e il 475 a.C. sembra caratterizzato da una maggiore aderenza alle tipologie golasecchiane delle fibule di ambito maschile, anche se in numero inferiore rispetto a quelle di ambito femminile, che sono più numerose e variegate. Tuttavia, alcuni particolari riscontrati nei reperti piemontesi suggeriscono che potrebbero esserci state rielaborazioni locali delle tipologie di riferimento dell’epoca. Questo periodo coincide con una crescita delle comunità locali grazie all’espansione commerciale etrusca in Italia settentrionale.

Inoltre, si notano reperti di pendagli e altri oggetti legati all’abbigliamento e all’uso personale. Questi oggetti, a eccezione di quelli legati alla cura della persona, sembrano mostrare affinità con i prototipi golasecchiani. La prevalenza di oggetti in bronzo e ferro suggerisce l’influenza dell’area insubre, anche se le varianti locali indicano che potrebbero essersi svolte attività metallurgiche nella regione.

Il testo menziona anche la mobilità di individui, soprattutto femminili, che potrebbero aver giocato un ruolo nella diffusione di queste influenze culturali. Questo fenomeno potrebbe essere stato legato a strategie matrimoniali e alleanze promosse dalla cultura di Golasecca nell’ambito di accordi commerciali. Nel complesso, il testo fornisce un quadro affascinante della storia archeologica del Piemonte nella Media Età del Ferro e delle influenze culturali in gioco.

STUDIO COMPLETO:

https://www.academia.edu/resource/work/8222758

https://www.academia.edu/resource/work/8222913

GLI ANTICHI POPOLI DEL PIEMONTE.

Edizioni

DAL PALEOLITICO ALL’ETÀ DEI CELTI E DEI LIGURI

I rifugi della montagna Fenera, i villaggi antichi della Rocca di Cavour, di Chiomonte e di Alba, le pietre incise del Canavese, le incisioni rupestri del monte Bego, le abitazioni su palafitte di Viverone e Mercurago, le città dei morti e i villaggi degli antichi Liguri e Celti: sono solo alcuni esempi di un patrimonio archeologico eccezionale, che dipinge un’immagine sorprendente di un Piemonte perfettamente inserito in circuiti di scambio su scala europea. Lungo i valichi alpini e le rive dei fiumi, viaggiavano individui e merci di grande valore, come le meravigliose asce in pietra verde del Monviso e il rame proveniente dalle miniere delle Alpi. La scoperta di aree cerimoniali dell’età del Rame dimostra che anche il Piemonte ha conosciuto le prime società a struttura piramidale, quasi contemporaneamente allo sviluppo delle società proto-urbane dell’Oriente. Nell’età del Bronzo, i primi gruppi proto-celtici si sono insediati nella regione; il territorio ha restituito alcune delle più antiche iscrizioni celtiche al mondo, mentre le usanze e la società dei Liguri e dei Celti sono documentate attraverso le testimonianze degli storici greci e latini e grazie agli oggetti scoperti dall’archeologia. L’affascinante avventura della preistoria in Piemonte, dalle origini fino alla romanizzazione, ci porta alla scoperta di un patrimonio archeologico, storico e culturale unico, ma ancora poco conosciuto dal grande pubblico. Un viaggio affascinante alla ricerca delle nostre radici più antiche.

GLI ANTICHI POPOLI DEL PIEMONTE, L’INDICE:

