IL MUSEO ARCHEOLOGICO DELLA LOMELLINA DI VIGEVANO -DAI CELTI AI ROMANI. IL CATALOGO “NON UFFICIALE”.

DAI CELTI AI ROMANI . IL CATALOGO NON UFFICIALE DEL MUSEO ARCHEOLOGICO DELLA LOMELLINA

Il “Quasi Catalogo”o il “Catalogo non ufficiale” del Museo Archeologico della Lomellina di Vigevano è nato dalla nostra passione e dalla volontà di fornire ai visitatori ed agli appassionati una breve guida delle preziose testimonianze scoperte  nella Lomellina e custodite in una meravigliosa cornice che è il castello Visconteo. (Alessandro Guerri)

IL MUSEO

Il Museo Archeologico del Castello Visconteo Sforzesco di Vigevano è un’importante istituzione culturale della Lombardia, che custodisce una ricca collezione di reperti archeologici provenienti dalle necropoli lomelline di epoca tardo celtica, La Tène e romana. Il percorso espositivo, che prende avvio dal suggestivo spazio con interni coperti da volte a crociera, offre al visitatore la possibilità di ammirare oggetti di uso quotidiano, ma anche statuine a tuttotondo e appliques per letti funebri, che conferiscono unicità ai corredi lomellini.

Le prime tracce di popolamento nella zona risalgono al Mesolitico e al Neolitico, ma sono nell’età del Bronzo e del Ferro, in cui si afferma la cultura celtica, e soprattutto in età romana che le testimonianze diventano progressivamente più abbondanti. In questo periodo, compreso tra la seconda metà del II sec. a.C. e la fine del I d.C., si assiste alla massima fioritura di insediamenti in questo territorio, come dimostrano l’abbondanza e il grande interesse dei ritrovamenti, in cui predomina il rito funerario della cremazione.

Tra i corredi esposti, significativa è la tomba di guerriero da Valeggio-cascina Tessera e il ricco corredo femminile con vaso a trottola e fibule da Dorno-cascina Grande. Si possono anche ammirare un corredo maschile proveniente da Tromello e uno femminile da Dorno, nel quale fanno comparsa i primi manufatti in vetro soffiato (balsamari, olpai, bicchieri, coppe), il vasellame in vernice nera e in terra sigillata che documentano la fase della romanizzazione. L’olpe sostituisce il vaso a trottola. La piena età romana è illustrata da questi corredi, esposti in ordine cronologico da Dorno, Zinasco, Vigevano, Gropello Cairoli. Particolarmente significativa la tomba a cassetta di laterizi proveniente da Zinasco Nuovo.

Nella sezione dedicata alla coroplastica, si possono ammirare statuine a tuttotondo, appliques per letti funebri, in bassorilievo o a tutto tondo, che conferiscono unicità ai corredi lomellini. E’ esposto anche un frammento di stele funeraria a edicola, iscritta, della seconda metà del I sec. d.C. dall’abbazia di S. Pietro a Breme, un reperto raro per la Lomellina.

Il Museo Archeologico è ubicato all’interno del complesso architettonico del castello Visconteo Sforzesco di Vigevano, nella terza Scuderia Ducale, attribuita a Leonardo da Vinci (1490) che, come ingegnere ducale, intervenne nel castello e nelle campagne vigevanesi, dove affrontò il problema della regolamentazione delle acque.

link :https://www.artribune.com/turismo/2022/09/vigevano-castello-sforzesco-museo-lomellina/

LOMELLINA: i siti dei ritrovamenti -pannello esplicativo del mueso archeologico della Lomellina di vigevano

ETA’ DEL BRONZO

Goliere ed Armille vedo figura qui sotto per la descrizione
RIPOSTIGLI DEL TERRITORIO DELLA LOMELLINA ( MUSEO ARCHEOLOGICO LOMELLINA VIGEVANO)


1 Ripostiglio di asce a margini rialzati in bronzo a vari stadi di lavorazione e
diversa percentuale di rame

Pieve Albignola. Bronzo Antico (2200-1700 a. C.)

(Deposito del Civici Musei di Pavia)



2 Ripostiglio di bronzo comprendente goliere e collari a capi aperti, armille a
spirale e un’ascia a flabello
Robbio Lomellina. Bronzo Antico-Medio (XVII-XVI secolo a. C.)


(Deposito del Civici Musel di Pavia)


3 Ripostiglio di pani di rame per fusione Evidenti i segni del prelievi per analisi condotte nel 1923 Semiona. Bronzo Recente (Xil secolo a. C.)


4 Ripostiglio di bronzi comprendente anello, pinzette, pugnale. spilloni e panelle per fusione Gropello Cairoli, Santo Spirito, Inizi Bronzo Recente (Xil secolo a.C.)

ETÀ DEL FERRO

L’inizio della prima Età del Ferro in Italia settentrionale è convenzionalmente fissato al 900 a.C. e si conclude al momento della storica invasione gallica del 388 a.C.

In questo periodo la Lomellina, occupata dal popolo dei Laevi rientra nell’ambito della cultura “protoceltica” di Golasecca, che si estendeva sull’area compresa tra Adda e Sesia, la regione dei laghi a nord e il corso del Po a sud in continuità con il Bronzo Finale e il periodo precedente .

Sembra di assistere però nella fase iniziale della prima Etá del Ferro (IX-VIII secolo a.C.) uno spopolamento della bassa pianura, come testimoniato dai pochi rinvenimenti relativi a questo periodo. Tale spopolamento è forse legato al cambiamenti climatici che, con l’aumento della piovositá hanno comportato un dissesto idrogeologico della pianura, insieme a fattori politici e sociali che hanno impedito il formarsi di realtà de- demografiche importanti 

Con il Vil secolo a.C. territorio assume nuova importanza, grazie all’esistenza di una rete di traffici attivata dagli Etruschi che, dalle coste della Liguria, per correndo la direttrice del Ticino, raggiungeva Lago Maggiore, dove era situato il principale centro golasecchiano, e da li le comunità transalpine.

L’importanza di questa direttrice risulta ben evidente a partire dal VI secolo a.C e la  ceramica d’importazione rinvenuta a Lomello insieme al vasellame metallico ritrovato a Dorno e Garlasco confermano l’inserimento del territorio lomellino in una rete di scambi di ampio portata legati all’ampliamento del centri etruschi della pianura padana e alla fondazione di un emporio etrusco a Genova alla fine del VI secolo a.C.

Durante V secolo o.C. sorgono nuovi pic- coli centro  in tutta la Lomellina e acquisisce sempre più importanza l’abitato di Gropello Cairoli Santo Spirito. Questo crescita è cetamente favorita dalla nascita di Milano, che determina la creazione di nuove dinamiche commercial lungo una direttrice nord-sud in direzione di Genova: l’abitato a Santo Spirito. era posto proprio su percorso che da Milano. lungo to vale Scrivia, raggiungeva Genova.

PRIMA ETÀ DEL FERRO- CIVILTÀ PROTOCELTICA DI GOLASECCA

Reperti celtici civiltà di Golasecca da Groppelo Cairoli Santo Spirito VI-Vsec.aC
1 tazza monoansata 
2 scodella a urlo cordonato 
3 coppa a orlo cordonato 
4 olletta 
5 bicchiere a tulipano 
6 bicchieri decorati 
7 presa  di coperchio 
8 olla ovoide
9 Olla con la spalla 
10 olla decorata 
11 brocca decorata 
12 olla con decorazione 
13 fibule 
14 borchie 
15 pendagli
16-fibula a drago in bronzo
17 Fibule a sanguisuga
18-19 parti terminali di staffa di fibula
20 strumento da toilette in bronzo
Vedi sopra MUSEO ARCHEOLOGICO LOMELLINA VIGEVANO

L’ABITATO DI GROPPELO CAIROLI

L’importante abitato di Gropello Cairoli era localizzato sull’altura di Santo Spirito creata dai depositi alluvionali del Ticino sul margine destro del fiume in una posizione favorevole al controllo del territorio.

A partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso l’altura è stata destinata a cava di sabbia e tali lavori hanno completamente asportato i depositi archeologici. I controlli durante le escavazioni hanno consentito, però, l’individuazione di un insediamento di circa cinque ettari di estensione.

L’abitato, formatosi nel corso dell’VIII secolo a.C., crescerà d’importanza nel VI e soprat- tutto nel V secolo a.C., come conseguenza dell’incremento dei commerci dell’Etruria con i paesi a nord del Po e le regioni alpine.

L’abbondante materiale ceramico raccolto documenta la compresenza di elementi golasecchiani nella ceramica fine, e lo sviluppo di forme locali e di aspetti formali della tradizione ligure nella ceramica grossolana.

I resti delle strutture individuate, realizzate con palizzate lignee e argilla, permettono di ipotizzare l’organizzazione interna dell’abitato. dove l’area insediativa, affacciata sul Ticino, era chiusa da un fossato che attraversava l’altura nel punto di minor larghezza e nei cui pressi, fuori dal centro, era localizzata una zona artigianale, documentata da un’officina per la lavorazione del bronzo.

Mancano dati certi sulla presenza di una necropoli, ma alcuni indizi inducono a ipotizzare che fosse in posizione arretrata rispetto al nucleo insediativo/produttivo.

Le attività quotidiane sono testimoniate da macine, rocchetti, fuserole, pesi da telaio e dai frammenti di piastre in argilla forate relative a piani di cottura mobili.

L’abitato di Santo Spirito. localizzato in una posizione privilegiata in un sistema di comunicazioni stradali e fluviali, riveste dunque durante la media Età del Ferro il ruolo di centro egemone sul territorio, forse insieme a Garlasco. L’altura continuerà ad essere occupata anche durante la seconda Età del Ferro

LINKS:

https://www.academia.edu/resource/work/94904863

https://www.academia.edu/resource/work/41387722

https://ipotesidipreistoria.unibo.it/article/view/10311

SECONDA ETÀ DEL FERRO-EPOCA GALLICA

Da ARSLAN -LOMELLINA NELLA SECONDA ETÀ DEL FERRO:

Un inquadramento della situazione del pavese e in particolare della Lomellina all’inizio della latenizzazione, nella seconda età del Ferro, appare oggi, dopo il riconoscimento della celticità, almeno linguistica, dei Liguri, molto più agevole che in passato.

