VASI DI BRONZO IN GALLIA CISALPINA TRA IL IV -I SEC.a.C

Articolo originale : M.Bolla I recipienti di bronzo in Italia settentrionale dal VI al I sec. a.C.

http://www.core.ac.uk

https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&url=https://core.ac.uk/download/pdf/288222558.pdf&ved=2ahUKEwiQx6iyitz8AhUluaQKHXcYA4gQFnoECDYQAQ&usg=AOvVaw3Gyr0qOxn-wXrfMHcgpGKu

I vasi di bronzo costituiscono una particolare tipo di vasi ad uso domestico. Realizzati per durare a lungo , rappresentavano un patrimonio familiare che passava da madre in figlia per generazioni .
Questa particolare preziosità antica, rende più difficile una fine identificazione cronologica . Tuttavia è possibile in ogni caso identificare in Gallia Cisalpina almeno tre fasi principali di utilizzo del vaso di bronzo. Questi tre periodi vanno dal 388 aC al periodo augusteo e ricalcano la divisione cronologica del periodo La Tène. Lo studio cerca di definire le forme e le tipologie dei vasi di bronzo, il loro legame con il rango sociale in Cisalpina utilizzando come area privilegiata l’area veronese ( Povegliano soprattutto). Tale zona ha permesso di osservare infatti almeno 150 esemplari, databili dal IV/III secolo a.C. all’età augustea in gran parte recuperati da contesti funerari.

PRIMO PERIODO: (388-130a.C)

Nonostante l ‘invadione gallica del 388 a.C. prosegue la produzione locale, rappresentata da recipienti destinati al consumo del vino o di altri tipi di vevande fermentate. Nelle aree occupate dai Leponti e dagli Insubri sono attestate le situle (tipi Pianezzo, Cerinasca e Castaneda), le capeduncole,le brocche a becco (Tessiner Kannen). Sono recipienti prodotti nel Sopraceneri – per le brocche
a becco anche nel Comasco – e attestati nell’area occidentale della Cisalpina, tra il Canton Ticino e la Bergamasca, sui quali non mi soffermo in questa sede perché esaurientemente analizzati da
De Marinis in occasione della mostra sui Leponti , e ancora più recentemente, da Nagy e Tori per la necropoli di Giubiasco.
Produzioni locali sono ben attestate anche in area Cenomane – mi riferisco alle fiasche da pellegrino, con gli esemplari della tomba di Castiglione delle Stiviere e

Brocca a becco di area Lepontica

in area veneta e retica, dove permane
la produzione di situle a sbalzo e di simpula. Sono attribuite a officine locali, che continuano una tradizione lunga e feconda, Le situle di Este, da
quelle a corpo troncoconico e sinuoso della tomba Ricovero 23, la famosa tomba di Nerka Trostiaia, a quelle istoriate delle tombe Boldù-Dolfin 52–535.
Per le situle è stata identificata anche un’area di produzione tra le valli dell’Adige e del Piave, con uno o più ateliers che operano nel IV secolo unendo
elementi di tradizione halstattiana a motivi di influsso celtico ed etrusco. Anche i simpula prodotti a partire dal IV secolo riprendono e rielaborano il tipo etrusco a vasca emisferica e manico verticale,
ma con il manico a nastro applicato con ribattini alla vasca.Nel santuario di Lagole di Calalzo(Belluno) questi attingitoi sono utilizzati anche nei rituali delle acque.


Vasellame d’importazione

Per quanto riguarda invece le importazioni
di vasellame di bronzo dall’Etruria, che avevano caratterizzato tra VI e V secolo a.C. lo sviluppo dell’Etruria padana e della civiltà di Golasecca, si ha effettivamente una contrazione in seguito all’in￾vasione gallica del 388 a.C., che non sembra però
toccare l’area di Spina, dove recipienti e candelabri di bronzo caratterizzano sia le tombe dell’ultimo quarto del V secolo, sia quelle del primo quarto del secolo successivo.

SECONDO PERIODO ETÀ LT D

Con l’età tardorepubblicana, corrispondente in ambito padano al LT D (130–15 a.C.), la presenza di vasellame di bronzo d’importazione si fa numericamente più rilevante e più varia quanto a tipi rappresentati. Per la Gallia Cisalpina si possono considerare ancora validi i saggi sulle varie forme e le liste di distribuzione elaborati in occasione dellatavola rotonda di Lattes, La vaisselle tardo-républicaine en bronze (Feugère, Rolley (eds.) 1991), con aggiornamenti relativi all’asse Ticino-Verbano e, sul versante opposto, al Caput Adriae al territorio dell’attuale Lombardia, con specifiche dedicate al Comasco e al territorio di Bergamo; molto si attende, inoltre, dalle necropoli del Veronese che sono state scavate recentemente e sono attualmente in corso di studio. Più numerosi, a tutt’oggi, gli aggiornamenti e le pubblicazioni di recipienti di età tardorepubblicana in ambito europeo
In linea generale, si può osservare che alle padelle tipo Montefortino e Povegliano si sostituiscono le padelle tipo Aylesford, con vasca fortemente convessa e il caratteristico motivo a spina di pesce sul
labbro (cfr. Tav. 5: XXVI/7), che formano una coppia funzionale con le brocche carenate tipo Gallarate e, talora, anche con le brocche a corpo piriforme tipo Ornavasso-Ruvo,Ornavasso-Montefiascone,Kelheim e Kjaerumgaard.

