LA MISTERIOSA REGINA DEI PICENI DI NUMANA .

Ricostruzione della regina al momento della sepoltura coperta da un mantello e attorniata dal ricco corredo.

Una scoperta sensazionale su un personaggio sicuramente straordinario , una donna Picena speciale . Possiamo solo immaginarcela come una regina o  forse una gran sacerdotessa vissuta nel VI secolo a.C. e di cui non sappiamo nulla dalle fonti storiche. L’alone di fascino della sua discoperta rimane comunque immutato a distanza di 30 anni.

La defunta, vissuta in epoca Picena  fu sepolta con un’esibizione estrema di sfarzo all’interno di un circolo funerario.  La tomba è costituita da  tre fosse . Al di sotto di due carri, giaceva in una  prima fossa  il corpo della donna ricoperto da centinaia di oggetti di ornamento;  in una seconda fossa accanto ,  era disposta come un vero e proprio spazio domestico un corredo di  oltre duecento oggetti , per lo più in ceramica e in bronzo. Infine in una terza fossa,  si trovavano i resti di due cavalli.

Nel giugno 2018 è cominciato il progetto di studio “La Tomba della Regina di Sirolo-Numana – Lo straordinario complesso funerario di una donna picena del tardo VI secolo a.C. come contesto-chiave per lo studio della Protostoria europea”. Il progetto durato  tre anni e è stato condotto dal Römisch-Germanisches Zentralmuseum di Mainz (RGZM) in collaborazione con il Polo Museale e la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche. Grazie al finanziamento della Deutsche Forschungsgemeinschaft (DFG; progetto DFG EG 64/11-1) e del Polo Museale delle Marche.

Nel bellissimo  video qui di seguito in lingua tedesca ma con sottotitoli in italiano tutte le meraviglie di questa regina . In parallelo con lei anche la storia della regina di Vix .

PROVENZA ED ALPI DEL SUD CELTO-LIGURI

Da

https://www.culture.gouv.fr/regions/Drac-Provence-Alpes-Cote-d-Azur/Ressources/Archeologie/Provence-et-Alpes-du-Sud-a-l-epoque-Protohistorique-Actualites-de-la-recherche-et-des-pillages-2000-2021

Le scoperte e le ricerche nel campo della protostoria in Provenza e nel sud delle Alpi sono numerose e fruttuose. Questo lavoro si propone di fornire una panoramica di queste scoperte nel periodo 2000-2021. Il 46° convegno (26-28 maggio 2022) dell’Associazione francese per lo studio dell’età del ferro è un’occasione per scoprire questo contributo.
Questa valutazione di 20 anni di ricerca è completata da una relazione sui saccheggi di siti protostorici avvenuti nello stesso periodo.

Puoi scaricare questo libro ( testo in francese)

SOMMARIO DEL LIBRO

Prefazione di Vincent Guichard, Direttore Generale di Bibracte EPCC 7
Prefazione 11


I. HABITAT E TERRITORI 25
Una conoscenza ancora eterogenea dei territori 25
Principali contributi dell’archeologia preventiva 32
Habitat di un possibile insediamento greco 37
Conoscenza approfondita di tre siti della Bassa Provenza 38
Dati sull’ambiente e sul clima 47
La scoperta di varie strutture 49

Oppidum di Castellan


II.RITI FUNERARI E CREDENZE RELIGIOSE 51
Tombe isolate 51
Collezioni e studi di laboratorio 53
Nuovi dati sulle pratiche rituali 55
Un santuario in alta montagna 57
Fatti singolari e collettivi portati alla luce dall’archeologia
preventivo 60

Ricostruzione del santuario di Roubion ( Alpi Marittime)


III. LUOGHI DI GUERRA E BATTAGLIA 65
Un monumento importante: il mausoleo di Glanum 67
Un luogo di battaglia identificato dall’archeologia 67

Mausoleo di Glanum


IV. RICERCHE E PROSPEZIONI CLANDESTINE:
IL SACCHETTO DEGLI “ARCHIVI DEL SUOLO” E IL COMMERCIO ILLEGALE 71
Conclusione 87
Bibliografia

OBOLI e MASSALIOTE scoperte  clandestinamente con metal detector

QUATTRO BLOCCHI DI MARMO DI COMO: UNA STORIA AFFASCINANTE.

  Fortuna volle che qualcuno riutilizzasse degli antichi blocchi di pietra  nel Medioevo e così   quattro blocchi in marmo di Musso del II sec. D.C.  riutilizzati come materiale da costruzione in una torre tardo-antica all’angolo tra viale Varese e via Cinque Giornate sono giunte fino a noi. Sono basi di colonne, decorate sulle quattro facce con motivi a bassorilievo inquadrati da lesene angolari con capitelli corinzi. I sedici rilievi raffigurano coppie di divinità, episodi mitologici, atleti e poeti. Ogni soggetto rappresentato si lega concettualmente a quello posto di fianco o di fronte.

Tra i miti riprodotti, compare ad esempio quello di Perseo e Andromeda, dove Perseo impugna con una mano la spada uncinata e con l’altra la testa di Medusa.

Di altro genere sono le facce contrapposte che raffigurano due pugili vincitori rispettivamente delle Olimpiadi (simboleggiate da un’anfora con il ramo di palma sacro a Zeus) e delle Pitiche (giochi che si svolgevano a Delfi, sacri ad Apollo come dimostrano gli oggetti simbolo del dio, ossia il tripode e l’alloro).