La lettura delle fonti operata dal Gabba nel 1984 (1) trova ora una chiarezza prima non facile da riconoscere (2). I Laevi (i Laci di Polibio (3)) sono per Livio (4) popolazione ligure (mentre per Poli- bio (5) sono celti), collocata a Nord del Po, inco- lentes circa Ticinum flumen. Sull’altra riva sono gli Anares. Ad essi si sovrappone una popolazione di origine gallica, i Marici

Oggi non possiamo più dubitare che i due gruppi abbiano potuto collegarsi sulla base di comuni premesse etnico-linguistiche, come certamente è avvenuto alla fine del V secolo in molte altre aree “celto-liguri” della Cisalpina. 1 Laevi avevano par- tecipato, nel corso della prima età del Ferro, all’elaborazione e allo sviluppo delle Culture cosiddetta di Golasecca. I Marici portavano gli stimoli culturali delle culture lateniane d’Oltralpe. In altri termini, nel corso della seconda età del Ferro, si è sviluppata in Lomellina e nel Pavese una cultura lateniana su sostrato celto-ligure-golasecchiano, con due gruppi uniti (fusi?), che “condidere Ticinum non procul a Pado” (6)

Se il Po rappresenta, dal IV secolo a.C. (7), una delimitazione territoriale molto precisa, oltre la quale sono gli Anares, in tutte le altre direzioni, verso gli altri gruppi prima celto-liguri, poi celti co-lateniani, i confini appaiono molto vaghi. Ciò in particolare per la prima fase, dei Laevi golasecchiani, la cui collocazione areale ci sfugge completamente, ma anche per la seconda età del Ferro, con i Laevi Marici latenizzati, che mal si distinguono da Vertamocori, Salluvii, Libui. Così come, oltre il Ticino, appare difficile individuare il confine con il gruppo insubre (8). Dagli Insubres, infine, i Laevi-Marici risultano dipendere nel III seco- lo a.C., se non da epoca precedente. Quindi, in questa sintetica trattazione, si preferisce riferirsi all’attuale realtà territoriale della Lomellina, ben sapendo come essa appaia in gran parte artificiale, legata più alle vicende storiche moderne che a quelle antiche (9).

Un corretto inquadramento delle vicende della Lomellina nella seconda età del Ferro non può così prescindere dai precedenti della prima (10), in quanto proprio nel sostrato golasecchiano dei Laevi è da riconoscere la premessa delle specifici tà nelle epoche successive.

L’area, come si è detto, è collocata, nella prima età del Ferro (11), in un ampio spazio culturale, com- plessivamente definibile come “Golasecchiano”, ma con sensibili differenziazioni locali.

Nella Lomellina ci è possibile, infatti, riconoscere, nella documentazione materiale, caratteri specifi ci, sia nelle ceramiche, che nell’ornamentazione personale (ad esempio nel gigantismo delle fibule, che nel tempo resterà un motivo costante, fino alla romanizzazione). Tali specificità, che devono esse- re verificate in parallelo con le specificità degli altri comparti golasecchiani, nell’analisi dei quali forse talvolta si insiste più sulle concordanze che sulle discordanze, rendendo meno facile una lettu ra in termini “storici”, vengono messe in rapporto con la più facile apertura di questo territorio ai condizionamenti (persone, materiali, idee) di pro- venienza etrusca (12), se non più lontana, fino alla Daunia (13). Condizionamento giustificato dalla collocazione della Lomellina lungo uno degli assi di penetrazione principali dal Mediterraneo, dalla Liguria marittima alla Padania, all’Europa conti- nentale.

articolo completo su accademia.edu al link:

https://www.academia.edu/resource/work/16487214

Altri links:

I guerrieri di Garlasco e Gesati- ARSLAN:

https://www.academia.edu/resource/work/70818160

https://www.academia.edu/resource/work/14784071

REPERTI CELTICI DA RITROVAMENTI SPORADICI AREA LOMELLINA II-I sec. a.C

MUSEO ARCHEOLOGICO LOMELLINA VIGEVANO

1 Padella tipo monfortino e brocca ovoide carenata in bronzo Tromello

2 Dracma padana Tromello S.Stefano

3. Strigile in bronzo -Tromello S.Spirito

4 Fibule di tipo pavese in Bronzo da Scaldasole

5 Armille in bronzo decorate ad occhi di dado deformate dal rogo Valeggio Lomellina cascina Tessera

6 Armilla a larga fascia in bronzo decorata ad occhi di dado. Rosasco frazione Rivoltella

7 Ciotola treppiede in ceramica da Mortara, Sabbioni

8 Vaso piriforme, decorato o linee in rilievo Lomello, S.Giovanni Doria

9 Ciotolina troncoconica miniaturidica Garlasco , Bozzole, cavo Striello

10 Ciotola e olla decorate a incisioni
Garlasco, Bozzole, cavo Striello 

11 imboccatura di vaso a trottola con iscrizione sinistorsa graffita ESOPNOSKEPI Garlasco, Bozzole

12 Olette decorate a incisioni Groppelo Cairoli

13 Frammenti di armille in vetro fuso blu e porpora Gropello Cairoli Santo Spirito

14 Fondo di patera con iscrizione 

Graffito  ERIPOCHIOS Groppelo C. vigna Garaldi
ERIPOCHIOS N11
In primo piano fibule tipo pavese n 4- strigile in Bronzo n3 -dracma padana n2
Ollette da Groppelo Cairoli n12
Frammenti di braccialetti di vetro celtici n13

NECROPOLI CELTICHE DELLA SECONDA ETA DEL FERRO-LOMELLINA

NECROPOLI DELLA SECONDA ETA DEL FERRO – MUSEO ARCHEOLOGICO LOMELLINA VIGEVANO)


VIGEVANO, LOCALITÀ RONCHI, NECROPOLI A INCINERAZIONE
Tomba 33. Sepoltura femminile. Prima metà I secolo a. C.



1 Fusaiola decorata a incisioni 
2 Fibula in bronzo


3 Armilla in vetro biancastro rifuso dal rogo

4 Patere a vernice nera

5 -6 Tegame in impasto semidepurato

6 Ciotola a orlo rientrante e ciotola-grattugia troncoconica

7 Patere deformate durante la cottura 

8 Olette decorate a impressioni e a incisioni

DINTORNI DI VIGEVANO
Materiale sporadico da contesti tomball. II-I secolo a. C.

9 Ciotoline con fondo ombelicato Provenienza non precisable

10 Bicchiere miniaturistico
Località Ronchi

11 Ciotolina e bicchiere di piccole dimensioni
Provenienza non precisabile 

12 Cuspidi di lancia in ferro
Località Monte Oliveto 

13 Spada a codalo in ferro, con resti del fodero,deformata
Località Monte Oliveto 

14 Coltello in ferro
Località Monte Oliveto 

15 Cesole in ferro
Località Monte Oliveto

16 Strigile in ferro
Località Monte Olivato
NECROPOLI DELLA SECONDA ETÀ DEL FERRO
VELEZZO LOMELLINA, LOCALITA’ PIEVE necropoli a cremazione

Tomba 59. Sepoltura maschile, Inizio I secolo a.C
1 Coltello in ferro con resti di legno sul manico
2 Asse repubblicano in bronzo, consunto D/Giano bifronte. R/ Prua di nave
3 Anello di sospensione in bronzo
4 Cesoie in ferro con resti di tessuto mineralizzato
5 Patere acrome, imitazione della ceramica a vernice nera
6 Vasi a trottola decorati a fasce sovradipinte
7 Ciotole troncoconiche con orlo a tacche impresse
Ciotole carenate
9 Ciotole a orlo rientrante
10 Ciotola troncoconica
11 Olletta ovoide Tomba 14. Prima metà I secolo a. C.
12 Ciotola treppiede
13 Ciotola carenata
14 Olletta lenticolare
Olpi a trottola vedi sopra
GARLASCO tombe celtiche GARLASCO , necropoli ad incenerizzazione


Tomba 1  femminile III sec a.C
1 Fuseruola decorata a placche incise

2 Ciotola troncoconica e ciotolina in impasto grossolana 

3 Olla globulare
4 Brocca biconica con orlo a beccuccio cilindrico obliquo

Tomba 1a
5Armilla a due giri in bronzo e anello di sospensione in ferro entrante 

6 ciotola ad orlo rientrante e ciotolina troncoconica
7 Oletta globulare
8 Oletta situliforme decorata a impressioni


Tomba 28. Sepoltura maschile
9 Spada in ferro ancora inserita nel fodero decorato,deformata dal fuoco 

10 Elementi di catena reggispada in ferro
11 Borchie in ferro

12 Fibule in ferro

13 Armilla in sapropelle

14 Cuspide di giavellotto in ferro 

15 Lama di collello
16 Frammenti di cesoie e di impugnatura di strigile in ferro 

17 Ciotole troncoconiche in impasto semidepurato
18 Olla biconica

19 Oletta situliforme

Vedi sopra
NECROPOLI DELLA SECONDA ETA’ DEL FERRO


GARLASCO, BOZZOLE NECROPOLI A INCINERAZIONE Fine III  -Inizio IIsecolo a. C.


Tomba 8 sepoltura maschile

1 Fibule in ferro
2 Lame e impugnatura di cesoie in ferro
3 Cuspidi di lancia: conservano tracce del tessuto in cui erano avvolte 

4 Coltelli in ferro con residui di legno e tessuto 
5 Olletta globulare e ciotolina troncoconica
6 Olla biconica e vaso a trottola decorato a fasce sovradipinte

Tomba 29. Sepoltura maschile 
7 Umbone di scudo in ferro
8 Spada ravvolta nel fodero, ritualmente deformata, e punta di fodero in ferro
9 Ciotola-cineraria e ciotola in argilla semidepurata 
10 Olla globulare e vaso a trottola

Tomba 4. Sepoltura femminile
11 Borchie in bronzo
12 Fibule ed elementi di catenina in bronzo

13 Bottoni conici in bronzo, con asola interna 
14 Vetro blu rifuso dal rogo, probabile armilla

15 Ciotoline in argilla semidepurata

16 Bicchiere a corpo ovoide

17 Olletta con decorazione incisa e brocchetta

18 in argilla semidepurata
19 Ciotole-cinerarie carenate
Vaso a trottola
Vedi sopra
VALEGGIO LOMELLINA cascina Tessera necropoli ad incenerazione Temba 189, Sepoltura maschile. Seconda metà II secolo a. C.

1 Spada in ferro: la lama è ancora inserita nel fodero
2 Rasoio e cesoie in ferro
3 Fibula a molla bilaterale in ferro
4 Pinzette e anello di sospensione in bronzo
5 Punta di lancia in ferro decorata da reticolo inciso, con resti di legno mineralizzato sul manico
6 Assi repubblicani in bronzo

D/ Giano bifronte. R/ Prua ali nave. Al di sotto: ROMA

7 Vittoriato in argento D/Testa di Giove, R/ Vittoria che incorona un trofeo.
Al di sotto: ROMA
8 Umbone di scudo in ferro
9 Coltello in ferra, deformato dal rogo
10 Olle in ceramica comune modellate a mano: una à decorata a incision!
11 Quattro ciotole in ceramica comune: una è decorata a tacche Impresse sull’orlo
12 Olle e olletta in ceramica comune. modellate al tornio e a mano

Tomba 199. Fine Il-inizi I secolo a. C.
13 Cesoie in ferro
14 Asse repubblicano in bronzo, consunto
D/Giano bifronte. R/ Prua di nave
15 Patere a vernice nera: una reca il graffito IEVO
16 Ciotolina monoansata e bicchiere a spalla cordonata in ceramica comune
17 Olla globulare in ceramica comune
18 Ciotola cinerario carenata in ceramica comune
Vedi sopra

ROMANIZZAZIONE

GROPPELO CAIROLI Cascina Menabrea il corredo contiene strumenti del mondo femminile : 10 fuseruole  variamente decorate con motivi geoimpressi o con  impressioni a tacche  Le due grandi fibule di tipo pavese servivano a sostenere pesanti tessuti come quelli dei mantelli. Frequenti in età tardo celtica sono però usato fino alla prima età imperiale perché espressione della cultura locale
VELEZZO LOMELLINA località Pieve tomba 53 L’attaccamento alla cultura locale è rappresentata dalla ciotola carenata a due anse e dalle ollette dall’impasto semidepurato

Vedi sopra – MUSEO ARCHEOLOGICO LOMELLINA VIGEVANO)
VELLEZZO LOMELLINA. Statuetta di mulo segno della presenza di influssi romani
MUSEO ARCHEOLOGICO LOMELLINA VIGEVANO

GROPELLO CAIROLI, località Marone – tomba II GAMBOLÒ, Dosso della Guardia – tomba 21 Seconda metà del I secolo a.C.