Le brocche tipo Gallarate, bitroncoconiche a carena bassa con ansa terminante a foglia cuoriforme e puntale, sono a tutt’oggi, insieme alle padelle
Aylesford, le forme più rappresentate nei contesti funerari di questo periodo; che in Gallia Cisalpina le padelle rivestissero un ruolo fortemente simbolico all’interno dei servizi da banchetto, è indiziato dalla
frantumazione rituale del recipiente durante i riti di sepoltura e dalla deposizione sul rogo funebre.
Del successo delle brocche bitroncoconiche possono essere indicative le imitazioni “povere” in terracotta attestate già dal terzo quarto del II secolo a.C.
in Grecia, e la presenza, nel santuario di Delo,frequentato da mercanti e visitatori italici, di una matrice in calcare riferibile ad una forma a carena bassa di piccole dimensioni.

Padella tipo Aylesford. Museo di Mergozzo

TERZO PERIODO-ETA’ AUGUSTEA

Con l’età augustea, il nuovo dinamismo economico della Cisalpina, legato all’espandersi delle strutture produttive transpadane e all’apertura della zona centropadana a più veloci circuiti commerciali, vede la rapida diffusione di un repertorio di forme in parte legato alla serie tardorepubblicana, della quale vengono riproposti elementi strutturali e ornamentali, in parte del tutto innovativi.

Nella tomba 16 della necropoli del Colabiolo di Verdello (Bergamo), ad esempio, datata in base a una moneta
e un boccale del tipo Aco intorno al 20 a.C.88, è già presente una brocchetta “moderna”, di produzione verosimilmente campana89. Si tratta infatti di un recipiente riconducibile alle serie Tassinari C1224, che trova un confronto puntuale con una brocchetta di Levate (Bergamo), da una tomba di
età augustea .
Alcune forme tardorepubblicane, del resto,
risultano ancora in produzione, come le padelle tipo Aylesford, che continuano con una produzione bollata da Cornelius, alla quale sembrerebbe appartenere anche l’esemplare rinvenuto a Domodossola
in una tomba di età prototiberiana, e le brocche carenate tipo Gallarate con labbro arricchito da un kyma ionico91.
Anche i simpula-colini continuano ad essere prodotti con il tipo Radnόti 40, con vasca larga a fondo piatto (Fig. 17), datato tra il 20/15 a.C. e il 10/15 d.C.92
Appare legata alla serie tardorepubblicana
anche la brocca tipo Tassinari C1210, attestata in Italia centrale (a Pompei, nel Viterbese e in Val di Cornia) e in Italia settentrionale a Genova, Fino
Mornasco (Como), Castrezzato (Brescia).



LA DATAZIONE DEI REPERTI IN GALLIA TRANSPADANA.

Come riuscire ad identificare la datazione di un reperto proveniente dal territorio della Gallia Transpadana centro-occidentale ?

Prendendo a riferimento il periodo compreso tra la metà del II sec. a.C. e il regno di Augusto (30 a.C.) dobbiamo innanzitutto appoggiarci a materiali provenienti principalmente da necropoli (fig. 1), mentre sono ancora rare le sequenze stratigrafiche degli abitati ben documentate.

Per la cronologia del La Tène padano si fa riferimento alla periodizzazione proposta da Raffaele De Marinis (tabella 1)3, basata essenzialmente sui ritrovamenti lombardi, tuttora comunemente utilizzata sia per i contesti lombardi sia anche per i ritrovamenti lateniani del Piemonte e del Veneto. Su questa cronologia si basano anche le datazioni proposte da Luciano Salzani per le necropoli sopra ricordate. Pur tenendo conto che questo quadro cronologico, con l’affinamento delle datazioni ceramiche e soprattutto di altri materiali, come le armi e le fibule, oggetto ultimamente di vari studi tipo-cronologici, necessita di un aggiornamento, al momento si ritiene comunque un valido punto di riferimento.