Affascinante, ma non condivido dai più recenti studi è che questi rilievi facessero parte della biblioteca donata a Como da Plinio il vecchio. Infatti  sulle  basi di queste  colonne vi sono  due scene affiancate sulle facce esterne: è raffigurato da un lato un giovane poeta imberbe che si accinge a scrivere il suo testo, aiutato dalla Musa che gli suggerisce alle spalle; sul blocco accanto lo stesso poeta, ormai adulto, con la barba che ne nasconde il mento, fa omaggio della sua opera alla Musa.

Le scene figurate dei pannelli sono  però tutti tipici  di molti schemi compositivi di fine II-III secolo d.C e diverrà frequentissimo alla fine del III secolo per scandire lo spazio (in particolare nei lati brevi) nei cosiddetti sarcofagi architettonici norditalici.
. Particolarmente interessante è
la presenza nei pannelli comensi del “capitello corinzieggiante” a foglie sovrapposte, che sarà poi anch’esso utilizzato dagli scultori dei sarcofagi architettonici a tabernacolo di scuola ravennate prodotti nella seconda metà del IV secolo. L’uso precoce di un sistema architettonico con funzione di cornice, che avrà poi così grande fortuna in ambito norditalico.
graie tardoclassiche ed ellenistiche, tutte presenti nei repertori di scultori, decoratori, incisori di età imperiale romana. Questo patrimonio di immagini spessissimo riprodotte non solo in opere artistiche ma anche su modesti monumenti funerari e su oggetti d’uso, diviene popolare specialmente in ambienti di cultura media ed in ambito provinciale. Il fenomeno ha la sua massima diffusione dall’età traianea in avanti. Esso si affermerà poi in età tardoantica caricandosi spesso di nuovi significati filosofici o sociali del tutto distaccati dal primitivo contenuto mitologico. Questa nuova lettura del patrimonio è uno degli aspetti più interessanti delle basi di Como.

I temi mitologici.

Interpretare i rilievi comensi con figurazioni mitologiche non presenta particolari problemi : le scene non sono mai narrate  ma riassunte in due personaggi riconoscibili dai loro attributi sufficienti all’osservatore per ricordare il mito . Le rappresentazioni comensi ricalcano indubbiamente le iconograie più note del periodo pur con aggiunte elementi originali  anche restringendo al massimo la scena. L’atelier degli scultori comensi (certamente più di uno) partiva da cartoni o modelli di buona qualità, li semplicava e vi aggiungeva anche  alcuni elementi inediti. Questi sono per lo più riferibili a quel particolare gusto norditalico  e provinciale caratterizzato dall’uso di un rilievo secco e poco rilevato e, d’altra parte, da una straordinaria attenzione realistica ai particolari.

Approfondimenti:

https://www.academia.edu/resource/work/36207592

https://www.academia.edu/resource/work/9621190

https://www.researchgate.net/publication/294582042_Le_Basi_figurate_di_Via_Cinque_Giornate_a_Como_Analisi_di_un_monumento_romano

PER LA RESTITUZIONE A FANO DELL’ATLETA DI LISIPPO.

Pochi sono gli originali greci in bronzo a noi pervenuti e ancor meno quelli riconducibili ai maestri dell’antichità. L’Atleta di Fano rappresenta probabilmente uno dei millecinquecento bronzi fusi da Lisippo, tale da renderci diretta testimonianza della grande arte dello scultore.

La Corte europea dei Diritti umani ha respinto il ricorso presentato dalla fondazione Paul Getty per violazione della protezione della proprietà.

L’Italia ha tutto il diritto di confiscare e chiedere la restituzione della statua greca in bronzo dell’Atleta di Fano, attribuita a Lisippo, che si trova attualmente nel museo della Villa Getty a Malibu, in California.

Lo ha stabilito all’unanimità la Corte europea dei Diritti umani, respingendo il ricorso presentato dalla fondazione Paul Getty per violazione della protezione della proprietà.

La decisione della Corte Ue di Strasburgo

 I giudici, in particolare, hanno sottolineato che la protezione del patrimonio culturale e artistico di un Paese rappresenta una priorità anche dal punto di vista giuridico. Diverse norme internazionali sanciscono inoltre il diritto di contrastare l’acquisto, l’importazione e l’esportazione illecita di beni appartenenti al patrimonio culturale di una nazione. La fondazione Getty, ha sottolineato ancora la Corte, si è comportata “in maniera negligente o non in buona fede nel comprare la statua nonostante fosse a conoscenza delle richieste avanzate dallo Stato italiano e degli sforzi intrapresi per il suo recupero”. Da qui la constatazione che la decisione dei giudici italiani di procedere alla confisca del bene conteso “è stata proporzionata all’obiettivo di garantirne la restituzione”.

Sangiuliano: “Su Atleta Fano lavoro serrato”

 Sul caso è intervenuto anche il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano: “La restituzione dell’Atleta di Fano è una questione su cui abbiamo lavorato in maniera serrata. Da quando sono ministro oltre 100 opere sono state restituite dagli Usa e altrettante dalla Gran Bretagna: inoltre ho fatto una circolare con la quale abbiamo stabilito che non si faranno più prestiti ai musei che hanno contenziosi con l’Italia”.


La storia della statua greca dell’Atleta di Fano

 Nella sua sentenza, la Corte di Strasburgo ha dunque riconosciuto la legittimità dell’azione intrapresa dalle autorità italiane per recuperare l’opera d’arte. 