Gli oggetti del due corredi in vetrina rispecchiano di fondo la tradizione culturale indigena, ma contengono alcuni manufatti indicativi della penetrazione commerciale (e culturale) romana.

Il corredo di Gropello Cairoli piuttosto semplice e ridotto nella composizione, accanto a oggetti tipici del periodo tardo celtico, come il vaso a trottola e le ciotole carenate, contiene una lucema dal serbatoio biconico e dal beccuccio ad ancora, che imita analoghi esemplari laziali, di solito a vernice nera. Il vaso a trottola, un contenitore per il vino dalla stretta imboccatura che veniva chiusa con un fappo, e le ciotole, oggetto di utilizzo comune sulla tavola. sono invece di produzione locale.

Ugualmente la tomba di Gambolò accanto alle più tradizionali ollette. decorate e non, e al piatto tegame verosimilmente prodotti in loco. presenta un oggetto di importazione, una grande patera a vernice nera di buona qualità, che sulla tavola era utilizzata per servire il cibo.
DORNO – CASCINA GRANDE   Corredo femminile seconda metà del  I sec a.C . Incenerizzazione indiretta. Sono presenti fibule bronzee di varie dimensioni, ceramica tra cui un olpe a trottola , una Armilla di vetro deformata dal fuoco.

BIBLIOGRAFIA UTILE E LINKS:

PROBLEMi DI ARCHEOLOGIA LOMELLINA: UN GRUPPO DI TOMBE DAL PODERE PANZARASA DI GROPPELLO CAIROLI , GIOVANNA ARATA RAC 166 anno 1984 pag 41-121

LA NECROPOLI DI DORNO LOCALITÀ S.MATERNO , MARIA VITTORIA ANTICO GALLINA ,RAC 167 pag 113-162

LA NECROPOLI ROMANA DI OTTOBIANO , GLORIA VANNUCCI LUNAZZI RAC 168 anno 1986 pag 47-104

LINKS:

https://www.academia.edu/resource/work/45157862

https://www.academia.edu/resource/work/1308207

ROMANITÀ

CASSOLNOVO, località Brugarolo – tomba 1 località Gerassa – tomba 1 Prima metà I secolo d.C.

Due corredi tombali ritrovati nel territorio di Cassolnovo si distinguono per la presenza di ceramica ottenuta da matrice, che imita nella forma e nella decorazione il prezioso vasellame metallico ed è rivestita di vetrina verde all’esterno e gialla all’interno.

La tomba di Cassalnovo località Brugarolo era probabilmente una sepoltura femminile, come suggeriscono i balsamari in vetro e l’anello a spirale. Tra i materiali di corredo, spicca lo skyphos (coppa biansata per bere) in ceramica invetriata, decorato da due tralci di vite contrapposti con una rosetta a otto petali al centro. Il rilievo è di notevole qualità tecnica e la resa della decorazione molto naturalistica.

Cassalnovo Brugarolo- Balsamari e skyphos a motivi vegetali( vite) prima metà I sec d.C -MUSEO ARCHEOLOGICO LOMELLINA VIGEVANO

Da Cassolnovo loc. Gerassa proviene un altro corredo femminile: esso è composto da una patera a vernice nera, da una ciotolina in terra sigillata, che reca sul fondo il bollo del fabbricante AE NC racchiuso nella caratteristica planta pedis, e da diversi balsamari. L’oggetto più importante è lo skyphos invetriato, decorato in questo caso da tralci d’edera contrapposti e da nastri annodati al di sotto delle anse. Il rilievo è di buona tecnica e il gusto della decorazione di carattere naturalistico.

Gerassa -balsamari e skyphos con foglie di edera . prima metà del I secd.C.

ALAGNA LOMELLINA, cascina Guzza – tomba 4  DORNO, cascina Grande – tomba 33 Primi decenni del I secolo d.C.

Tra la fine del I secolo a.C. e i primi decenni del I d. C.. in Italia settentrionale, si affermano alcune officine di ceramistiche producono vasellame in terra sigillata realizzato a matrice dalle forme tipiche e con decorazioni caratteristiche. Tra i più famosi sono Sarius Surus e C. Aco Diophanes, che “firmano” i loro prodotti con un’iscrizione a rilievo nel corpo del vaso.

Bicchiere tipo ACO – MUSEO ARCHEOLOGICO LOMELLINA VIGEVANO



Creazione di Sarius è la coppa biansata ad alto orlo, dal corpo decorato a motivi vegetali, come quella della tomba di Alagna, mentre è tipico delle officine di Aco il bicchiere troncoconico decorato da motivi vegetali e dalla riproduzione dell’intelaiatura di un canestro, come nell’esemplare di Dorno che è firmato. Con il tempo, tuttavia, le stesse forme sono prodotte dai diversi ateliers. Benché l’utilizzo delle matrici permetta una produzione in serie, si tratta di manufatti raffinati, realizzati da artigiani famosi.

Anche gli altri oggetti dei due corredi indicano l’adozione di prodotti commerciali romani, mentre l’attaccamento alle consuetudini locali si esprime nella scelta dei cinerari: la ciotola carenata ad Alagna, l’olla di impasto grezzo a Dorno.



Interessante nel corredo di Alagna l’anello, benché rovinato dal rogo. che porta impresso nel castone il volto di un satiro barbato.

Anello con satiro barbato Alagna Lomellina
Oggetti di vetro in primo piano .dietro coppa biansata a motivi floreali di Sarius Surus e bicchiere a tulipano

ZINASCO NUOVO, località La Madonnina Tomba a cassetta Primi decenni del I secolo d.C.

Nella vetrina si presenta la ricostruzione di una sepoltura ritrovata all’interno di una fossa rivestita da sei tegoloni. Il corredo, piuttosto ricco, comprendente sia oggetti combusti dal rogo sia integri, era distribuito tra l’interno e l’esterno della cassetta.

Assai interessanti appaiono i manufatti deposti intatti dentro la cassetta di laterizi. La duplicazione di alcuni esemplari (le olpai, le lucerne, gli specchi) e la concentrazione di reperti ossei in punti diversi della sepoltura fanno pensare alla deposizione nella stessa tomba di almeno due individui. La presenza di fusaiole e balsamari, inoltre, fa ritenere che si trattasse della sepoltura di individui di sesso femminile.

L’analisi dei manufatti porta a ipotizzare che le due donne fossero morte a poca distanza di tempo l’una dall’altra, in un arco cronologico. compreso tra l’età augustea e quella tiberiana.

Zinasco Nuova Località Madonnina – MUSEO ARCHEOLOGICO LOMELLINA VIGEVANO

BIBLIOGRAFIA E LINKS:

RAC 190 anno 2008 pag 67 -156 Il vasellame “tipo Sarius”: ceramica romana di tradizione ellenistica in Italia settentrionale
MARIA PAOLA LAVIZZARI PEDRAZZINI

Coppe tipo Surus – decorazione sopra da Pavia scavi del tribunale fine I sec a C-inizi I sec d.C – coppa sotto da Alagna Lomellina ora a Gambalò fine I sec a.C – inizio I sec d. C ( DA RAC 190)

https://www.academia.edu/resource/work/3681796

ARA VOTIVA DA LOMELLO

La scena rappresenta la libagione compiuta sull’altare da Manillo Giusto, prima del sacrificio di un torello addobbato delle sacre bende. Il dedicante, vestito della toga e con il capo coperto. celebra rito alla presenza delle immagini degli antenati collocate su plinti.

Si tratta di una delle rare testimonianze di scultura di età romana conservate in Lomellina.

Come riporta l’iscrizione, il personaggio, con l’offerta della vittima e la posa dell’altare, scioglie un voto a una divinità il cui nome non è conservato. Manillus doveva essere un facoltoso membro dell’élite locale, come prova la solennità del rito. Le pettinature del personaggi e gli accurati caratteri dell’epigrate indicano una datazione intorno al 25-50 d.C. L’altare in marmo di Candoglia è stato privato del
basamento e del coronamento per essere riutilizzato, a scopo decorativo, in una muratura del battistero di Lomello, probabilmente nel Medioevo. Alla fine dell’Ottocento venne portato a Vigevano e murato prima nel Municipio poi a Palazzo Roncalli ove ora si trova un calco sostitutivo.



T MANILIVS SAL F IVSTVS MVSLM

Tito Manillo Glusto figlio di Salvio con gratitudine, sciolse il voto, volentieri, meritatamente

Ara VOTIVA da LOMELLO I sec. d.C.

Link: https://www.vigevanostoria.it/da-lomello-a-vigevano-lara-di-manilius-iustus/

STELE DI DEFUNTO PUBLIO CORNELIO FRONTONE

La stele infissa verticalmente nel terreno contrassegnava il sepolcro celebrando il defunto. I monumenti funerari sono frequenti nel mondo romano, ma rari in Lomellina 4’esemplare da Breme è quindi di eccezionale importanza nonostante la sue frammentarietà, mancano infatti le parte inferiore e la decorazione sul lato destro, che era speculare a quella di sinistra

La stele ha le forme di un tempietto con frontone decorate da una testa di Medusa e da rosette . La Medusa, circondata da serpentelli ha anche valore apotropaico ( scaccia il malocchio e gli spiriti maligni) L’iscrizione commemorativa è inscritta all’interno di un apposito riquadro delimitate de lesene coronate da capitelli corinzi. La parte terminale è invece distrutta e non è possibile risalire al nome della moglie . Seguivano poi in genere i nomi dei figli e dei liberti. L ‘uomo è vissuto in Lomellina nela seconda metà del I sec. d.C. come indica la tipologia della stele e l’ ‘accuratezza ed il tipo di caratteri .



TFI P CORNELIUS M FRONTO SIBI ET ….TATE CONI….