I materiali sono numerosi e vari e documentano ciò che era in uso contemporaneamente in un certo periodo utilizzando una cronologia mutuata da quella utilizzata in Europa Centrale, dove questi centocinquanta anni sono stati suddivisi in quattro periodi principali:

La Tène C2 finale,

La Tène D1,

La Tène D2,

età augustea1.

Gli autori dello studio hanno cercato di articolare il periodo Tardo La Tène della Transpadana centro-occidentale in una sequenza di sei orizzonti cronologici della durata di circa una generazione. Questa partizione è stata effettuata prendendo come fossile guida le fibule diffuse localmente confrontate con le forme di vasellame ceramico e dalle sue combinazioni.

LE FIBULE COME FOSSILE GUIDA

A. Fibule di schema Medio La Tène a staffa corta (di lunghezza notevolmente inferiore alla corda dell’arco)4. Il gruppo comprende diversi tipi individuabili in base al materiale, alla forma dell’arco e alla lunghezza della molla

B Fibule di schema Tardo La Tène di ferro a molla bilaterale lunga e corda esterna. Il gruppo comprende due tipi individuati in base alla forma dell’arco.

C Fibule di schema tardo La Tène “tipo Nauheim” caratterizzate da arco ribassato, molla bilaterale di 2 spire per lato e corda interna

D Fibule di schema tardo La Tène “a testa coprente”6, in ferro e in bronzo, con arco di lamina triangolare la cui estremità copre parzialmente o totalmente la molla, molla bilaterale di 2 o 3 spire per lato, corda esterna o interna.

E Fibule di schema tardo La Tène “ad arpa”: in bronzo, arco asimmetrico rialzato a gomito verso la molla e ornato da un nodulo, molla di tre spire per lato e corda esterna.

F Fibule di schema tardo La Tène ad arco rialzato, in ferro e in bronzo, molla di due spire per lato e corda interna.

G Fibule di schema tardo La Tène con arco “a noduli” (Knotenfibeln): in bronzo, arco filiforme asimmetrico, rialzato verso la molla dove è ornato da noduli, molla di due spire per lato a corda esterna, staffa triangolare traforata o chiusa.

H. Fibule a cerniera. Al loro interno si possono individuare due grossi gruppi, estremamente articolati ma la cui documentazione grafica e fotografica è spesso inadatta a una più precisa classificazione.

Associando alle fibule le tipologia dei reperti ceramici si sono quindi indicati 6 periodi storici.

SE VOLETE APPROFONDIRE L ARGOMENTO VI INVITIAMO ALLA LETTURA DELL ‘ARTICOLO PRESENTE SU ACADEMIA.EDU DI PAOLA PIANA AGOSTINETTI

https://www.academia.edu/resource/work/2362284

ALTRI LINK:

https://www.academia.edu/resource/work/40467104

https://www.academia.edu/resource/work/42983427

CELTI RETI E CAMUNI: COME È AVVENUTA LA ROMANIZZAZIONE NEL BRESCIANO E NEL GARDA

Da ACADEMIA.EDU

Articolo originale di

 Simona MarchesiniProfile picture for Simona  MarchesiniSimona MarchesiniIDENTITÀ MULTIPLE O ETHNIC CHANGE DURANTE LA ROMANIZZAZIONEView PDF ▸Download PDF 

Area CAPITOLIUM Brescia Cenomane – da Brixia e le genti del Po’ Giunti
Area CAPITOLIUM Brixia fino all’ etá augustea da Brixia e le genti del Po’ Giunti

Il territorio attorno a Brescia e al Lago di Garda si presenta come un osservatorio privilegiato per lo studio di interazioni tra popoli già dal primo apparire della documentazione epigrafica, in età preromana. Tale vocazione, quella dello scenario di etnie multiple, si configura anche nell’età della romanizzazione, con modalità ben indagate e in gran parte già defi nite dagli studiosi. L’individuazione di ethne a partire dalla documentazione esistente non è però sempre di immediata evidenza, e porta spesso ad una sospensione del giudizio piuttosto che ad una soluzione univoca.
In questa sede cercherò di inquadrare fenomeni nel loro complesso già noti, come quelli che emergono dall’epigrafia e dall’onomastica, avvalendomi di strumenti «in dotazione» alla linguistica, come la sociografia, la neurolinguistica, la linguistica del contatto e l’etnolinguistica, per proporre al confronto critico nuove categorie di analisi. Dalla focalizzazione di alcuni documenti, in parte anche nuovi, vedremo anche emergere e delinearsi meglio una delle compagini che solitamente, negli studi sulla regio X, rimane di difficile identificazione: la componente camuna.


II. Lo scenario storico regio X, in particolare nella zona attorno a Brescia e al lago di Garda (1).


Il processo di assimilazione e acculturazione, come sappiamo, non fu per questa parte dell’Italia cruento e repentino, ma progressivo e lento. La strategia politica adottata da Roma verso queste popolazioni fu di rispetto delle autonomie e delle strutture socio-politiche esistenti, di cui «venivano conservate la compattezza, l’autonomia, e fi n dove possibile l’indipendenza e la stabilità demografica» (2).