Dal suo nome generico di “Lisippo” tratto dall’artista greco che l’ha scolpito, a quello di “Getty bronze”, poi meglio conosciuto come “l’atleta di Fano”, la statua del giovinetto che si incorona pescata in mare dai pescatori fanesi nel 1961 poi trafugata negli Stati Uniti, sta per ricevere una identità più precisa.

Chi è il giovinetto ritratto dallo scultore? E’ l’immagine simbolo di un atleta vittorioso? Oppure il vero e proprio ritratto di un ragazzo risultante vincitore nella corsa? Che si tratti di un atleta non vi sono dubbi: la mano destra che si avvicina al capo cinto da una corona d’ulivo è segno di vittoria, convalidato dalla posizione della mano sinistra che doveva tenere il ramo di una palma, ormai perduto.

Ma gli archeologi, impegnandosi nell’identificare nel volto del giovinetto un personaggio ben preciso, sono andati oltre. Alcuni lo hanno identificato come Demetrio Poliorcete, re di Macedonia, ma l’attribuzione che acquista maggior credito è quella fatta da Antonietta Viacava che ha riconosciuto nelle fattezze del quindicenne Seleuco Nikatore, diadoco di Alessandro Magno e sovrano di un regno che si estendeva dalla Siria all’Indo.  L’attribuzione ha ricevuto una convalida proprio da Rodolfo Battistini, noto critico d’arte fanese che l’altra sera, nel corso di un incontro organizzato dalla Fondazione Carifano alla Corte Malatestiana ha mostrato al pubblico una moneta da lui rintracciata con il profilo del re macedone che rivela una impressionante somiglianza con quello dell’atleta di Fano. 

I passaggi


Secondo Battistini la statua passò per Fano per ben due volte: la prima quando in epoca Severiana o meglio in epoca Costantiniana, molte opere d’arte furono trasferite da Roma a Costantinopoli che divenne la nuova capitale dell’impero; trasportato lungo la Flaminia il bronzo fu imbarcato a Fano o in Ancona. 

La seconda volta quando fu riportato in terra nel 1961, dopo che era stato ritrovato in mare dai pescatori fanesi, probabilmente naufragato durante il viaggio di ritorno dei Veneziani che avevano assediato Costantinopoli. Tra l’altro la data di esecuzione della statua colliderebbe con quella definita dalla analisi stilistica: Seleuco compiva 15 anni proprio nel 340 a.C e non era raro che un principe gareggiasse nello stadio per dimostrare la sua prestanza fisica. In più il particolare della bocca, leggermente arricciata che suggerisce una certa presunzione dovuta alla consapevolezza della sua regalità, lo si riscontra tanto nella statua quanto nella moneta: un tetradramma d’argento ritrovato in ottime condizioni, appartenente a una collezione privata. Tanti sono i particolari coincidenti che Battistini non esclude che chi ha inciso la moneta abbia visto la statua. In precedenza il professor Paolo Moreno che fu il primo ad attribuire la statua dell’atleta di Fano a Lisippo, aveva identificato nella stessa Agone, la personificazione dei giochi, tuttavia la tesi non è in contrasto con quella di Viacava, in quanto nell’antica Grecia, come poi a Roma, i principi e gli imperatori si facevano ritrarre con immagini allegoriche che sublimavano la loro corporeità e la assimilavano a un ideale.

Fonte( Tgcom e Corriere Adriatico)

CEMENELUM : QUANDO NIZZA ERA LA CAPITALE DELLE ALPI MARITTIME

Le colline di Cimiez presso Nizza nascondono importanti vestigia ancora poco conosciute e solo parzialmente indagate. Prima che questo luogo divenisse la Colonia Romana di CEMENELUM poi capitale della provincia Alpes Marittimae  , qui sorgeva un Oppidum dei Liguri Vediantii le cui tracce si trovano sulla sommità della collina di Cimiez. I resti più  antichi di questo insediamento  risalgono  alla prima età del ferro ovvero al VI sec. a.C . Il luogo fu più fittamente abitato durante la seconda età del ferro tra il IV e il III sec. a. C. Rimane visibile ancora oggi  presso il ” Bois sacrè” una parte del muro dell ‘oppidum.

Alpes Maritimae e regiones Cisalpine

Con la conquista romana , sorse qui CEMENELUM , la “Nizza d’altura” che si contrapponeva con la Nizza ” greca” poco vicino con il suo porto sul mare.

L’antica città romana di Cemenelum sorse quindi ai piedi dell’oppidum  dei   Vediantii (oggi colle Bellanda). Fondata alla fine del I  secolo a.C. , dopo le campagne di pacificazione delle Alpi guidate dall’imperatore Augusto  Cemenelum divenne capoluogo della provincia delle Alpes Marittimae  vedi

 https://www.romanoimpero.com/2021/09/alpes-maritimae-province-romane.html.

Cemenelum, Alpes Maritimae

La sua posizione strategica, al passaggio della Via Julia Augusta e all’imbocco delle strade verso le Alpi, gli permetteva di controllare le valli. Centro militare, la città divenne per più di un secolo la stazione permanente di almeno tre coorti (corpo di fanteria). La sua crescita è dovuta ad una politica imperiale applicata dai governatori della provincia. 

L ‘anfiteatro di Cimiez/CEMENELUM(Nizza)

La città di Cemenelum si estendeva per almeno 20 ettari. Il  sito archeologico attuale, con una superficie di 2,5 ettari, corrisponde solo a poco più  del  comprensorio termale. È composto da tre spazi ben distinti, denominati in base alla loro posizione geografica: terme settentrionali, orientali e occidentali oltre ai resti di una arena. Un’area residenziale, posta a sud, non fa parte direttamente del complesso termale.