Per disposizione testamentaria Publio Cornelio Frontone, figlio di Marco fece innalzare il monumento per sé e per la moglie …

VETRI

GROPELLO CAIROLI, podere Castoldi – tomba 14 Seconda metà I secolo d. C.
Tra le sepolture ritrovate nel podere Castoldi, la tomba 14. verosimilmente femminile, si distingue per la presenza di manufatti in vetro ben conservati: si distingue in particolare la raffinata brocca in vetro blu soffiato a stampo e decorata a baccellature, utilizzata sulla mensa per servire le bevande,
Anche lacolombina di piccole dimensioni, in vetro soffiato liberamente. costituisce un oggetto di lusso: la sua forma ricorda l’animale sacro alla dea della bellezza Venere. All’interno sono ancora conservate le tracce del suo contenuto, probabilmente un profumo o un unguento per il corpo. Per utilizzarlo, si sarebbe dovuta spezzare la coda oppure il becco.
Un ulteriore rimando a Venere sembra presente anche nella statuetta in terracotta raffigurante Amore e Psiche: Il personaggio maschile reca infatti nella mano sinistra una colomba.
Completano il corredo uno specchio in bronzo, un balsamario tubolare in vetro, una lucerna in terracotta ed alcuni oggetti impiegati sulla tavola: una coppetta a pareti sottile ed un piatto in terra sigillata,

COROPLASTICA LOMELLINA

COROPLASTICA LOMELLINA animali
Vignaiolo

https://www.academia.edu/resource/work/7700895

APPLIQUES DEI LETTI FUNEBRI

COROPLASTICA letti funebri Lomellina I sec d.C

Ad imitazione del lusso . Si tratta di APPLIQUES che venivano posizionate soprattutto nel I sec d.C. sui letti funebri ad imitazione di quelli di lusso. Costituite da materiali ceramici dovevano imitare i ben più preziosi intarsi in osso avorio o metalli presenti in letti ben più preziosi.

COROPLASTICA letti funebri Lomellina I sec d.C

Ne sono rinvenute soprattutto in necropoli del territorio della Lomellina, dove probabilmente erano prodotte, data la grande e quasi esclusiva diffusione in quest’area.

Links:

https://iris.unipv.it/handle/11571/29353

COROPLASTICA letti funebri Lomellina I sec d.C
OTTOBIANO APPLIQUES letti funebri .disegno da rivista RAC n 168 del 1986
OTTOBIANO APPLIQUES letti funebri .disegno da rivista RAC n 168 del 1986

GIOCARE A DADI O CON LE PEDINE

VARIE

IL TESORETTO DI MORSELLA

Tesoretto di Antoniniani dalla località Morsella

Il tesoretto è costituito da circa 1.400 antoniniani, monete della fine del III secolo d.C. prevalentemente di Gallieno ma anche di Claudio il gotico fino ad Aureliano Sono state rinvenute nel 1978 a seguito delle ricerche del Gruppo Archeologico Milanese coordinate dalla Sovraintendenza, successive a dei lavori di aratura di un campo. Erano interrate insieme ad un’olla fittile che originariamente le conteneva. Probabilmente sono state nascoste a seguito del periodo di grave instabilità politica e dei confini. Io e mio papà eravamo lá nel 1978 e non vi posso esprimere l ‘emozione nel vederle,sempre con mio padre ora, esposte al museo.

Tesoretto di Morsella
Tesoretto di Morsella
Tesoretto di Morsella

COLLEZIONE STRADA

La raccolta costituita da 260 oggetti appartenenti ad un arco cronologico che va dalla preistoria all’età rinascimentale, ma particolarmente ricca in relazione all’età della romanizzazione della Lomellina (II – I secolo a.C.) e alla prima epoca imperiale (I – II secolo d.C.). Per la maggior parte rinvenute a seguito di lavori agricoli, sono testimonianze che quasi certamente provengono da corredi funerari e il loro stato di conservazione è in molti casi eccellente. Si va dalle ceramiche di uso comune, alle terrecotte figurate, agli oggetti d’ornamento, agli utensili di metallo. E ai vetri. Tra questi spicca un pezzo eccezionale nella produzione vetraria del primo secolo dopo Cristo: una coppa in vetro verde chiaro, con decorazioni a girali d’acanto e tralci di vite, unico esemplare integro tra i pochissimi a noi noti, cinque in tutto, dal maestro vetraio Aristeas. Una meraviglia di fattura mediorientale destinata ad una famiglia facoltosa e di rango. Sempre tra i vetri, materiale distintivo della collezione, vanno citate, per integrità e qualità, anche la pisside in vetro blu e l’anforetta porpora con decorazione piumata in bianco

Link: https://wp.me/paEVnZ-1wQ

LE NUOVE SCOPERTE ARCHEOLOGICHE IN LOMELLINA :

LE PIU RECENTI SCOPERTE ARCHEOLOGICHE IN LOMELLINA E VIGEVANO

LA PRIMA CITTÀ IN TRANSPADANA: CELTI GOLASECCHIANI A CASTELLETTO TICINO.

UNA MOSTRA DEL 2009 DA RIVIVERE

La più antica città di Traspadana non è nata a Milano ma sulle sponde del Ticino sul lago Maggiore dove oggi sorge Castelletto Ticino. Riproponiamo qui gli studi presentati nella mostra “L’Alba della Città” organizzata nel 2009 dalla soprintendenza archeologica del Piemonte. il momento di avvio del primo centro protourbano dell’Italia nord-occidentale. Fanno rivivere quel tempo i reperti provenienti dagli scavi condotti dalla Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte a Castelletto Ticino – località Croce Pietra (Via del Maneggio, Via Aronco, Via Repubblica), dove tra la fine del IX ed il VII secolo a.C. sorgeva una delle più arcaiche necropoli del Basso Verbano, caratterizzata da un’organizzazione monumentale con strutture a recinto e marginata da grandi stele in pietra, quale la stele della Briccola, protagonista dell’evento.

Primo nell’Italia nord-occidentale e tra i centri della cultura di Golasecca, anche se seguito a breve distanza cronologica da Como, il centro protourbano di Castelletto Ticino – Sesto Calende si mostra dunque poco prima del 650 a.C. ormai pronto ad assumere un ruolo rilevante economico e politico nel rapporto con le grandi città etrusche. La centralizzazione del controllo su un vasto territorio agricolo e sulle vie di traffico, a partire dall’asse fondamentale del Ticino, la possibilità di concentrare e organizzare in un unico centro, assicurando il prelievo di adeguate risorse alimentari dal territorio, un importante numero di artigiani e maestranze esperte a servizio della navigazione fluvio-lacuale, consente alle elite golasecchiane di offrire materie prime e servizi ai mercanti etrusco-italici, ricavandone un notevole incremento di ricchezza e quegli oggetti ed usi collegati al lusso signorile che sanciranno la loro distinzione sociale. In questo senso il disco-corazza tipo Mozzano in bronzo raffigurato sulla stele della Briccola, tipico dell’armamento etrusco-italico tra la fine dell’VIII e la prima metà del VII secolo a.C., costituisce il primo riscontro diretto del rapporto dei guerrieri golasecchiani con il mondo etrusco-italico e distacca definitivamente la stele della Briccola da quelle protoceltiche coeve del Mediterraneo occidentale, dalla Francia meridionale alla Penisola Iberica.

https://web.archive.org/web/20130817085559/http://albadellacitta.it/index.htm

Da http://archeo.piemonte.beniculturali.it/index.php/it/biblioteca/91-editoria-cataloghi-mostre/706-l-alba-della-citta

SOMMARIO

Presentazioni

pp. 7-9

La necropoli settentrionale e l’evidenza della costituzione del centro protourbano di Castelletto Ticino Filippo Maria Gambari

pp. 13-18

Le pietre dei signori del fiume: il cippo iscritto e le stele del primo periodo della cultura di Golasecca Filippo Maria Gambari

pp. 19-32

Le necropoli in località Croce Pietra Raffaella Cerri

pp. 33-35

La necropoli di via del Maneggio Raffaella Cerri, Mauro Squarzanti

pp. 36-62

Castelletto Ticino, considerazioni geoarcheologiche inerenti il sito di via del Maneggio Cristiano Nericcio, Caterina Ottomano

pp. 63-64

L’insieme litico tardiglaciale di via del Maneggio. Studio preliminare tecnofunzionale Gabriele Luigi Francesco Berruti, Stefano Viola

pp. 65-74

Annotazioni preliminari al catalogo dei reperti e delle strutture Raffaella Cerri

pp. 75-82

Catalogo dei reperti e delle strutture. Via del Maneggio, scavi 2001-2003 Raffaella Cerri

pp. 83-157

Appendice al catalogo dei reperti e delle strutture. Via del Maneggio Mauro Squarzanti

pp. 159-160

Tavole a colori

pp. 161-176

La necropoli di via Aronco Mauro Squarzanti

pp. 177-182

Catalogo dei reperti e delle strutture. Via Aronco, scavo 1988-1989 Raffaella Cerri, Mauro Squarzanti

pp. 183-192

La necropoli di via Repubblica Mauro Squarzanti

pp. 193-195

Catalogo dei reperti e delle strutture. Via Repubblica, scavo 2002 Mauro Squarzanti

pp. 197-202

Considerazioni cronotipologiche Raffaella Cerri

pp. 203-208

I roghi funerari: una chiave di lettura per il paesaggio vegetale e per il rituale funebre Sila Motella De Carlo

pp. 209-224

Il gruppo umano di Castelletto Ticino, località via del Maneggio: paleobiologia e aspetti del rituale funerario Elena Bedini, Francesca Bertoldi, Emmanuele Petiti

pp. 225-240

Analisi paleonutrizionali: la ricostruzione delle abitudini alimentari Fulvio Bartoli, Elena Bedini

pp. 241-245

Un particolare aspetto del rituale funerario: i frammenti di ossa animali della sepoltura infantile T.17/01 Elena Bedini, Emmanuele Petiti

pp. 247-249

Bibliografia

pp. 251-258

Itinerari : https://www.vagabondiinitalia.it/la-cultura-di-golasecca-in-riva-al-ticino/

LEPONTI : NUOVE SCOPERTE IN TICINO A GIUBIASCO

Palasio alcune tombe con corredi, mentre 30 sepolture riemergono tra il viale 1814 e via Ferriere: trovati qui anche 4 tumuli, una novità in Ticino.

TRANSPADANA , RAETIA AI TEMPI DI AUGUSTO

Doppia importante scoperta archeologica a Giubiasco: nelle scorse settimane in una grande parcella di terreno situata tra il viale 1814 e la via Ferriere, durante i lavori per una nuova edificazione, sono emerse una trentina di tombe da riferire all’Età del Ferro, risalenti perciò al Sesto-Quinto secolo avanti Cristo. Il terreno – spiega l’Ufficio cantonale dei beni culturali in un comunicato stampa – era occupato da una serie di edifici a carattere industriale, demoliti per lasciare spazio alla costruzione di un palazzo residenziale, nel frattempo quasi giunto a tetto. Ma non è tutto: alcune centinaia di metri verso montagna, in via Rompeda nella zona del Palasio, area conosciuta da decenni dal profilo archeologico, sempre nel corso di un cantiere edile di dimensioni più ridotte sono emerse alcune tombe, pure risalenti all’Età del Ferro. In questo caso una sepoltura conservava un vaso pre-trottola, una ciotola e un bicchiere a calice in ceramica, così come due fibule in ferro, indica a ‘laRegione’ Rossana Cardani Vergani, caposervizio archeologia dell’Ufficio beni culturali, responsabile delle operazioni di scavo, ricerca, catalogazione e conservazione dei reperti. Cardani Vergani ricorda che «grazie alla raccolta dati della Mappa archeologica del Cantone Ticino, lavoro iniziato a fine anni 90, oggi l’Ufficio dei beni culturali è in grado d’inserire nei Piani regolatori (Pr) i cosiddetti Perimetri d’interesse archeologico (Pia)». E come detto la zona del Palasio, con le sue 700 sepolture emerse dagli anni 60 fino a oggi, rientra notoriamente in una di queste aree d’interesse.