Introduzione. La grande avventura della preistoria del Piemonte ✦ Capitolo 1 PALEOLITICO L’uomo alla conquista del Piemonte • Ursus spelaeus e la grotta della Bàsura • La Rocca di Cavour • La formazione del Tanaro e del Po • Musei e aree archeologiche del Pleistocene Medio e Superiore e del Paleolitico ✦ Capitolo 2 NEOLITICO L’età dei pionieri contadini e allevatori • La terracotta come «fossile guida» • Il Neolitico Medio • Il papavero a Castello di Annone (AT) • La navigazione: le piroghe monossili • Cultura di Chassey • Le statuette neolitiche in terracotta • La pietra verde • Musei e aree archeologiche del Neolitico • I luoghi del Mesolitico e del Neolitico ✦ Capitolo 3 ETÀ DEL RAME La nascita di una società piramidale • La produzione tessile • Musei e aree archeologiche dell’età del Rame •I luoghi dell’età del Rame ✦ Capitolo 4  ETÀ DEL BRONZO La genesi di un «mondo eroico» • La cultura dei Tumuli centroeuropea • Arte rupestre: il monte Bego • Musei e aree archeologiche dell’età del Bronzo • I luoghi dell’età del Bronzo ✦ Capitolo 5 ETÀ DEL FERRO Celti, Etruschi, Liguri e Roma • Celti o Galati • Scamozzina, Protogolasecca e Golasecca • Le iscrizioni leponzie • La cultura di Golasecca • La seconda età del Ferro • Arte celtica della seconda età del Ferro • I Taurini prima di Augusta Taurinorum • Il mondo etrusco e il suo raggio d’azione • I Liguri • Susa e il patto con Cozio • Le campagne di Ottaviano Augusto sui Salassi nelle fonti • La romanizzazione • Le miniere salasse e romane della Bessa • Musei e aree archeologiche dell’età del Ferro • I luoghi dell’età del Ferro ✦ Glossario ✦ Letture consigliate sul Piemonte preistorico.

L’AUTORE:

Sandro Caranzano si è formato presso la scuola archeologica torinese e ha svolto studi e ricerche sulla preistoria alpina e sulla civiltà romana provinciale. Autore di articoli scientifici e divulgativi e con una lunga esperienza di docenza, ha condotto ricerche in Giordania per l’Università di Torino (G. Gullini) e ha collaborato allo studio e alla pubblicazione dei siti archeologici di Chiomonte La Maddalena e di Viverone promossi dalla Soprintendenza Archeologica del Piemonte. Dal 2014 dirige con N. Ceka la missione archeologica italiana presso la cittadella ellenistica di Selca (Albania).

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TUTTA L’ARCHEOLOGIA DEL PIEMONTE MINUTO PER MINUTO:

http://archeo.piemonte.beniculturali.it/index.php/en/quaderni-della-soprintendenza-archeologica-del-piemonte

http://www.sabap-to.beniculturali.it/index.php/attivita/editoria/13-editoria/140-quaderni-5

Piemonte

LIGURIA ARCHEOLOGICA

LiguriArcheologica

( http://www.liguriarcheologica.it/) è un bellissimo sito ricco di informazioni , collegamenti , documenti e risorse divise secondo le province della Liguria . Quindi una vera e propria fotografia ” archeologica” di un territorio straordinario popolato fin dalla più remota antichità. La documentazione è ricchissima.( Mi perdonino gli autori se mi permetto di suggerire di estendere l’area di studio non solo al territorio dell’attuale Liguria ma a tutto il territorio ligure antico che comprendeva come noto una area più estesa com il Piemonte Meridionale, la Lunigiana , l Emilia appenninica e parte della Provenza.

Vi lascio alla descrizione del sito da parte dell’autore:

Il progetto “LiguriArcheologica” non vuole sostituire assolutamente guide, libri o siti web specialistici, che è possibile continuare a consultare e leggere da parte dell’appassionato di archeologia, ma dare solo un piccolo contributo, a chi ne fosse interessato, per allargare la platea di coloro che non sono ancora riusciti a conoscere ed apprezzare pienamente i molti tesori della Liguria archeologica.

Roberto Rodolfo De Lorenzi

Ecco LINK:

http://www.liguriarcheologica.it/

La distribuzione delle tribù Liguri in epoca protostorica.

I ROMANI SULLE ALPI IN EPOCA PREROMANA

MICHEL TARPIN “LA PENETRAZIONE DEI ROMANI SULLE ALPI PRIMA DI AUGUSTO”