Veduta generale del sito archeologico.
Credito: Museo Archeologico di Nizza / Cimiez.

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Il Museo Archeologico di Nizza/Cimiez propone   cliccando nelle foto qui sopra la visita virtuale online del sito archeologico di Cemenelum  permettendo una visita guidata a 360

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IL MUSEO ARCHEOLOGICO :

Una prima sezione spiega innanzitutto la storia dei due antichi insediamenti di Nikaïa e Cemenelum, La prima era una colonia greca annessa a Massalia (Marsiglia) la seconda una colonia romana. Esse sono coesistite in questa terra fino al VI secolo d.C. Nikaïa, affacciata sul mare, avrà la meglio su Cemenelum che sarà progressivamente abbandonata.

Il sito neolitico di Giribaldi 

Alcuni scavi realizzati tra il 1985 e il 1986, hanno rivelato sul sito della villa Giribaldi a 300 m a sud del sito archeologico alcuni resti del neolitico comprendenti un villaggio e fosse di estrazione d’argilla, utilizzate per la produzione di ceramiche o la costruzione dei muri delle case. I numerosi oggetti rinvenuti forniscono preziose informazioni sull’evoluzione degli stili di vita delle prime comunità contadine del V secolo avanti Cristo.

La vita quotidiana in epoca preromana e romana 

Un’altra area è dedicata alla presentazione di arredi dell’epoca protostorica. Vi troviamo oggetti risalenti all’età del bronzo e del ferro dei Celti-Liguri.

Tesoro di Clans

Bronzo tardo (1350-750 a.C. circa)
Bronzo, L: 6 cm, L: 4,9 cm, sp. : 2 cm

La regione di Nizza ha restituito diversi insiemi di oggetti in bronzo attribuibili alla tarda età del bronzo (1350-750 aC circa). Il giacimento del Clans è stato scoperto da un calzolaio, nel Vallon de Mounar, durante i lavori di sterro per aprire una strada forestale. È composto principalmente da massicci ornamenti aerodinamici con decorazioni incise. Si tratta di una produzione regionale che attesta l’altissimo grado di maestria raggiunto dai bronzisti della regione. La presenza in questo deposito di oggetti la cui forma rimanda ad aree geografiche lontane testimonia la vitalità delle reti commerciali a lunga distanza che collegavano allora l’Europa continentale al Mediterraneo.

Una parte del tesoro di Clans dell ‘eta’ del bronzo
Braccialetto del tesoro di Clans

INSEGNA DI CINGHIALE IN METALLO

Seconda Età del Ferro
Lastra di ferro cotto, L: 43, altezza: 21 cm

Questo cinghiale in lamiera è stato scoperto nel 1995, in una fossa dal fondo sassoso profonda circa 40 cm, in località chiamata Loïrins, nel comune di Ilonse, nelle Alpi Marittime. Nessun altro oggetto associato può essere evidenziato. È formato da tre frammenti di lamiera di ferro cotto: due conchiglie che formano metà del corpo, dal muso alle zampe posteriori, e una foglia ventrale, che costituisce la giunzione tra gli altri due pezzi. Il confronto con altri oggetti della stessa tipologia permette di suggerire la funzione di un’insegna militare che doveva essere fissata su un palo di legno per consentirne il trasporto a distanza di un braccio.

La pacificazione del territorio ligure ad opera dei romani è invece rievocata attraverso una ricostruzione del Trofeo di Augusto situato a La Turbie.

Ricostruzione modello del Trofeo delle Alpi


Qui vengono approfonditi gli aspetti della vita quotidiana degli abitanti di Cemenelum a partire dagli utensili in uso nella casa romana. Vi sono presentati diversi oggetti in ceramica e stoviglie: piatti, pentole, imbuti, mortai, lampade a olio, ma anche oggetti decorativi e utensili in bronzo. Una vetrina è dedicata alla toilette e ai gioielli. Questi oggetti sono stati rinvenuti nelle terme, nelle strade e spesso durante gli scavi della rete fognaria. Strumenti musicali, chiavi, pezzi di giochi, oggetti d’artigianato e dell’agricoltura permettono di rievocare la vita quotidiana degli abitanti della città. 

Frammenti decorati di letto
Un raro esemplare di”  Pungio” il pugnale dei Legionari.
Decorazioni in bronzo particolare

Museo archeologico di Nizza

Gli edifici: tecniche e decorazione 

Un belvedere offre un bel panorama sul sito archeologico. Un plastico disposto al centro presenta un’ipotesi di ricostruzione dei tre complessi termali. Un altro plastico mostra il sistema di riscaldamento che permetteva la circolazione dell’aria calda nelle terme: l’ipocausto. Accanto ai plastici sono esposti materiali da costruzione come la tegola romana e alcuni elementi decorativi: marmo, frammenti di vetro, intonaco dipinto e mosaico, ma anche statue, capitelli in stile corinzio e tubi di piombo.

La statua di Antonia Minore 

Statua in marmo di Antonia minore

La statua in marmo di Antonia fu scoperta nel frigidarium delle terme nord nel 1957. Antonia Minore era la consorte di Druso e madre dell’imperatore Claudio che concesse il diritto latino agli abitanti di Cemenelum. La presenza di questa statua, di una dedica e della testa dell’imperatore Claudio testimoniano l’attaccamento degli abitanti della città nei confronti dell’imperatore e della sua famiglia. 