Riassumo brevemente i termini cronologici:

− fine V-inizi IV sec. a.C.: inizia l’occupazione cenomana di
Brixia, che conosce anche la sua prima fase urbana;

− 225 a.C. durante la guerra Gallica i Cenomàni (che ormai occupano il territorio di Brescia) e i Veneti si alleano con i Romani
inviando 20.000 soldati contro le altre popolazioni celtiche;

− durante la guerra annibalica i Cenomani sono alleati di Roma insieme ai Veneti, Taurini e Anamari;

− 200 a.C. i Cenomani appoggiano gli Insubri e i Boii devastando Placentia e puntando in seguito su Cremona;

− 197 a.C. grazie all’intervento diplomatico del console C.
Cornelio Cetego presso i vici Cenomanorum e presso la stessa Brixia, la rivolta rientra e i Cenomàni abbandonano gli Insubri
che vengono vinti; si stipula un foedus tra Roma e i Cenomàni;

− 89 a.C. Lex Pompeia Strabonis de Transpadanis concede lo
ius Latii a tutte le popolazioni della Gallia Cisalpina, compresi i Cenomani;

− 51-49 a.C. con la Lex Roscia viene ratifi cata la cittadinanza
romana alle popolazioni celtiche e italiche della Cisalpina (Transpadani); Brixia diventa municipium;

− età augustea (16/15 a.C.): adtributio delle popolazioni nella
Val Sabbia e della sponda occidentale del Lago di Garda (Sabini e Benacenses); adtributio a Brixia anche dei Trumplini e dei Camunni (campagna militare di P. Silio Nerva);

27 a.C. (oppure 14 a.C. e comunque non dopo l’8 a.C.)
Brixia si fregia del titolo di colonia civica Augusta.

− tra 79 e 89 d.C. Benacenses e Trumplini sono in stato di inferiorità giuridica rispetto ai Bresciani (3).

Particolare della statua di Minerva dal santuario di Breno(BS)


In questo quadro di progressivo adeguamento della componente etnica locale al mondo romano, spicca la tendenza all’autonomia dei Camunni, che pur dopo l’adtributio e la concessione della civitas, si costituiscono come res publica separata da Brescia e vengono ascritti per la maggior parte alla tribù Quirina.

Questa situazione, che ha come sfondo un intenso spostamento di persone dal centro Italia e dal Sud verso Nord, nella Gallia padana e Cisalpina (4), porta alla creazione di popolazioni miste, che uniscono componenti più tipicamente italiche o centro italiche a quelle celtiche, venetiche, retiche o camune.

Puoi continuare a leggere l ‘articolo originale al link:

https://www.academia.edu/resource/work/1074727

TRA CELTI VENETI ETRUSCHI E RETI: L’ETÀ DEL FERRO AL MUSEO ARCHEOLOGICO DI VERONA

Attraverso l’archeologia il passato si fa presente, le tombe acquistano vita. Stupiscono e affascinano i reperti in mostra nel nuovo Museo Archeologico Nazionale di Verona, presso l’ex caserma asburgica di San Tomaso, inaugurato lo scorso 17 febbraio e appena arricchitosi di una nuova, ampia sezione interamente riservata all’Età del Ferro – dall’inizio del primo millennio a.C. fino all’arrivo dei Romani – che va ad aggiungersi a quella dedicata a preistoria e protostoria.

Una vera e propria finestra sul passato che aiuta a capire la realtà di un territorio come quello veronese, da tempi antichissimi punto di incontro e crocevia di genti diverse tra loro per lingua e cultura come Veneti, Etruschi, Reti e Celti. La nuova sezione appena inaugurata, curata sotto il profilo scientifico dalla direttrice Giovanna Falezza e da Luciano Salzani in collaborazione con la soprintendenza veronese, è stata allestita da Chiara Matteazzi, in continuità con il precedente allestimento museale. Focus delle nuove sale espositive sono numerosi abitati sia in pianura che in collina, anche di rilevanti dimensioni come ad esempio il centro veneto in località Coazze di Gazzo Veronese, che si estendeva su una superficie di oltre 60 ettari con ampie aree di insediamenti abitativi accanto ad aree artigianali. A fornire i reperti più interessanti sono però le numerosi necropoli, spesso ricche di oggetti particolari venuti da lontano e con lavorazioni raffinatissime, a testimoniare la ricchezza dei contatti con il resto della penisola e, a volte, con gli altri popoli del mediterraneo.