Materiali celtici dalla tomba 423 di Giubiasco

‘Potrebbero cambiare la storia di questa grande area sepolcrale’

Lo scavo tra il viale 1814 e via Ferriere è ancora in corso (si concluderà a fine dicembre) e sta riportando alla luce un numero considerevole di sepolture a inumazione e cremazioni singole. Se i corredi che accompagnano le oltre trenta tombe finora scavate sono ricchi e interessanti – indice quindi di una popolazione che le vie di transito hanno reso di ceto alto –, stando al Servizio archeologico la grande sorpresa sta nei quattro grandi tumuli presenti, “una prima assoluta per il Ticino”. Il tumulo rimanda infatti alle famose tombe etrusche, dove una struttura costruita ‘a collina’ racchiudeva sepolture di grande importanza. I tumuli giubiaschesi verranno aperti in sequenza nei prossimi giorni. La tomba principale lo sarà nel corso della presentazione alla stampa in agenda il 28 novembre: “Le aspettative al proposito sono grandi e, se confermate, cambieranno la storia di questa grande area sepolcrale”.

La brocca in bronzo a becco d’anatra trovata nove anni fa

Tornando in via Rompeda, in zona Palasio già nel 2013 era stata scoperta una necropoli, «dalla quale sono state riportate alla luce una trentina di sepolture a inumazione, caratterizzate da ricchi corredi perlopiù maschili da riferire all’Età del Ferro». Un’area nota fin dal 1906, «in quanto (seppur in modo sporadico) nelle vicinanze erano state rinvenute alcune sepolture», precisa Cardani Vergani. Le tombe di via Rompeda sono dunque legate alla Necropoli del Palasio, visto che sono state trovate a pochi metri di distanza da essa. Ricordiamo che uno degli oggetti di maggior pregio riportati alla luce nel 2013, è stata una brocca in bronzo a becco d’anatra: una rielaborazione dei Leponti – popolo stanziato nelle Alpi centrali che alcuni secoli a.C. era presente pure nella zona di Bellinzona, ad Arbedo e, appunto, Giubiasco – di un modello tipico etrusco per servire il vino nei simposi. La brocca è stata esposta una prima volta nella casa comunale di Giubiasco assieme ad altri oggetti ritrovati nella necropoli per alcuni mesi nel 2016; oggi è l’‘oggetto simbolo’ presso il Museo di Montebello.

Tomba 31 Castione Bergamo d’Arbedo

Zone archeologicamente sensibili

Se da un lato il ritrovamento di reperti antichi genera sempre stupore e curiosità, dall’altro può anche provocare alcuni malumori per le ditte che devono parzialmente rallentare il cantiere. Tuttavia, l’istituzione di zone archeologicamente sensibili genera trasparenza: in questo modo le società di costruzione sono a conoscenza che il cantiere potrebbe, molto probabilmente, subire alcuni ritardi, di cui quindi si tiene conto al momento della pianificazione dei lavori. «L’inserimento a Pr dei Pia fa sì che ogni intervento previsto nei terreni che vi fanno parte venga annunciato al Servizio archeologico cantonale, che ha il dovere di preavvisare la domanda di costruzione o la notifica», rileva Cardani Vergani. «Il preavviso (di regola favorevole con condizioni) indica un solo obbligo agli istanti, che in base alla Legge sui beni culturali, sono tenuti a preavvisare per tempo l’inizio dei lavori, in modo che dai primi movimenti di terreno il Servizio sia presente e controlli la possibile presenza di sostanza archeologica».

Dal ritrovamento allo studio, fino all’esposizione, passando dal restauro

Ma concretamente cosa succede quando viene accertata la presenza di reperti archeologici in un cantiere? «Lo scavo meccanico viene interrotto e gli archeologi iniziano il loro intervento manualmente; solo in questo modo infatti la sostanza antropica ancora presente nel terreno viene identificata, rilevata e documentata, così che se ne possa ricostruire l’evoluzione», sottolinea la caposervizio. «Lo scavo scientifico condotto da archeologici permette così di riportare alla luce strutture legate a insediamenti, fortificazioni, luoghi di culto, necropoli, per citare i ritrovamenti più comuni. Accanto ai reperti immobili, l’indagine riconsegna molto spesso grandi quantità di reperti mobili integri o in frammenti: corredi da sepolture, oggetti di uso quotidiano da insediamento, armi da luogo difensivo». Ovviamente il percorso di un reperto archeologico non si ferma dopo il ritrovamento a seguito di uno scavo: in un secondo tempo si procede infatti con «la conservazione, il restauro, lo studio, la valorizzazione e infine l’esposizione».

Tomba 108 Cerinasca d ‘Arbedo

Il Cantone possiede oltre quarantamila reperti mobili

Cardani Vergani precisa poi che «i reperti mobili diventano per legge di proprietà dello Stato, mentre quelli immobili (se non distrutti) rimangono ancorati al terreno e quindi sotto la responsabilità del suo proprietario». In generale in Ticino sono stati mappati «circa tremila siti archeologici» e il Cantone possiede «più di quarantamila reperti mobili». Di questi ne sono stati esposti «unicamente un migliaio. Una minima parte, se si considera la grande ricchezza della collezione archeologica: dai vetri romani (una delle maggiori collezioni a livello europeo), ai numerosi reperti in ceramica, ferro, bronzo, argento e oro, che dal Neolitico ci portano all’alto Medioevo, ai frammenti di dipinti murali del pieno Medioevo».

Collezione destinata a crescere ancora

Una collezione, quella di proprietà dello Stato del Cantone Ticino, che, visti i frequenti nuovi ritrovamenti archeologici, è «destinata a crescere negli anni. Una collezione che tutti auspichiamo sempre di più diventi appannaggio non solo degli specialisti», ma di tutta la popolazione. Articolo di Fabio Barenco tratto da “la regione.ch”

ALTRI LINKS SULLA SCOPERTA:

Dopo 2500 anni aperte le tombe di Giubiasco

Dopo 2500 anni aperte le tombe di Giubiasco

https://www.rsi.ch/news/ticino-e-grigioni-e-insubria/A-Giubiasco-i-tesori-dellet%C3%A0-del-Ferro-15822394.html

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LA NECROPOLI DI GIUBIASCO

VOLUME 1:

https://www.academia.edu/resource/work/1818129

VOLUME 2:

https://www.academia.edu/resource/work/1818119

VOLUME 3

https://www.academia.edu/resource/work/1818136

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IL NUOVO MUSEO AL CASTELLO DI BELLINZONA.

Da M4.ti.ch

Archeologia Montebello – Il nuovo percorso espositivo all’interno del Castello di Montebello, Bellinzona

Dopo alcuni anni di interventi, svoltisi a tappe e seguiti dalla Sezione della logistica (Dipartimento delle finanze e dell’economia), e con un allestimento museale rinnovato a cura del Servizio archeologia, il Castello di Montebello ha riaperto al pubblico con un nuovo concetto espositivo, più innovativo e dal taglio divulgativo.

La nuova entrata al percorso espositivo “Archeologia Montebello”

La visita al maniero, trasformato architettonicamente al suo interno nel 1974 su progetto degli architetti Mario Campi, Franco Pessina e Niki Piazzoli, è organizzata in due distinti spazi.

Al Palazzetto – attraverso vecchi documenti, disegni, fotografie d’epoca e progetti architettonici – è presentata la storia del castello, dalla sua edificazione avvenuta alla fine del XIII secolo, passando attraverso gli ampi lavori di restauro e di ricostruzione del periodo 1902-1910, per giungere all’ultimo importante intervento architettonico risalente agli anni ’70 del secolo scorso.

La torre del castello ospita invece un’esposizione archeologica dove è presentata una selezione di rinvenimenti del territorio ticinese, con particolare attenzione alla regione del Bellinzonese e delle valli superiori. I reperti, tra cui alcuni pezzi rari e di pregio come ad esempio la brocca a becco d’anatra da Giubiasco-Palasio esposta all’entrata, invitano il visitatore alla scoperta di questo territorio attraverso elementi, legati alle risorse naturali e alla presenza umana, che lo caratterizzano fin dai tempi più remoti.

Brocca a becco d ‘anatra

La visita al mastio si sviluppa in verticale seguendo il filo del tempo in ordine cronologico, dal basso (il periodo più antico, il Mesolitico) verso l’alto (il periodo più recente, la Romanità). La sequenza – suddivisa in quattro piani espositivi, intercalati da tre piani evocativi – richiama le modalità della ricerca sul terreno, che riporta alla luce le testimonianze in base a una lettura stratigrafica: gli strati più profondi racchiudono gli elementi più antichi, quelli più superficiali i più recenti. In ogni piano la “Carta del tempo” ideata dall’Associazione Archeologica Ticinese e i relativi riferimenti cromatici ricordano al visitatore a quale epoca appartengono gli oggetti esposti e in quale contesto essi si inseriscono.

Estratto della “Carta del tempo” elaborata dall’Associazione Archeologica Ticinese

Una volta giunti al cosiddetto Belvedere, alcune vedute mostrano la morfologia attuale del territorio, mettendo l’accento sugli aspetti geografici.

Un altro percorso scende invece ai piani inferiori, dove si possono approfondire alcune tematiche: l’introduzione nelle nostre terre della prima forma di scrittura, avvenuta durante l’età del Ferro, e la sua diffusione, in epoca romana; l’abbigliamento, ossia come vestivano e si adornavano le nostre antenate e i nostri antenati; i riti funerari in uso nell’antichità.

Un approfondimento tematico dedicato all’introduzione della scrittura nelle nostre terre

Una guida in quattro lingue scaricabile su smartphone accompagna il visitatore lungo tutto il percorso espositivo.

Link:

https://www.rsi.ch/news/ticino-e-grigioni-e-insubria/Scoperta-una-necropoli-a-Moghegno-15221758.html

LEPONTI : I CELTI DELLE ALPI TRA COMO E TICINO

Tratto dal depliant della mostra ” LEPONTI TRA MITO E REALTÀ”Locarno anno 2000

Particolare della testa del toro in cui si può osservare al cura nella resa dei dettagli Ticino, Giubiasco(?). Tomba 262 – IV sec. a.C

La riscoperta dell’importanza e dell’esatta localizzazione della popolazione alpina dei Leponti è un’acquisizione della moderna archeologia protostorica.