La vita amministrativa e i culti 

La vita amministrativa e politica dell’antica città è suggerita da iscrizioni latine scoperte a Cimiez. Cemenelum, che fu elevata al rango di capoluogo di prefettura, poi di provincia, usufruì della presenza di un prefetto e di un procuratore.  Alcune iscrizioni ci informano anche sulle truppe ausiliarie d’istanza a Cemenelum. Anche il rapporto che gli abitanti della città avevano con la religione ci è giusto attraverso le iscrizioni. Su altari e targhe sono citate divinità del pantheon romano (Giove, Mercurio), ma troviamo anche omaggi a divinità locali. 
Il fauno di Cemenelum è ispirato al celebre fauno di Pompei. Questa statuetta in bronzo a cera persa, di stile ellenistico, risale all’epoca di Augusto. Il fauno fu scoperto nel 1904, a circa 50 m dall’avenue du Monastère.

Il commercio marittimo 

I relitti antichi scoperti nella regione forniscono poi preziose informazioni sui carichi trasportati e le imbarcazioni utilizzate nelle diverse epoche. Lo spazio dedicato al commercio marittimo è principalmente incentrato sulla presentazione degli arredi del relitto della Fourmigue, scoperto nel 1980, al largo di Golfe-Juan. Vi sono proposti anche elementi delle navi, ceppi d’ancora e anelli d’ormeggio ma anche la ricostituzione di una nave romana.

GALLERIA IMMAGINI :

NOTIZIE:

https://www.montecarlonews.it/2022/11/22/notizie/argomenti/altre-notizie-1/articolo/nizza-un-grande-progetto-ridisegnera-il-sito-archeologico-di-cimiez.html

BRIC SAN VITER : LA RISCOPERTA DI UN INSEDIAMENTO DEI TAURINI .

BRIC SAN VITER si trova , in cima a un’altura presso Pecetto Torinese. Questo luogo completamente ricoperto da una volta vegetazione, è stato riscoperto nel 1991 grazie alle esplorazioni dei volontari del Gruppo Archeologico Torinese (GAT).
La locale tradizione storiografica basata su voci popolari avevano erroneamente identificato il sito della antica chiesa dedicata a San Vittore, citata dalle fonti, con la sommità del Bric omonimo (in dialetto: Bric San Vitèr). Le ricognizioni del GAT hanno invece evidenziato  immediatamente che i ruderi presenti sulla sommità non potevano essere riferiti con la chiesa di S. Vittore ma piuttosto ad una costruzione fortificata medievale della quale non sono giunte  notizie documentarie.Solo nelle vicinanze invece sono state individuate le mura di una struttura absidata che è riconducibile alla chiesa citata.

L’indagine del sito ha interessato il castrum che occupa la parte sommitale del bric, fortificata da una cortina muraria continua che ne segue il profilo, disegnando un poligono di poco meno di 600 mq. L’area così delimitata è circoscritta da un fossato artificiale con andamento a spirale, che sale verso la porta d’ingresso. La struttura  fortificata comprende anche due torri, una delle quali, la cosiddetta “torre grande”, sembra essere la struttura più antica del sito, mentre l’altra, la “torre piccola”, viene ritenuta  direbbe un rinforzo difensivo della area strategicamente più delicata.

L’area del Bric San Vito fu sicuramente abitata e frequentata almeno fin dalla seconda età del Ferro, quando qui esisteva un piccolo insediamento dei Taurini con funzioni di emporio. Di questo villaggio sono state trovate notevoli evidenze archeologiche.

Il materiale raccolto in superficie, nell’area sommitale e lungo le pendici fino al vallo, e nel corso delle campagne di scavo attesta diverse fasi di frequentazione a partire dalla tarda età del Ferro. La presenza di materiali ceramici d’uso comune e nobiliari, tra i quali alcune pedine del gioco degli scacchi, confermano l’occupazione dell’area almeno fino al XIV secolo. Nel corso delle ricerche di superficie sono state rettificate le pareti di uno scavo circolare (forse un intervento clandestino, forse il risultato della rimozione di una postazione contraerea), profondo quasi due metri, che ha permesso di osservare in anteprima la situazione stratigrafica del terreno: negli strati sovrapposti, visibili in sezione, si potevano infatti distinguere livelli preistorici, romani e medievali. ( fonte Comune di Pecetto)

LINK : http://archeocarta.org/pecetto-torinese-to-bric-san-vito/

IL SITO PROTOSTORICO

Gli scavi hanno individuato i resti di un villaggio del IV-III secolo a.C., riferibile alla popolazione  celto-ligure dei Taurini, il cui capoluogo, mai localizzato con precisione, doveva trovarsi nell’area della città di Torino. Gli storici latini, come ad esempio Polibio, narrano che nel 218 a.C., durante la seconda guerra punica, Annibale, dopo tre giorni di assedio, distrusse la città dei Taurini e ne annientò la popolazione. Anche l’insediamento del Bric San Vito, con la fine del III secolo a.C., venne improvvisamente abbandonato.
La posizione del sito e i reperti venuti in luce, in particolare la ceramica, indicano come la funzione del villaggio fosse duplice: quella di controllo del Po, che costituiva il confine fra il territorio dei Taurini, a nord, e dei Liguri, a sud, e quella di testa di ponte commerciale dei Taurini verso gli abitati liguri, primo fra tutti Carreum, l’odierna Chieri.

Capanna Taurina A  con buche dei pali e resti di focolare.