Emoziona ad esempio il corredo funerario, unico per completezza e ricchezza, del cosiddetto “Principe bambino”, proveniente da una delle 187 tombe della necropoli celtica di Lazisetta a Santa Maria di Zevio. Si tratta della sepoltura di un soggetto di 5-7 anni, le cui ceneri vennero deposte assieme a un sontuoso carro da parata ,( https://wp.me/paEVnZ-Qt) , di cui restano gli elementi metallici come i mozzi delle ruote e i morsi dei cavalli, e a un armamentario tipico dei guerrieri adulti: spada, lancia, giavellotto e scudo. Un ricco vasellame ceramico e bronzeo assieme a monete, attrezzi agricoli, strumenti per il banchetto e i residui del pasto funebre completano il quadro di un’ultima dimora presumibilmente riservata a un appartenente alle classi dominanti. L’attento studio del contesto ha permesso agli archeologi di ricostruire il rituale di sepoltura, che viene oggi riproposto ai visitatori con l’ausilio di un suggestivo contributo multimediale: dopo che questi fu cremato insieme ad alcune offerte, le ceneri del bimbo furono raccolte in un contenitore in materiale organico (stoffa o cuoio) e deposte nella fossa assieme al resto del corredo. Al di sopra fu collocato il carro, capovolto e parzialmente smontato; infine, dopo un parziale interramento, fu acceso un secondo grande fuoco rituale. Alla fine la tomba fu probabilmente coperta da un tumulo che segnalava l’elevato stato sociale del defunto.

Non meno suggestivo il corredo di una tomba del VII secolo a.C. appartenente a una bambina di pochi anni, rinvenuto in una delle tre necropoli di Oppeano. All’interno dell’urna, al di sopra delle ossa combuste, oltre ad alcuni elementi di corredo furono deposti alcuni elementi molto particolari: conchiglie, di cui una forata, legate forse alla sfera del gioco, una pianta di astragalo, probabilmente un amuleto e infine un uovo di cigno, uccello acquatico ritenuto sacro. Proprio quest’ultimo assume un significato rituale molto importante, interpretabile come simbolo di rinascita e rigenerazione. Sepolture di uomini e donne ma anche di animali: come i famosi cavalli veneti, citati da fonti latine e greche per la loro agile bellezza; nel percorso museale è infatti presente uno dei due “cavalli delle Franchine”, necropoli in territorio di Oppeano. Si tratta di un piccolo maschio di 17-18 anni – 135 cm al garrese – sepolto in una piccola fossa coricato sul fianco destro e con le gambe ripiegate.

 

Si tratta solo di alcuni tra i molti tesori del nuovo museo, il più famoso dei quali è l’iconica pietra calcarea dipinta in ocra rossa nota come “lo Sciamano”. L’opera, rinvenuta a Grotta di Fumane, va posta alle origini delle prime espressioni artistiche (paleolitico superiore, circa 40.000 anni prima di Cristo) e raffigura un personaggio che indossa un copricapo: una delle più antiche immagini teriomorfe (figure di uomo-animale) conosciute. Un luogo da conoscere e visitare più volte, in attesa che il progetto espositivo venga completato nel 2024 con l’aggiunta dell’ultima, fondamentale parte dedicata all’età romana.

Articolo originale di Daniele Mont D’Arpizio – http://ilbolive.unipd.it/it/news/melting-pot-veneto-preistorico)

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I CELTI NEL TERRITORIO CREMONESE. LE ULTIME SCOPERTE

Riassunto. I ritrovamenti di epoca celtica nel territorio dell’attuale provincia di Cremona, nella media valle del Po, sono piuttosto rari. Le informazioni sui vecchi ritrovamenti di cui disponiamo si limitano spesso a brevi e sommarie notizie edite sulle storie locali, prive delle riproduzioni graiche e fotograiche dei materiali rinvenuti, talvolta senza precisa collocazione topograica. A queste si sono aggiunte negli ultimi anni nuove scoperte : la tomba isolata di guerriero rinvenuta a Romanengo (seconda metà III secolo a.C.), e la piccola necropoli di Isengo (ine II-prima metà del I secolo a.C.), indagate con metodo stratigraico, consentono di accrescere le nostre conoscenze su un territorio considerato zona cuscinetto tra il mondo insubre e cenomane.