Scarse e brevi sono infatti le notizie le notizie delle fonti letterarie antiche greche e romane, e non anteriori alla metà circa del II sec. a.C. quando Catone il Censore, a proposito delle tribù dell’area alpina e subalpina, ci informa che «i Leponti e i Salassi sono di stirpe taurisca», notizia ripresa oltre due secoli dopo da Plinio il Vecchio. Quest’ultimo riferisce inoltre una curiosa interpretazione del nome dei Leponti basata su una falsa etimologia greca: questo popolo sarebbe stato così chiamato perché «discendente dai compagni di Ercole abbandonati li per aver avuto le membra congelate durante il passaggio delle Alpi» (in greco, infatti, il verbo ‘abbando- nare’ suona ‘leipein’). Plinio aggiunge poi che la popolazione «leponzia» degli Uberi è stanziata presso le sorgenti del Rodano.

Da Strabone e da Giulio Cesare (I sec. a.C.) si desume infine qualche indizio sulla nozione dell’ampiezza in senso sud-nord del territorio dei Leponti. Il primo afferma che al di sopra di Como, posta alla base delle Alpi, abitano da un lato Reti e Vennoni, rivolti ad oriente, dall’altro Leponti, Tridentini e gli Stoni, e un gran numero di popoli che occupavano un tempo l’Italia», mentre il secondo osserva che il Reno nasce nel paese dei Leponti che abitano sulle Alpi.

La documentazione archeologica ha dimostrato come i Leponti facessero parte di un più ampio raggruppamento culturale, denominato civiltà di Golasecca, comprendente anche altre popolazioni, come quelle stanziate nella regione di Milano (Insubri) e fra Como e Bergamo (Orobi). Esse svolsero un ruolo importantissimo di intermediari negli scambi commerciali dal VII agli inizi del IV secolo a.C. tra Etruschi e Celti transalpini. Le invasioni galliche del 338 a.C. posero fine a questi fiorenti commerci tra mondo mediterraneo ed Europa centrale.

I Leponti, popolazione alpina della civiltà di Golasecca, continuarono a mante nere a lungo le proprie tradizioni culturali, ma ben presto subirono dapprima l’influenza della nuova civiltà di La Tène, introdotta nella pianura padana dai Celti (Galli) invasori, e in seguito quella romana di età tardo repubblicana.

Territorio dei Leponti e degli altri popoli della civiltà di Golasecca

Nonostante le profonde trasformazioni determinate da questi processi di acculturazione, ancora in età romana imperiale si manifestano nella regione dei Leponti tratti peculiari e autonomi.

I TRAFFICI ED IL COMMERCIO

Nelle civiltà antiche il vasellame metallico rappresentò sempre un prodotto di lusso utilizzato dalle classi sociali superiori: nei servizi per bere durante fe ste e banchetti; durante riti; come og getto di corredo nelle tombe più ricche. Lo studio analitico dei corredi funerari con vasellame bronzeo di importazio ne etrusca ha evidenziato che esso ve niva apparentemente deposto quasi esclusivamente nelle tombe di uomini. Un sicuro caso di corredo femminile con una Schnabelkanne è quello della tomba 1 di Pazzallo presso Lugano.”

Nell’ambito della cultura di Golasecca tra VIII e IV sec. a.C. si conoscono almeno duecentocinquanta vasi di metallo. La documentazione archeologica proviene per quattro quinti dalle necropoli di sole quattro aree: dintorni di Como, Golasecca, dintorni di Bellinzona, Castaneda, con un graduale spostamento nella frequenza dei rinvenimenti dall’area lombarda (VIII-VI sec.a.C.) a quella leponzia (a partire dal V sec. a.C. e, in modo quasi esclusivo, per tutto il IV), per motivi in parte dovuti all’effettivo declino di alcuni centri (comprensorio di Golasecca), in parte alle lacune della ricerca (dintorni di Como), in parte ai mutamenti intervenuti nel 388 a.C. con le invasioni galliche della pianura padana. 20% circa del vasellame bronzeo rinvenuto nel territorio della cultura di Golasecca è importato dall’Etruria. Si tratta di recipienti che nel mondo mediterraneo fanno parte del servizio per la preparazione e la consumazione del vino durante il simposio: sono attesta te soprattutto Schnabelkannen (brocche a becco per mescere), ma anche situle stamnoidi (contenitori per liquidi), kyathoi (piccole brocchette per at tingere), colini e bacili.

Nell’ambito della cultura di Golasecca e localizzabile uno dei più importanti centri di fabbricazione di vasi in lamina bronzea della prima età del Ferro: qui, tra Vill e IV sec. a.C., si conoscono almeno 250 recipienti metallici. Ad eccezione di un discreto nucleo che risulta importato dall’Etruria, essi appartengono nella grande maggioranza (80% circa) a produzioni di officine locali atti ve tra l’inizio del VII e il IV sec. a.C. localizzabili dapprima nei pressi di Gola secca e di Como e quindi anche nei dintorni di Bellinzona. Alcuni di questi prodotti, come le ciste a cordoni di tipo ticinese e le situle di tipo renano-ticine se, venivano anche esportati oltralpe. nell’ambito dei commerci tra mondo mediterraneo e mondo celtico transalpino che seguivano una rotta principale attraverso i valichi controllati dalle genti della cultura di Golasecca.

L ‘AMBRA 

L’ambra è una resina fossile, secreta da conifere vissute per lo più nel Terziario (più di cinquanta milioni di anni fa) e oggi estinte. Essa si rinviene principalmente in giacimenti che formavano un tempo il fondale di lagune o foci fluviali: rami e tronchi caduti fluitati con la corrente dei fiumi verso il mare sono stati in tempi lunghissimi ricoperti dai sedimenti e la loro resina si è trasformata in ambra. I giacimenti d’ambra terziaria nel mondo non sono molto numerosi. In Europa se ne contano soltanto tre: in Sicilia, presso Catania; nei Carpazi rumeni; e il vastissimo deposito sulle rive del Mar Baltico.

Tazza in legno usata per attingere .

Grazie al sofisticato metodo di analisi della spettroscopia di assorbimento dell’infrarosso è possibile riconoscere la composizione dell’ambra, che è caratteristica per ogni singolo giacimento, e determinarne cosi la provenienza. L’ambra dei Leponti, esclusivamente di origine baltica, è testimoniata da più di tremilacinquecento oggetti per un pe so complessivo di circa 6,5 kg (grandi perle infilate in orecchini a forma di staffa o a cerchio; elementi decorativi dell’arco di fibule; vaghi di collane; se paratori di collane; pendagli) che ne fanno forse il maggior complesso noto di ambre preistoriche. L’enorme quantità di ambra presente in territorio leponzio, soprattutto tra VI e IV sec. a.C. testimonia una volta di più l’importante ruolo di passaggio di flussi commerciali svolto da questa regione e pone il problema, attualmente in corso di studio, di comprendere se essa vi sia giunta come merce di scambio diretta mente dalle regioni transalpine o dal Caput Adriae attraverso la via padana.

L’ABBIGLIAMENTO

Come si vestivano uomini e le donne nel Ticino-Insubria della prima e seconda etá del Ferro.

Particolare delle parure di una donna del popolo dei Leponti ( ricostruzione da tomba di Giubiasco 300 a.C.) Zurigo Museo Nazionale Svizzero
Particolare delle parure di una donna del popolo dei Leponti ( ricostruzione da tomba di Giubiasco 300 a.C.)

Nell VI -V secolo a.C. le donne indossavano un abito fissato sulle spalle da fibule, sotto quale veniva portata una tunica . In vita portavano cinture chiuse con placche di lamina bronzea di forma foliata o con fermagli quadrangolari . Indossavano, inoltre, orecchini con perle d’ambra, collari in bronzo, bracciali collane con vaghi d’ambra e di vetro ed anche con pendagli o bronzo.

Persistenza dei Leponti fino al III SEC d.C:

L’abbigliamento maschile doveva essere più sobrio; gli uomini utilizzavano fibule ad arco serpeggiante, più raramente e solo nelle fasi  piú  antiche spl loni, sia di ferro che di bronzo, e ferma in ferro, Al fianco è probabile che portassero un coltello, sempre di ferro. Nella seconda meta del V secolo si introducono anche presso i Leponti ele menti caratteristici della civita celtica di La Tene, dapprima nel costume maschile e gradualmente in quello femminile , che rimane più a lungo legato alla tradizione golasecchiana, come per esempio ganci a traforo in bronzo e in ferro Le fibule La Tene sostituiscono poco a poco i tipi precedenti che dalla metà del III secolo scompaiono definitivamente .

La descrizione dell’ abbigliamento maschile  delle popolazioni celtiche da parte delle fonti classiche, potrebbe almeno in parte valere anche ser popolazioni lepontiche del Ticino durante  la seconda eta del Ferro: -vestono con abiti stravaganti dele tuniche   colorate dove si mescolano tutti  i colori e dei pantaloni che chiamano braghe. Vi agganciano sopra de saii rigati di stoffa, a pelo lungo d’inverno e liscia d’estate, a fitti quadrettini di tutte le gradazioni (Diodoro Siculo, Biblioteca storica, V, 28-30), cosí come il  gusto, definito smodato per gli ornamenti: portano dei gioielli d’oro, catene intorno al collo, anelli attorno alle braccia e ai polsi (Strabone Geograha, N. 4, 51 )Al fianco era sospesa una lunga spada, che poteva avere ina impugnatura e puntale decorati con in crestazioni di smalto o corallo.

LE ARMI

I Rinvenimenti di armi nella quasi totalita da corredi funerari, indicano con chiarezza che i Leponti non svilupparono un armamento originale, ma si ispirarono  all’equipaggiamento di altre popolazioni, in parte utilizzando elementi importati in parte producendone imitazioni.

Durante la prima eta del Ferro nell ‘area della cultura di Golasecca, dove le armi si rinvengono solo nelle più ricche tombe dell’elite guerriera, si rivela un complesso intreccio di influssi dalle regioni in transalpine nord-occidentali e dal mondo etrusco e piceno.

Verso la meta del VI sec. viene rielaborato localmente a partire da un modello i del Piceno  un tipo  di elmo a calotte con borchie e gola, documentato da pochi esemplari . Particolare importanza assume nel V sec. l ‘ elmo tipo Negau caratteristico elemento dell armamento da difesa etrusco: in ambito golasecchiano ne sono testimoniali sia esemplari importati sia imitazioni locali.

Molto precocemente avverte anche influsso della nuova cultura La Tene, le cua tipiche lunghe spade in ferro con fodero con puntale trilobato compaiono in Canton Ticino nella seconda meta del V secolo a.C. Appartengono a questa tradizione anche elmi  in ferro anziche in bronzo come era invece di uso comune nel mondo mediterraneo . Nel corso del III- II sec. a.C. il numero delle tombe di guerriero cresce vertiginosamente nelle necropoli leponzie sia in Ticino che nella Val d’Ossola . Durante il I secolo a.C. si fa evidente l’influsso dell’equipaggiamento de legionari romani nella spada corta e dotata di fodero in legno con bande metalliche, simile  al gladius, e in esemplari  isolati di pugnali ed elmi

Dopo L annessione del territorio leponzio  all’impero romano cessa definitivamente l’uso di deporre armi nelle tombe.