Pannelli sotto fonte :Gat ( gruppo archeologico Torinese)

APPROFONDIMENTI:

https://www.academia.edu/resource/work/3178307

https://www.academia.edu/resource/work/1763856

UN CIPPO CONFINARIO TRA GENOVA E L’IMPERIUM ROMANO

Da Levante news.

Sulla vetta del Monte Ramaceto nell’alta Val Fontanabuona in provincia di Genova, in prossimità del confine tra i comuni di Orero e San Colombano Certenoli è stato individuato, sottoposto a scavo archeologico e prelevato con l’impiego di un elicottero un cippo in pietra arenaria di età imperiale romana, datato al II secolo d. C., con iscrizioni su entrambe le facce; esso è identificabile come una rarissima tipologia di documento epigrafico, che ha segnato, quasi 2000 anni fa, il confine tra un latifondo di proprietà diretta dell’Imperatore romano e i terreni di proprietà invece del municipio della città di Genua (attuale Genova). Si tratta di una scoperta del tutto eccezionale e di importanza a livello nazionale in quanto rappresenta la seconda attestazione nota in tutto il territorio italiano di tale tipologia di cippi, entrambi rinvenuti peraltro a distanza di pochi anni e spazio tra loro.
A quasi dieci anni dal recupero nell’ottobre del 2015 di un primo cippo confinario con iscrizione su entrambe le facce, oggi conservato al Museo Archeologico e della città di di Sestri Levante, grazie ad una recente segnalazione da parte di esperti escursionisti, l’archeologia ligure si arricchisce oggi di un nuovo eccezionale documento epigrafico.

Soprintendenza di Genova e La Spezia dopo aver provveduto a verificare, tramite un sopralluogo da parte di un team di funzionari archeologi e collaboratori, il luogo del ritrovamento, che è poco sotto la vetta del Monte Ramaceto a 1345 metri d’altitudine, ha condotto nel corso di questa settimana lo scavo archeologico dell’area circostante il ritrovamento ed oggi ha provveduto a recuperare il macigno inscritto.
Data l’assenza di strade carrabili il trasferimento del cippo è potuto avvenire del tutto eccezionalmente grazie all’impiego di un elicottero, che lo ha prelevato direttamente dalla cima del monte e, una volta imbragato con ogni possibile cura ed attenzione, lo ha trasferirlo su un furgone che lo attendeva più a valle; da qui scortato dal personale tecnico-scientifico dell’Ufficio, grazie alla disponibilità e alla collaborazione del Museo Archeologico e della città di Sestri Levante, il pesante monolite è stato depositato in condizioni di sicurezza in un locale del Museo, dove sarà sottoposto ad un esame per verificarne lo stato di conservazione al fine di un eventuale intervento di pulizia, restauro, consolidamento e quindi, infine, esposizione al pubblico.

Ma in che cosa consiste l’importanza del ritrovamento? A questa domanda risponde il dott. Luigi Gambaro, funzionario archeologo della Soprintendenza:
Va sottolineata l’eccezionalità assoluta del ritrovamento, che si può considerare con tutte le ragioni di importanza epocale anche a livello nazionale. In primo luogo va detto che si tratta di un secondo cippo “gemello” di quello scoperto del tutto casualmente da una guardia forestale nel 1988, ma recuperato solo nel 2015.
Se già aveva fatto scalpore tale rinvenimento in quanto si trattava, come scriveva il prof. Giovanni Mennella l’epigrafista, già docente presso l’Università di Genova, che lo ha reso noto nel 2017 del “primo cippo confinario inscritto pertinente a latifondi romani fin qui attestato nell’Italia romana”, sembrava quasi impossibile, vista la assoluta rarità di epigrafi di tale tipologia, che a pochi anni di distanza e poche centinaia di metri dal primo cippo si verificasse la circostanza di imbattersi e riconoscerne un secondo identico; riporta anch’esso su un lato l’iscrizione: Caesaris n(ostri) = “di proprietà del nostro Cesare”, mentre di più difficile interpretazione è l’iscrizione incisa sull’altra faccia: P.M.G., che potrebbe sciogliersi come P(ublici) M(unicipii) G(enuensium) = “di proprietà del municipio di Genova”. Mentre il primo cippo è stato recuperato in modo piuttosto fortunoso e già verosimilmente spostato dalla sua sede originaria, il secondo ritrovamento è connesso alla sua collocazione originaria; da qui il secondo elemento di eccezionalità”.

La dott.ssa Nadia Campana, anche lei funzionaria della Soprintendenza, sottolinea “Inoltre essendo stato possibile pianificare il recupero in modo scientifico, con l’intervento diretto della Soprintendenza, che è l’Istituzione preposta alla tutela del patrimonio archeologico nazionale, la sua asportazione è stata preceduta dallo scavo archeologico del sedime circostante per una superficie di circa 25 metri quadrati, col recupero e la documentazione di ogni elemento del contesto. L’aver avuto la possibilità di intervenire attraverso uno scavo archeologico stratigrafico condotto manualmente da un team di qualificati archeologi, quelli di Tesi Archeologia srl, ha consentito di raccogliere quindi una serie di informazioni funzionali a ricostruire la storia del monumento.
Questo intervento si aggiunge ad una serie di scoperte e scavi, che hanno permesso di confermare l’importanza anche durante l’età romana della val Fontanabuona, con una gestione del vocata al agro-silvo-pastorale lungo le vie di transumanza tra la costa e la montagna ligure.