Fin dal libro di Oberziner, più di un secolo fa,1 la conquista delle Alpi da parte di Roma
è stata oggetto di discussioni attorno alla natura dell’imperialismo romano. Nella storiografia, la conquista delle Alpi rimane maggiormente, quando non esclusivamente, opera di Augusto,2 che avrebbe avuto un piano d’insieme nel quadro di una sorta di ‘grand strategy’ di controllo dell’Europa e, per necessaria conseguenza, delle sue vie di comunicazione. La conquista delle Alpi avrebbe avuto come unico – o almeno principale – scopo l’apertura di strade tra l’Italia romanizzata e la Gallia / Germania, così come l’organizzazione dello spazio conquistato nel quadro di un sistema provinciale irrigidito dal Principe.3 Ciononostante, le sue possibili motivazioni non sono al centro di questa comunicazione. Vorrei, al contrario, sottolineare l’importanza delle Alpi prima di Augusto ed approfittare dell’evoluzione recente dell’archeologia per capire il rapporto dei Romani della Repubblica con la catena alpina e i suoi abitanti. Come ben rilevato da S. Martin Kilcher, la nostra visione della ‘romanizzazione’ delle Alpi dipende in modo eccessivo dalla letteratura e dalla propaganda augustea.4 Si sa da tempo che il commercio transalpino era già molto attivo nella prima età del ferro, come dimostrano diverse e a volte spettacolari scoperte, come i grandi vasi di bronzo di Vix o Grächwill, ma anche i graffiti di Montmorot.5 Lo sviluppo delle ricerche sulle «agglomérations ouvertes» della seconda età del ferro ha confermato il vigore del traffico commerciale tra l’Europa del Nord e l’Italia.6 Il ritiro dei ghiacciai e l’archeologia recente hanno messo in luce il ruolo di passi finora giudicati minori.7 Inoltre, i Romani sapevano perfettamente che diversi popoli avevano attraversato le Alpi in massa. Rimane inoltre possibile che diverse città latine abbiano fatto riscorso a mercenari Galli durante il IV sec. a.C.8 Attraverso scambi e migrazioni i Romani avevano probabilmente appreso almeno qualche elemento di geografia e di economia alpina. L’evoluzione rapida dell’archeologia alpina ci permette di riconsiderare

le fonti scritte utilizzate da Oberziner in un senso differente da quello che avevo seguito anch’io anni fa.9 Insomma, se rimane chiara l’esistenza di un discorso letterario convenzionale e ostile alle Alpi,10
è ora possibile esaminare le fonti scritte con un approccio più storico che
letterario, integrando la recente interpretazione politica delle banalità sull’insuperabilità della catena alpina.11 Le fonti geografiche, a guardarle bene, ci trasmettono una visione particolare delle Alpi, piuttosto differente dalla vulgata augustea, anche quando gli autori ripetono questa propaganda. È particolarmente il caso di Strabone, che sembra accettare i discorsi del casus belli augusteo, ma ricorre a fonti repubblicane di buona qualità. Logicamente le Alpi sono descritte alla fine del libro IV (Gallia), prima del libro V (Italia). A seconda delle fonti utilizzate, il geografo riesce a unire l’osservazione critica, abbastanza precisa di Posidonio, e l’ideologia augustea.12
Le
Alpi hanno uno spessore soprattuto etnologico, arricchito a volte di dettagli economici, ma un’ampiezza fisica precisa soltanto a proposito della strada attraverso il territorio dei Voconzii e il regno di Cozio, ossia esattamente 200 stadi.13
Però il geografo ricorda anche, seguendo Polibio, che ci volevano almeno cinque giorni per arrivare in cima (= ai passi).14 Non tralascia
di indicare le città di fondazione indigena, tutte πόλεις, o le strade più importanti. Ma l’elemento più significativo rimane il fatto che, dopo aver detto che la catena alpina era il limite tra Gallia e Italia, Strabone dà una vera consistenza alle Alpi, perché descrivendo la catena da ovest a est, va dal versante gallico al versante italico, per concludere sui popoli stanziati sulle cime, dando corpo al discorso di Polibio sull’identità etnico-linguistica dei due versanti.15 Passa poi ai popoli che si trovano ‘sopra’ Como. Però, questa volta, non ci sono due versanti, ma uno solo, quello dell’Italia. Inoltre parla delle strade alpine soprattuto a proposito di Como e dei popoli che inquadrano la città.16
Como, per lui, è un punto di rottura nella descrizione
della catena. Strabone, scrivendo al tempo di Tiberio e conoscendo l’importanza delle guerre augustee, ignora pure l’elenco dei popoli e sotto-popoli del trofeo della Turbie, o perché non lo conoscesse o perché ne diffidasse. Da Mela non ci si deve aspettare nulla. Non dice niente se non che le Alpi sono il limite di
diverse regioni.17 Plinio, come al solito, descrive prima il litorale e poi l’interno delle singole
regioni augustee, ripetendo a volte gli stessi nomi (fig. 1). Non c’è un capitolo alpino specifico.18
Per la Liguria, alla quale manca Veleia, troviamo due volte i Bagienni e Statielli: sotto il
nome delle loro città e in un capitolo a parte dedicato ai popoli della Liguria meridionale (tra Marsiglia e Veleia).19 A nord, le città della regio XI, Transpadana, sono tutte associate a un nome di popolo secondo un raggruppamento etnico, come si vede bene dal fatto che Bergamo, ad est dell’Adda, è associata a Comum e Forum Licinii, le altre città degli Oromobii. La fonte di questo discorso etnico potrebbe essere Catone, citato appunto a proposito degli Oromobii (III, 17, 124). Plinio