ROMANENGO -LA SPADA CELTICA

ROMANENGO CORREDO CELTICO

DA ACADEMIA.EDU

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Dalla preistoria all’età del ferro:

IL RIPOSTIGLIO DI RIVOLTA D’ADDA

Il ripostiglio fu scoperto a Rivolta d’Adda (CR) nell’aprile del 1975 nel corso di lavori
edili per la realizzazione di un muretto, a circa mezzo metro di profondità. L’operaio addetto allo scavo, accortosi della presenza di un oggetto grossomodo sferico, temendo che fosse un residuo bellico, ruppe il contenitore ceramico rivelando la presenza di un ammasso confuso di piccoli oggetti metallici (fig. 1). Raccolto tutto, se lo portò a casa. La pulizia di uno dei pezzi rivelò la portata del rinvenimento1. Le modalità del tutto casuali di scoperta non consentono di sapere se il tesoretto mone-
tale fosse stato occultato in prossimità di un abitato. Il ripostiglio, a seguito della dispersione di un numero imprecisato di pezzi, apparentemente non molto consistente, è attualmente composto da 115 dracme padane (tav. I).

Nella pubblicazione del complesso a opera di Ermanno Arslan2 si evidenzia la presenza
di tre tipi diversi di dracme, indicati con il numero corrispondente della tipologia proposta dallo stesso Arslan3: XVI (87 esemplari, 75,65%), XVII (27 esemplari, 23,47%) e X (1 esemplare, 0,87%). Sulla base di questa composizione, l’Arslan ipotizza una formazione del ripostiglio fra terzo e quarto venticinquennio del II secolo a.C., arco cronologico che appare compatibile con la tipologia del contenitore, un vaso a trottola, mancante della bocca, inquadrabile nella fase finale del LTC2. L’attribuzione ipotetica dei tipi XVI e XVII, ovvero della quasi totalità del ripostiglio, alle popolazioni residenti fra Piemonte orientale e Lombardia occidentale induce a ipotizzare che il gruzzolo si sia formato in quest’area e che, per ragioni imprecisabili, sia poi stato trasportato più ad oriente dove probabilmente sarà stata aggiunta la dracma del tipo X, assegnata a zecca cenomane.


Allo stato attuale delle conoscenze appare pressoché impossibile comprendere le ragioni di questo spostamento, come pure dell’occultamento e del successivo mancato recupero del gruzzolo monetale. La possibile testimonianza della mobilità di persone da occidente a oriente risulta, comunque, interessante per comprendere le dinamiche del popolamento in Lombardia nella seconda metà del II secolo a.C. ( da Grazia Facchinetti)

ANTICHI POPOLI DELLA CISALPINA CELTI E NON CELTI

Quando parliamo dei popoli antichi che hanno abitato la regione Padana ed Alpina ,quella che sarà chiamata poi dai Romani Gallia Cisalpina , dobbiamo ovviamente pensare ad un vero e proprio mosaico di tante diverse popolazioni . Ad esempio, parlando dei Galli essi erano diversamente cugini tra loro . Insubri e Cenomani avevano avuto una diversa etnogenesi solo per fare un esempio.. Altri popoli Celti, i Boi e soprattutto i Senoni erano fortemente fuse con le popolazioni etrusche ed umbre tanto da creare una koinè celto- italica.

Nel Piemonte e sugli Appennini la commistione con Liguri fu ancora più forte. Altre popolazioni come i Camuni e i Triumphilini erano definiti come Euganei e seppur molto affini ai Reti avevamo assorbito anche molti elementi etruschi, celtici e venetici. I Reti sulle Alpi, affini ai Tirreni per lingua, avevano anche loro assorbito molti elementi celtici e venetici così come i Veneti ,affini a loro volta linguisticamente ai Latini. Nel video che qui segue il vicedirettore del Gruppo Archeologico Comasco ci descrive appunto questo complesso mosaico di popoli e nazioni. Buona visione .

Elmo Celto-Ligure da Berceto

A PRANZO CON I GALLI DELLA CISALPINA

DA ACADEMIA.EDU

“Tramandano che un tempo i Galli, circondati dalle Alpi come da un muro
inespugnabile, ebbero questa motivazione per riversarsi in Italia la prima
volta: poiché un certo Elicone, della tribù degli Elvezi, dopo aver dimorato
a Roma per esercitare il mestiere di fabbro, ritornando nella propria terra
avrebbe portato con sé fichi, uva passa, olio e vino. Bisogna quindi perdonarli
se decisero di procurarsi questi beni anche con la guerra”

(Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XII, 5)