APPROFONDIMENTI E VIDEO:

https://www.rainews.it/tgr/liguria/video/2024/04/dal-ramaceto-spunta-un-altro-cippo-romano-salvataggio-in-elicottero-a9ae0b9a-7976-428b-bc71-e9d78cd171d8.html

Il precedente ritrovamento del primo cippo:

PAROLE DI CELTICO E  ROMANO DAI COCCI DI BERGAMO .

Piccoli cocci di colore rosso , abbandonati per tanto tempo insieme ai sassi , parole e storie dimenticate sussurrate e poi portate via dal vento del tempo.. ecco questi piccoli cocci rivivono e parlano un po’ in Celtico un po’ in Romano forse con la loro tipica cadenza bergamasca..eh pota cosa volete ancora.. ecco il link

https://www.academia.edu/resource/work/5255535

Parlando poi di altre scoperte della antica Bergamo non possiamo non riportare la notizia  che proprio oggi sabato 20 aprile 2024 si apre al pubblico  l’area archeologica di Sant’Agata, rivelatasi durante i lavori di restauro di un ex complesso monastico,

Un’imponente struttura muraria, lunga una decina di metri e larga fino a un metro e sessanta centimetri, è stata scoperta al centro degli scavi, suggerendo la presenza di un grande edificio pubblico lungo il decumano massimo, l’attuale via Colleoni. La struttura, che differisce da una semplice “domus”, indicava chiaramente un luogo di significative attività pubbliche. Gli archeologi, guidati da Stefania De Francesco e Cinzia Robbiati per conto della Soprintendenza, hanno inoltre trovato frammenti di intonaci affrescati, pavimenti in marmo policromo, stucchi a rilievo e decorazioni in terracotta che adornavano il tetto dell’edificio.

Scavi nel giardino del circolino, Sant’Agata Bergamo

Link:

https://www.ecodibergamo.it/stories/premium/bergamo-citta/santagata-svela-bergamo-romana-o_2164927_11/

LE FIBULE DEL MUSEO ARCHEOLOGICO ” AL TEATRO ” DI VERONA .

Se siete appassionati di fibule protostoriche e romane il Museo Archeologico di verona ha pubblicato un catalogo gratuito disponibile on line ( in basso trovbverete il link )

Il catalogo è suddiviso in due parti, relative all’epoca protostorica e a quella
romana/altomedievale; la suddivisione fra le due parti non va intesa come
netta (in particolare, alcune fibule di tradizione preromana sono databili
all’epoca imperiale).
All’interno delle due parti, si è cercato di seguire un ordine grossomodo cronologico, creando gruppi su base tipologica oppure associando esemplari
isolati e frammenti talvolta di difficile attribuzione

M. Bolla, N. Martinelli,
Fibule del Museo Archeologico al Teatro Romano di Verona,
Memorie del Museo Civico di Storia Naturale di Verona 2. Serie – Scienze dell’Uomo 15-2023

MARMORA ROMANA : GLI ANTICHI MARMI DI LUNI A CARRARA.

dal 25 maggio 2024 al 12 gennaio 2025 al CARMI museo CARRARA e Michelangelo.

Da artego.it

S’intitola “Romana marmora. Storie di imperatori, dei e cavatori” la grande mostra dedicata alla cava romana di marmo bardiglio di Fossacava e al suo ruolo all’interno del più ampio e noto fenomeno dell’estrazione del marmo lunense.

«I vecchi ritrovamenti e i dati dello scavo recente hanno reso Fossacava una delle cave di età romana oggi meglio conosciute», spiegano i curatori Giulia Picchi e Stefano Genovesi. «L’apertura al pubblico, avvenuta nel 2021, ha fatto registrare una presenza annuale di 10.000 visitatori, che ha confermato lo straordinario interesse per questo sito. Con la mostra Romana marmora si è voluto consolidare e ulteriormente rilanciare questo trend positivo creando, attorno alla cava, un evento che raccontasse ad un pubblico più ampio possibile la storia del sito e dei personaggi che vi ruotavano attorno. Gli imperatori di Roma, i loro schiavi e i loro liberti, gli appaltatori, i commercianti, e, ovviamente, i cavatori sono gli attori di un copione di grande fascino, nel quale la fatica e il sacrificio di molti uomini sono indissolubilmente legati alla propaganda politica e al lusso che il marmo era in grado di esprimere».

Il sito di Fossacava è tra le pochissime cave di età romana ad essere stato oggetto di uno scavo archeologico stratigrafico; le indagini, condotte nel 2015 dal Comune di Carrara e dalla Soprintendenza Archeologica della Toscana all’interno del bacino estrattivo, hanno permesso di ricostruire la storia della cava in tutti i suoi aspetti, in particolare in merito alla tipologia dei prodotti semilavorati che qui venivano estratti, del personale che vi lavorava e delle modalità con le quali la cava era gestita dall’amministrazione imperiale romana.

Nel 2021 il sito di Fossacava è stato aperto al pubblico con un percorso ampliato e rinnovato, incentrato su una graphic novel che illustra ai visitatori di ogni età la storia della cava in modo avvincente ed efficace. L’esposizione Romana marmora. Storie di imperatori, dei e cavatori intende, quindi, presentare ad un pubblico ancora più vasto la vicenda storica del sito, conferendogli un rilievo di respiro regionale e nazionale.

Partendo dalla storia della colonia di Luni, nel cui territorio si trovavano le cave di Carrara, si approfondiranno i temi delle antiche tecniche estrattive, dei prodotti semilavorati e della gestione delle cave, si mostreranno i diversi utilizzi del marmo bardiglio e la loro diffusione nell’ambito dell’Impero Romano, oltre a gettare uno sguardo sulla religiosità di quanti frequentavano i bacini estrattivi.