ricorre a formule anomale per i Galli come «Boii condidere, Insubres condidere» che ricordano l’interesse del censore per le origini delle città. Logicamente, anche se è assurdo, Eporedia, che non è registrata come colonia, è «a populo Romano condita», mentre la colonia di Augusta Praetoria è una città dei Salassi… L’associazione tra popoli indigeni e città – sempre con un riferimento a Catone – si presenta in modo differente per la Venezia. L’elenco delle città costiere segue l’uso normale, senza indicazioni di tipo etnico. Per l’interno, invece, Plinio ritorna alla procedura della Transpadana, raggruppando le città per popoli, ma senza mai ricorrere a condere.20
Fa la distinzione tra colonie di fondazione romana (Cremona, Aquileia, Iulia Concordia,21 Tergeste e Pola), senza
indicazione, e città come Brixia e Ateste, legate a popoli indigeni. Questa differenza è interessante perché potrebbe testimoniare l’esistenza di un elenco urbano-etnico, redatto prima della formazione delle colonie di Brixia e Ateste, e che Plinio avrebbe incrociato con la lista augustea. Il panorama delle Alpi è ancora più sconcertante e Plinio non riesce a raggruppare la catena in un capitolo unico. Sembra ignorare l’esistenza delle province alpine. Le Alpi si dividono in due parti. Ad est, nel Noricum, dopo la conclusione sull’Italia, «diis sacra»,22
s’incontrano delle città vere, elencate in ordine quasi circolare, da Celeia a Flavia Solva.23 Sono tutte delle fondazioni imperiali, soprattutto di Claudio. Il resto delle Alpi è maggiormente integrato all’Italia (III, 20, 133-138) e ci ritroviamo i Salassi, ma senza Aosta questa volta.24
Gli Octodurenses e i
Ceutroni sono stranamente di statuto latino, perché Plinio sembra ignorare i due fora creati da Claudio nelle loro valli. In un altro capitolo, dedicato alla Narbonensis, Plinio, dopo la lista delle regiones, elenca diversi nomi di popoli alpini al nominativo, come se fosse passato da una lista ufficiale dell’amministrazione romana ad una fonte di tipo etnologico, il che potrebbe corrispondere a un momento in cui questi popoli non erano ancora sottomessi.25 Claudio Tolomeo è ovviamente più sistematico (fig. 2). La maggior parte delle città è situata sulle grandi strade, in accordo con la Tabula Peutingeriana. Le città sono ordinate in province e poi in comunità etniche. Il confine dell’Italia è a volte indicato, ad esempio a Iulium Carnicum, limite tra Italia e Noricum.26
Ma, nel libro III, 1, 26-43, per l’Italia settentrionale e
l’Istria, la lista è ordinata per popoli. Come Plinio, Tolomeo ha conservato il nome Octodurus (Ἐκτόδουρον) per Forum Claudii Vallensium (II, 12, 5). La scelta etnologica può essere spiegata dal fatto che Tolomeo, come Plinio e Strabone, si serve anche di fonti invecchiate. Però hanno tutti e tre anche delle fonti ufficiali recenti. Secondo l’ipotesi del Van Berchem, il facchinaggio a pagamento riduceva le strade ai nomi dei popoli che ci vivevano.27 Questi tre autori danno poche indicazioni sul limite delle Alpi e sui confini. Plinio, in
particolare, integrava i Salassi, gli Oromobii, una parte dei Reti e i Tarvisani nella descrizione dell’Italia. Tolomeo integra nel capitolo III, 1, corrispondente all’Italia, la parte ligure delle Alpi meridionali, da Nizza a Genova, e poi le città delle Alpi Marittime, delle Alpi Cozie (sola Ocelum) e delle Alpes Graiae….

Cisalpina ed Alpi secondo Plinio

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https://www.academia.edu/resource/work/41551057