LA LINGUA E L’ALFABETO

Nel 1817 fu ritrovata a Davesco una stele funeraria con due figure antropo- morfe che racchiudevano un’iscrizione ciascuna in un alfabeto ancora scono sciuto. Da allora sono state scoperte altre iscrizioni simili su pietra, una doz- zina nel Sottoceneri ed altre ancora nella zona di Como, a Vergiate, e in alcune località della provincia di Novara. Brevi iscrizioni graffite un alfabeto molto simile si notarono anche tra le ceramiche che si scoprivano nelle necropoli della zona di Como e, più numerose, in quelle di Ornavasso, di Solduno, di Giubiasco, e nell’abitato protostorico dei dintorni di Como.

Oggi possediamo un patrimonio relati vamente ampio di iscrizioni riferibili al territorio delle popolazioni della civiltà di Golasecca (Leponti, Orobi e Insubri), databili da fine Vil-inizi VI sec, a.C. al Bronzo. I sec. a.C. e che permettono di rico- struire le vicende linguistiche preromane di quest’area.

L’alfabeto in cui sono redatte fu deno- minato nordetrusco nel 1853 da Theo dor Mommsen e di Lugano- (termine utilizzato ancor oggi) da Carl Pauli nel 1885. Inoltre, il Pauli defini leponzio.

la lingua di queste iscrizioni, afferman done l’appartenenza alla famiglia delle lingue celtiche, fatto che venne defini tivamente dimostrato solo nel 1971 da Michel Lejeune.

Stele di Davesco. Slania figlia di Verkos Kuimitros, Valauna figlio Ranienos, insieme a tanti altri loro contemporanei, hanno parlato. Tocca ora a noi prestare loro l’attenzione La stele di Davesco, conservata al Museo Retico di Coira. (© Rätisches Museum Chur)

Nell’alfabeto leponzio, si riconosce oggi un’evoluzione in due fasi: la più antica è databile al VI, V e parte del IV sec. a.C., la più recente dalla fine del IV fino a tutto il I sec. a.C. L’accertamento della datazione delle prime iscrizioni le ponzie al VI e al V sec. a.C. è di notevole importanza poiché dimostra che nell’area della cultura di Golasecca era parlata una lingua celtica ben prima delle invasioni galliche dell’Italia setten trionale (388 a.C.) e quindi che la celticità delle popolazioni di tale area si è formata in un’epoca molto antica, risalendo probabilmente fino all’età del bronzo.

Le iscrizioni leponzie appartengono, allo stato attuale delle conoscenze, a poche categorie: dediche votive; epitaffi sepolcrali su stele di pietra; marchi di proprietà graffiti sulle ceramiche; legende monetali; cui si aggiunge un caso isolato di serie alfabetica parziale.

LA MONETAZIONE

La moneta appare pressoché assente nell’area leponzia fino al II- inizi del Isec. a.C. quando, in tutto l’attuale Cantone Ticino, sono attestate numerosissime monete celtico-padane, sia in ripostigli che in corredi funerari, mentre risulta assente la moneta romana medio e tardo-repubblicana.

Celti. Gallia Cisalpina, Leponzi. Dracma, imitazione del tipo massaliota, II sec. a.C. D/ Testa di Artemide a destra. R/ Toutiopouos in caratteri leponzi e , leone stilizzato gradiente a destra. Cf. Pautasso, Pl. LIII, 273 ff. AG. g. 2.06 mm. 16.00 RR. SPL.

Tale territorio per il quale si possono escludere emissioni locali-era quindi estraneo alle correnti di traffico che impiegavano moneta romana e importava unicamente moneta argentea padana, utilizzandola sporadicamente in tomba o raccogliendola in complessi forse di natura votiva e creati da un accumulo di singole offerte protrattosi nel tempo. Simili modalità di formazione, a carattere rituale e votivo e non economico né di tesaurizzazione, possono spiegare sia la coesistenza di monete emes se anche a distanza di molti decenni che non possono aver circolato insieme, sia la selezione degli esemplari con l’esclusione della moneta romana. L’area si sarebbe quindi mantenuta a lungo in una cultura premonetaria, nella quale il circolante, proveniente tutto dalle zecche celtiche della pianura padana, non supportava ancora forme di economia avanzata, alla quale invece avevano ormai accesso le popolazioni oltre il confine. Nel territorio del Basso Toce, invece, dove erano stanziate gen ti pagate dai Romani per proteggere i confini, le monete sono quasi tutte ro mane, con pochi esemplari celtico-padani.

E forse solo nel sec. a.C., a ridosso delle guerre alpine di Augusto e quindi dell’integrazione nel territorio controllato direttamente da Roma, che tra i Leponti penetra una prima cultura monetaria, con una spiccata preferenza per le ultime emissioni insubri, con legenda rikoi, che vengono ritrovate anche isolate.

Analoga cultura monetaria, non sappiamo però se più legata alla pratica della deposizione votiva o alla funzione commerciale, si sviluppava nello stesso periodo nel Vallese, tra Veragri, dove però si giunse a coniazioni locali di imitazione.

Dopo l’annessione del territorio leponzio tra il 24 e il 15 a.C., come per le altre valli -pacificate dalle armi romane, l’integrazione nella cultura italico-romana avvenne in termini accelerati, certo favorita dalla riapertura dei traffici attraverso i passi alpini, con la riattivazione sicura di molti percorsi prima controllati dalle popolazioni alpine. Il territorio dell’attuale Canton Ticino entrò allora nella cultura monetaria della pianura, come dimostrano gli scavi di Muralto-Park Hotel, dove la monetazione augustea è molto ben rappresentata ed è invece assente la moneta celtico-padana.

Link sulle dracme padane di area lepontica:

https://www.academia.edu/resource/work/15033110

https://rolandomirkobordin.jimdofree.com/catalogazione-delle-monete-dei-celti-padani/insubri-leponzi-pirakos/

LA ROMANIZZAZIONE

Il contatto fra la popolazione lepontica ed i Romani avviene in modo graduale a seguito dell’espansione romana nella pianura padana nel Il secolo a.C. In questo periodo è presumibile che anche i Leponti siano stati indirettamente o di rettamente in contatto con i Romani impegnati negli scontri con gli Insubri ei Comensi. D’altro canto contatti commerciali e culturali con gruppi stanziati nella pianura padana, che vengono progressivamente integrati nel sistema amministrativo ed economico romano, proseguono senza interruzione anche nel Il e nel I secolo a.C.

Vetri di epoca romana dal territorio dei Leponti

Nella seconda metà del I secolo a.C. nel corredi tombali del Cantone Ticino si nota una maggiore presenza di materiali di tipo romano (ceramiche, bronzi, monete) che rivelano l’intensificarsi dei rapporti. Le tappe più importanti di questo processo sono: nel 59 a.C.la fondazione da parte di Cesare di una colonia di veterani a Como (Novum Comum); – nel 42 a.C. l’unione giuridica e amministrativa della Cisalpina al resto dell’Italia;

  • dal 35 al 15 a.C. le campagne militari di Augusto, volte a sottomettere le popolazioni alpine per assicurare, fra l’altro, i transiti commerciali e mi litari attraverso le Alpi.

Anche parte dei territori dell’odierno Cantone Ticino vengono integrati nella Regio XI Transpadana; in base alle po che testimonianze epigrafiche si può desumere che il Sottoceneri è assegnato amministrativamente al municipio di Como, il Locarnese verosimilmente a quello di Milano, mentre i territori più settentrionali fanno parte del la provincia della Rezia.

In Ticino sono molto scarse le tracce di abitati della fine del I secolo a.C.: in questo periodo viene fondato il villaggio (vicus) di Muralto, che funge da testa di ponte dei commerci provenienti dalla pianura padana tramite la via d’acqua Po’ Ticino Verbano e diretti a nord; Muralto diviene così il centro d’irradiazione della cultura romana nella regione. Sulla collina di Castel Grande a Bellinzona doveva esistere probabilmente una postazione di guardia, mentre villaggi sparsi nel Sottoceneri sono finora sconosciuti.

LA ROMANITÀ SI AFFERMA

A partire dagli inizi del I secolo d.C. l’in flusso della cultura romana diventa predominante nei modi di vita e nei costumi della popolazione lepotica.

Il processo di trasformazione, testimoniato soprattutto dagli oggetti che vengono deposti nelle tombe come corredo funerario, si afferma però in modo più lento nelle valli alpine rispetto alla pianura lombarda; all’interno del terri torio ticinese si nota inoltre che gli influssi esterni vengono adottati più velocemente e in modo più completo nei piccoli centri, come a Muralto, rispetto alla periferia e alle valli.

Nelle necropoli legate vicus di Muralto i ceti più alti della popolazione, rappresentati dalle famiglie che erano state a capo delle comunità celtiche dell’età del Ferro, ostentano la propria ricchezza e la propria posizione di potere locale tramite la costruzione di tombe a camera (a inumazione) con piccoli monumenti funerari di tipo ro mano e corredi particolarmente ricchi. La cremazione, diffusa nel Sottoceneri, più direttamente in contatto con il centro di Como, è invece molto limita ta nelle necropoli del Sopraceneri, a riprova del perdurare anche in epoca romana di differenziazioni locali già presenti durante l’età del Ferro.

Gli insediamenti noti nel Sottoceneri sono rappresentati da resti di ville rurali, a cui dovevano essere legati appezzamenti non molto estesi di terreno coltivabile, e gravitavano nella sfera di influenza di Como; pure attestata è la pesca, come a Melano. A Bioggio é stato rinvenuto l’unico tempio di tipo romano di tutto il territorio cantonale, da tato al Il secolo d.C.. un piccolo edifi cio su podio, dedicato a Giove, come indica l’iscrizione sull’ara ivi rinvenuta. La piccola necropoli di Roveredo, nella valle Mesolcina, presenta gli elementi della Romanità peculiari del Soprace neri, dove nel I secolo d.C. persistono elementi di tradizione lepontica sia nel l’abbigliamento che nel rito funerario accanto ad importazioni di gusto romano,

PERSISTENZE DEI LEPONTI FINO AL III SEC D.C:

https://www.academia.edu/resource/work/34763280

IL TEMPIO DI ROLDO

https://www.ossolanews.it/2021/05/02/leggi-notizia/argomenti/la-storia-intorno-a-noi-1/articolo/il-tempio-lepontico-di-roldo-eredita-pagana-in-val-dossola.html

Ricostruzione del tempio Gallo-romano di Roldo in Val D’ Ossola.
Attuali resti del tempio di Roldo

LINK:

LA NECROPOLI DI GIUBIASCO :https://www.academia.edu/resource/work/1818136

https://www.academia.edu/resource/work/34763280

https://archeologiagalliacisalpina.wordpress.com/category/leponti/

https://www.archeologica.ch/pubblicazioni

https://www.azione.ch/societa/dettaglio/articolo/lalfabeto-di-lugano.html

I CELTI SULLE ALPI LECCHESI NEL MUSEO DELLE GRIGNE

IL MUSEO DELLE GRIGNE

Il museo raccoglie reperti archeologici che testimoniano della presenza umana sulle Grigne fin dall’epoca preistorica. Ma di particolare rilievo per la storia di Esino è stata la presenza di popolazioni celtiche e romane.