Statua della Dea Luna dall’area di Fossacava. Età romana. Marmo bianco. Museo Civico del Marmo di Carrara. Foto Giuseppe D’Aleo. Immagine concessa dal Ministero della Cultura – Soprintendenza ABAP per le province di Lucca e Massa Carrara.

Il percorso espositivo si articolerà in quattro sezioni: Luni e le sue cave di marmo (sala 1), Fossacava. Storia di una cava, dall’età romana allo scavo archeologico (Sala 2), Gli dèi dei cavatori. La religione a Fossacava (Sala 3), La fortuna del bardiglio nell’Impero (Sala 4).

La Sala 1 è dedicata alla storia della colonia romana di Luni e a quella dell’estrazione del marmo lunense, tra la seconda metà del I secolo a.C. e il III-IV secolo d.C. Sarà inoltre posto in rilievo il ruolo determinante dell’imperatore, primo tra tutti Augusto, nello sviluppo dello sfruttamento delle cave di marmo di Carrara. Opera centrale della sala sarà la statua loricata di imperatore rinvenuta negli scavi Fabbricotti a Luni del 1889, in prestito dall’Accademia di Belle Arti di Carrara.

La Sala 2 è incentrata sul sito di Fossacava, del quale sarà raccontata la storia, dall’escavazione del marmo bardiglio in età romana fino allo scavo archeologico qui condotto nel 2015. Saranno messe a fuoco in particolare le tecniche di scavo, con l’esposizione di strumenti antichi, e le problematiche relative alla gestione delle cave da parte dello stato romano.

La Sala 3 è dedicata alla religiosità dei cavatori e degli altri personaggi che popolavano le cave di marmo di Carrara in età romana: grande risalto sarà dato alla statua della dea Luna rinvenuta a Fossacava, verosimilmente una replica della statua di culto del cosiddetto “Grande Tempio” di Luni. Nella sala saranno esposti inoltre l’altare dedicato alla Mens Bona, in prestito dall’Accademia di Belle Arti di Carrara, e un rilievo raffigurante il dio Silvano, il cui culto è molto attestato negli ambienti delle cave, proveniente da una domus di Luni e in prestito dal Museo archeologico nazionale di Luni.

Statua di imperatore loricato. I secolo d.C. Marmo bianco. Accademia di Belle Arti di Carrara. Foto Accademia di Belle Arti di CarraraStatua di imperatore loricato. I secolo d.C. Marmo bianco. Accademia di Belle Arti di Carrara. Foto Accademia di Belle Arti di Carrara

La Sala 4 narra infine al visitatore la diffusione del marmo bardiglio a Roma, nelle città dell’Italia e delle province e in quali tipi di edifici e strutture esso sia stato utilizzato: sarà approfondito, in particolare, il suo impiego per i colonnati dei palcoscenici dei teatri e per la realizzazione di fontane (labra). L’allestimento di alcuni semilavorati e di altri reperti in marmo bardiglio illustrerà i diversi usi di questa varietà di marmo. Uno spazio sarà inoltre dedicato ad un progetto di archeologia sperimentale condotto con l’Accademia di Belle Arti di Carrara, nell’ambito del quale saranno scolpite, dagli studenti e dal personale docente, delle repliche in marmo di un semilavorato in marmo bardiglio e di un labrum finito.

L’evento espositivo sarà accompagnato da un apparato didattico dispiegato lungo il percorso di visita (pannelli, didascalie, grandi disegni di ricostruzione, video tematici). All’interno di quest’ultimo, sarà inoltre inserito uno storytelling dedicato ai bambini, nel quale uno dei personaggi attestati dalle epigrafi apposte sui blocchi semilavorati di Fossacava racconterà la propria storia, coinvolgendo i piccoli visitatori in una caccia al tesoro. La mostra potrà essere inoltre fruita per mezzo di laboratori e visite guidate rivolte alle scuole e per mezzo di iniziative, quali visite guidate in orario di apertura e in notturna e conferenze a tema, rivolte al pubblico degli adulti.

Piccozze e cuneo in ferro rinvenuti nell’area delle cave. Età romana. Museo Civico del Marmo di Carrara.  Soprintendenza ABAP per le province di Lucca e Massa Carrara.
Veduta dell’area archeologica di Fossacava.  Soprintendenza ABAP per le province di Lucca e Massa Carrara.
Veduta dell’area archeologica di Fossacava. – Soprintendenza ABAP per le province di Lucca e Massa Carrara.
Area archeologica di Fossacava. Particolare dei semilavorati di epoca romana.  Soprintendenza ABAP per le province di Lucca e Massa Carrara.

INFO:

Il CARMI museo Carrara e Michelangelo è aperto al pubblico fino al 31 maggio da martedì a domenica ore 9.00-12.00 e 14.00-17.00, dal 1 giugno da martedì a domenica ore 9.30-12.30 e 17.00-20.00, chiuso il lunedì, chiuso 1° novembre, 25-26 dicembre, 1° gennaio, 6 gennaio, nei pomeriggi del 24 e del 31 dicembre, nel pomeriggio del 14 agosto. Ingresso al CARMI (comprensivo della visita alla mostra): intero € 5, ridotto € 3, disponibili gratuità.

Per informazioni: museo.carmi@comune.carrara.ms.it, https://carmi.museocarraraemichelangelo.it

Approfondimenti:

https://www.academia.edu/resource/work/78617761