Celti talvolta organizzano durante i loro banchetti dei veri duelli. Sempre armati nelle loro riunioni, si dedicano a dei simulacri di combattimento e lottano tra di loro a mani nude; arrivano tuttavia talvolta fino alle ferite, si irritano allora e se qualcuno non li separa arrivano ad uccidersi. Nei tempi antichi quando era servito un cosciotto o un prosciutto, il più valoroso se ne attribuiva la parte superiore; se un altro desiderava prenderlo, avveniva tra i due contendenti un combattimento a morte … Quando i convitati sono numerosi si seggono in circolo mentre il posto nel mezzo è riservato al personaggio più importante … colui che si distingue tra tutti per la sua abilità in guerra, per la sua nascita o per le sue ricchezze. Presso di lui siede il suo ospite e, alternativamente sulle due ali, tutti gli altri secondo il loro rango. Dietro si tengono i valletti d’armi che portano lo scudo e di fronte i portatori di lance: seduti in cerchio come i loro padroni, fanno festa nello stesso tempo. I servi fanno circolare le bevande in vasi di terracotta o d’argento … i piatti su cui sono disposte le vettovaglie sono dello stesso genere, talvolta in bronzo, altre volte in legno e vimini intrecciato. La bevanda servita dai ricchi è il vino d’Italia o della regione massaliota: lo bevono puro o, più raramente, mescolato con un po’ d’acqua; presso coloro che sono meno abbienti, si usa una bevanda fermentata a base di frumento e di miele; presso il popolo la birra che chiamano korma. Bevono dalla stessa coppa, a sorsi piccoli … ma frequenti.”

Posidonio, Storie, XXIII ( da Terrataurina.it)

La ricostruzione proposta di seguito si basa dunque sulle poche fonti scritte
e attinge invece più ampiamente alla documentazione archeologica, con
particolare riferimento ai territori abitati da Insubri e Leponzi, corrispondenti
al cuore della regione che i Romani definirono Transpadana, e che attualmente
comprende la Lombardia e il Piemonte orientale1

LINk :

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CELTI NEL MANTOVANO: LA SPADA DI MEDOLE

Databile al II sec. a.C., venne alla luce nell’estate del 1955 a Medole, in fondo S. Nazzaro. Insieme a pochi altri reperti si salvò dalla distruzione di una vasta area cimiteriale, utilizzata per secoli da Celti, Romani e Longobardi. La spada, sottoposta ad un recente intervento di restauro conservativo, è visibile da vicino presso il Museo Archeologico Nazionale di Mantova

VITA ABITUDINI E RITI FUNERARI IN UNO STUDIO SUI GALLI CENONANI

La tarda età del ferro nell’Europa continentale è caratterizzata da complessi processi demografici tra cui, tra il IV e il I secolo a.C., l’insediamento di comunità “celtiche” transalpine nella penisola italiana. Ad oggi sono disponibili solo pochi dati sulla mobilità e la migrazione di queste popolazioni. 

La tarda età del ferro (denominata culturalmente “La Tène”) dell’Europa continentale è un periodo caratterizzato da intensi scambi demici e culturali tra le regioni a nord delle Alpi (aree transalpine) e quelle a sud dell’arco alpino, come l’Italia nord-orientale ( Zona Cisalpina) (Kruta,  2009 ; Vitali,  2004 , 2011 ). Questi processi sono coerenti con la rilevanza economica delle aree alpine dalla preistoria (Gilck & Poschlod,  2021 ; Hafner & Schwörer,  2018 ; Putzer et al.,  2016), e con il suo ruolo di porta di passaggio di oggetti, persone e idee. Per l’età del ferro, ciò è dimostrato dalla diffusione verso sud di culture materiali (es. spade e spille La Tène) originarie delle regioni transalpine (Kruta,  2009 ; Vitali,  2001 ). 

Le moderne teorie archeologiche sono sempre più critiche rispetto alle ipotesi tradizionali sulle migrazioni di massa unidirezionali alla base dei modelli archeologici osservati, privilegiando piuttosto un’interpretazione più sfumata incentrata su spostamenti individuali o in piccoli gruppi e processi graduali (Anctil,  2021 e riferimenti ivi contenuti; Isayev,  2017). In ogni caso, i dati disponibili sarebbero d’accordo con le fonti greche antiche (Appianus, Dionysius of Alicarnassus) nel collocare la prima presenza importante di popolazioni “celtico/lateniane” nella penisola italiana intorno al IV secolo a.C. (Grassi,  2009 ; Kruta,  1977 , 1988 ).

Dracma padana cenomane

Poco si sa circa lo stile di vita, l’appartenenza culturale e l’origine etnica dei gruppi “celtici” distribuiti nella penisola italiana tra il IV e il I secolo a.C. Inoltre, per alcuni di questi gruppi sono disponibili dati storici, archeologici e antropologici. Questi includono i Boii, i Cenomani e gli Insubri nel nord della penisola italiana, e i Senoni nelle regioni centrali (Grassi,  2009 ). Queste popolazioni erano caratterizzate non solo dalla loro distinta distribuzione regionale e tradizioni culturali, ma anche da rapporti eterogenei (conflitti, alleanze, pacifica convivenza) con gruppi indigeni italici, etruschi e romani (Gambacurta,  2013 ; Grassi,  2009). Precedenti studi antropologici sui gruppi “celtici” nella penisola italiana si sono concentrati in particolare su Boii e Cenomani. I primi, distribuiti nell’attuale regione Emilia Romagna, sono stati oggetto di analisi paleopatologiche volte a ricostruire modelli di salute e benessere (Brasili,  1992 ; Brasili et al.,  2000 ) e di studi isotopici di paleomobilità (Scheeres et al.,  2013 ; Sorrentino et al.,  2018 ). Lo studio di Scheeres et al. ( 2013 ) si è concentrato sui rapporti isotopici di stronzio e ossigeno, mentre l’analisi di Sorrentino et al. ( 2018) includeva un confronto di variabili isotopiche (stronzio), fenetiche (tratti dentali non metrici) e archeologiche (variabilità funeraria). Entrambi gli studi hanno rivelato un’alta percentuale di individui maschi non locali nei campioni analizzati e di diversi individui che si sono trasferiti già durante l’infanzia. Questi risultati offrono alcune informazioni sulle possibili caratteristiche socioeconomiche di queste popolazioni. In particolare, sembrano suggerire (a) una situazione dinamica caratterizzata da una frequenza relativamente alta di movimenti, e (b) differenze in quest’ultima tra i sessi. Queste conclusioni confermano le aspettative basate su dati geografici, storici e archeologici. Quest’ultimo punto per tutta l’età del ferro, 2014 ; Marzatico,  2014 ; Ramsl,  2014 ; Vitali,  1996 , 2001 ). Diverse cause erano verosimilmente alla base di questi movimenti. Le fonti classiche, ad esempio, sottolineano il ruolo svolto da fattori economici e commerciali, l’attrazione per le culture transalpine esercitata da prodotti mediterranei come l’uva, i fichi, il vino e l’olio, e la necessità di appropriarsi di nuove terre per la coltivazione (Mansuelli,  1978 ; Vitali,  2011 ).

Tra i motori economici della mobilità va annoverato anche il servizio mercenario, attività tradizionalmente attribuita a questi gruppi (Hauschild, 2013 ; Vitali,  2011 ). Soprattutto durante il III secolo a.C., individui si spostarono attraverso l’arco alpino al servizio di terzi (Polibio II, 19, 1–4 e II, 34, 21 in Vitali,  2011 ).

Quando spostiamo la nostra attenzione al nord-est della penisola italiana, i dati bioarcheologici sui movimenti umani durante la tarda età del ferro sono completamente assenti. Il lavoro di Laffranchi et al. ( 2016 ) e Laffranchi e colleghi ( Laffranchi et al.,  2015 , 2016 , 2018 , 2019 ; Laffranchi, Charisi, et al.,  2020 ) ha contribuito alla ricostruzione della dieta, dell’esposizione a stressor biomeccanici e non specifici, dei ruoli di genere e differenziazione sociale tra i Cenomani (Verona). Dello stesso gruppo, tuttavia, non sono ancora disponibili dati sulla presenza e frequenza di individui non locali, e sui relativi processi di mobilità e migrazione.

LO STUDIO

Sono stati studiati i resti di un gruppo di  125 individui sepolti nella necropoli di Seminario Vescovile III -I sec a.C., i ricercatori hanno studiato i collegamenti tra il rituale di sepoltura, l’età, il sesso e la dieta. E’ il primo studio del genere condotto sulla popolazione dei Galli Cenomani.

Donna Cenomane del III sec a.C.

ll nostro studio è il primo a tentare un’esplorazione dei collegamenti tra età, sesso, tradizioni funerarie e dieta in una comunità celtica e pre-romana in Italia». Si legge questo nel sommario di una ricerca pubblicata su Plos One (qui disponibile in inglese) e realizzata da un gruppo di studiosi formato da Zita Laffranchi, Giuliana Cavalieri Manasse, Luciano Salzani e Marco Milella.

” ricostruzione” del costume di una donna Cenomane di Brescello- museo archeologico Reggio Emilia

La ricerca si è concentrata sui reperti ritrovati in tombe scavate in provincia di Verona e attribuiti al popolo celtico dei Cenomani. Analizzando denti e ossa, questa ricerca avrebbe dimostrato che gli uomini e le donne di questa comunità avevano una dieta differente, ma questa sembrerebbe l’unica differenza di genere all’interno di un gruppo che sembra vivesse senza troppe distinzioni sia di tipo sessuale che di tipo sociale.
Altro dettaglio evidenziato è il livello di erosione delle ossa, risultato essere molto simile tra i vari reperti analizzati e tendialmente superiore rispetto a quello riscontrato in altre popolazioni dello stesso periodo. Questo potrebbe significare, ancora, le poche distinzioni di genere tra i Cenomani, ma anche un maggiore stress fisico per i bambini di questa comunità.

Da veronasera.it

https://onlinelibrary.wiley.com/share/JNQIXTSJBPQXKHHXB34B?target=10.1002/ajpa.24523