Dei primi, che occuparono il territorio tra il IX-I secolo a.C. portandovi la cultura di Golasecca e in seguito di La Tène, sono stati ritrovati i corredi funebri, con fibule (spille per abiti sia maschili che femminili), armille (bracciali e braccialetti sempre sia maschili che femminili), pendagli e ceramiche (urne cinerarie connesse al rito).

Le tombe dei guerrieri hanno consentito di studiare il loro vasto armamentario che consisteva in lance, spade, foderi, coltelli e scudi. Sono stati trovati anche oggetti come rasoi, pinzette e cesoie. Una particolarità interessante dei riti funebri del guerriero si osserva nelle spade, che venivano deformate per renderle inutilizzabili.

Per quanto riguarda i Romani, in paese sono state trovate delle tombe di inumati talora con corredo funebre, con monete del IV secolo, dadi in bronzo, vasellame e altri oggetti.

→ vedi gli oggetti della collezione archeologica del Museo delle Grigne su Wikimedia Commons

→ vedi l’elaborazione tridimensionale di un vasetto in pietra ollare del museo

→ vedi l’elaborazione tridimensionale della chiesetta di san Pietro a Ortanella

Da

LO STUDIO DELLE ARMI E DEI METALLI DI EPOCA CELTICA E ROMANA

Tesi di Laurea in Scienze e Tecnologie per lo studio e la conservazione dei Beni Culturali Martina Pensa da ” Resegone online”

Esino Lario, Isen in dialetto esinese, la “perla delle Grigne”, è un piccolo paese di 747 abitanti situato ad un’altitudine di 910 metri s.l.m. nella Val d’Esino, che sovrasta il lago di Como in provincia di Lecco. Il paese, di fatto unificato solamente dopo la prima guerra mondiale, risultava originariamente diviso in due: rispettivamente Cres e Piach. A Cres vi sono tracce archeologiche di epoca celtica e a Piach per lo più di età romana. A oggi in questo territorio non sono state condotte campagne archeologiche sistematiche, dunque il presente progetto è il punto di partenza per l’avvio, con l’appoggio del Comune di Esino Lario e della Soprintendenza ai Beni Culturali della Lombardia, di ricerche scientifiche sul passato di questo paese. La prima fase di questa collaborazione, illustrata in questa serata si concentra sullo studio preliminare dei ritrovamenti Celtici conservati nell’Eco-museo, con particolare attenzione agli aspetti riguardanti la storia e l’identificazione di una produzione locale attraverso le tecnologie di ricerca scientifiche.

Esino Lario rappresenta una scelta ottimale per uno studio sperimentale di questo tipo proprio anche alla luce della conformazione geomorfologica del paese che, racchiuso tra vallate impervie, costituisce un ambiente circoscritto poco aperto ad influssi esterni. In prima istanza un veloce inquadramento dei ritrovamenti e approfondimento delle problematiche legate alla conformazione geomorfologica del territorio (orogenesi, sfruttamento minerario e vie di passaggio), ritenuti fondamentali nella comprensione dei risultati ottenuti.I reperti di età celtica del Museo delle Grigne che sono stati analizzati sono ventiquattro e di diversa tipologia: spade, lance, un umbone e attrezzi di vita quotidiana come cesoie e un rasoio, una verghetta e una fibula.Come elementi di confronto, sono stati considerati anche due reperti romani, una punta di lancia e una cuspide di lancia ritrovati in loco.

Per poter poi inquadrare le caratteristiche degli elementi emersi dalle analisi sono stati quindi presi in considerazione come campioni di confronto alcuni manufatti cronologicamente affini conservati presso il Museo Civico Guido Sutermeister di Legnano (Mi) e altri provenienti dal Museo Civico Etnografico Archeologico C.G. Fanchini di Oleggio (No); si tratta di una punta di lancia e di un coltello da Legnano e di un umbone e di una punta di lancia e una cesoia da Oleggio. I reperti di Legnano provengono dallo scavo di un insediamento di Magenta, particolarmente significativo per i nostri studi perché sufficientemente lontano per ipotizzare un approvvigionamento del ferro dal gruppo delle Grigne.

Il secondo gruppo di reperti proviene invece dalla necropoli di Oleggio, un sito che, per la vicinanza al lago Maggiore e alle aree di approvvigionamento di ferro circostanti, doveva reperire i minerali di ferro più verosimilmente da miniere di questo territorio. Sono stati inoltre considerati alcuni campioni di rocce provenienti da una delle antiche miniere in località Cainallo, a Esino Lario, al fine di evidenziare una possibile correlazione appunto tra queste miniere e i reperti.
Per tutti i manufatti sono state realizzate fotografie ad alta definizione, utilizzando una semi-sfera per diffondere uniformemente la luce in modo da non creare ombre e riflessi ed un colorchecker per la calibrazione dei colori. Le fotografie, eseguite anche in vista del catalogo del Museo delle Grigne, sono poi state elaborate mediante l’utilizzo di photoshop.

La composizione elementare è stata determinata con l’analisi della fluorescenza X caratteristica (XRF) che consente di rilevare gli elementi in traccia presenti nei reperti, costituiti principalmente da ferro. Questa analisi è stata eseguita al Laboratorio Diart di Milano trasferendo in accordo con le varie Soprintendenze i reperti. Dopo aver rielaborato i dati ottenuti si è eseguita l’analisi delle componenti principali che ha mostrato che i campioni celtici locali formano un gruppo continuo, anche se non compatto, caratterizzato da zinco, titanio, cromo e arsenico, elementi presenti in traccia anche nelle rocce di miniera, compreso l’arsenico, assente viceversa in tutti i campioni di confronto. La presenza di questo elemento chimico tossico è nota in questo territorio a seguito dei problemi causati per anni agli esinesi per la sua massiccia presenza anche nelle falde acquifere.

Tutti i campioni non locali mostrano peraltro, oltre al ferro, una diversità nella tipologia e nella quantità delle tracce presenti. Anche i reperti locali romani presentano un numero minore di elementi in traccia, comparabile con quelli dei manufatti di Magenta; in particolare spicca l’assenza di arsenico che suggerisce quindi la possibilità di una produzione non locale. Tale risultato potrebbe essere messo in relazione con i dati storici poiché è noto che nei presidi Romani più antichi venivano inviati armati direttamente da Roma e le aree di approvvigionavano di metalli vennero progressivamente concentrate in alcuni distretti minerari più ricchi. I Romani avevano probabilmente prescelto, come si è detto, lo stanziamento nella parte inferiore dell’abitato dove il ricco territorio offriva sia campi da coltivare e prati per il bestiame e zone, come San Pietro in Ortanella, utili per il controllo dei i traffici da e verso la Valsassina e le vie di transito lungo l’alta via del Lago di Como.

Lo stanziamento nella parte alta dell’attuale paese, che può forse essere messa in relazione con lo sfruttamento delle miniere soprastanti, appare viceversa più strategica nella fase celtica precedente, a possibile conferma di un significativo mutamento degli indirizzi economici di questo territorio. Le analisi condotte in questo studio confermano dunque che le miniere di Esino costituirono la fonte di estrazione dei metalli con cui vennero fabbricati gli utensili della panoplia del guerriero (spade, lancia, umboni) e gli oggetti della vita quotidiana (fibule, verghette, rasoi, coltelli e cesoie) del periodo celtico e probabilmente rappresentarono una delle spinte più significative nella risalita fino a queste valli delle popolazioni di Oltralpe che almeno dal IV secolo a.C. si stanziarono nel territorio del Nord dell’Italia. L’ elevato numero di armi rinvenute fa presagire che proprio il controllo e la strenua difesa di queste ricche risorse economiche caratterizzasse in modo significativo la struttura sociale di questo stanziamento e dei suoi individui sepolti nella Valle di Esino.

Visita virtuale al Museo delle Grigne :

https://www.tour-sistemamuseale.provincia.lecco.it/10museo/

CELTI GOLASECCHIANI A SESTO CALENDE

Se ci affascina comprendere la civiltà dei Celti sorta sulle rive del lago Maggiore ed lungo il Ticino non possiamo perderci il museo di Sesto Calende e la storia dei ritrovamenti di questo territorio.

Tanti reperti archeologici , piccoli pezzetti di una vita passata , fatti da oggetti  semplici  riposti con cura ed amore dagli antichi Celti nelle tombe dei loro cari , sono ancora oggi la voce  di queste persone e ci aprono uno specchio sulle tante vite di allora . Sono anche la principale fonte  per la conoscenza della Cultura di Golasecca che,  tra i principali insediamenti protostorici con  maggiori concentrazioni demografiche dell’Italia settentrionale, si insediò a partire daI I millenio a. C. nella zona di confine tra la Lombardia occidentale e il Piemonte orientale, creando una cultura  celtica originale,  particolarmente  influenzata dagli etruschi e dai celti transalpini .

Essa attraversò diverse fasi che la condussero a partire dal IX ad una costante fioritura fin verso il V sec. A. C. per poi confluire nella cultura gallica insubre del periodo storico

Quasi tutti i reperti esposti, vasellame, utensili per l ‘ igiene e l’abbigliamento, oggetti di ornamento in metallo , ambra e coralli  provengono da necropoli nella zona compresa tra Golasecca, Castelletto sopra Ticino e Sesto Calende.  

Colpisce il visitatore  la Tomba del Tripode, del  VI sec a. C.,  sepolcro rinvenuto nella necropoli in zona Mulini Bellaria. Essa consiste nell’urna cineraria e nel  corredo funerario principesco  di una donna di alto rango. Peccato non conoscerne bene la sua storia se non attraverso gli oggetti che l ‘hanno accompagnata nel suo ultimo viaggio.

Situla celtico-golasecchiana al museo di Sesto Calende (Va)

Un altro elemento decisamente importante della raccolta è il collo di un bicchiere con leggibili iscrizione celtica in carattere nord etrusco basata sul cosiddetto “alfabeto di Lugano”

Iscrizione celtica in caratteri nord etruschi . Museo di Sesto Calende

La zona archeologica del museo comprende poi una esposizione di reperti di età precedente alla Cultura di Golasecca ed altri  posteriori che, dal periodo gallico, attraverso quello romano, giungono sino all’insediamento medievale di Sesto Calende.

Ricostru

I pezzi di epoca medievale esposti evidenziano una Sesto Calende fiorente,  sviluppata soprattutto intorno all’abazia di San Donato. Da qui provengono due plutei antichi, mentre altri preziosi oggetti sono giunti dalla collezione Bellini.

Il museo, nato nei primi anni del dopoguerra e ufficializzato nel 1954 dalla Sovrintendenza alle Antichità, nacque inizialmente come raccolta ed esposizione archeologica ma, successivamente, venne ampliato e in questi spazi si sono poi sviluppate una Pinacoteca ed un’area Naturalistica.  In quest’ultima è raccolta una preziosa collezione di fossili pliocenici ritrovati in massima parte a Cheglio di Taino, situato sulla riva varesina del Lago Maggiore. Il materiale è stato recentemente classificato e include differenti specie  vegetali e animali.

PER APPROFONDIRE SULLE SCOPERTE DEI CELTI GOLASECCHIANI NEL TERRITORIO DI SESTO CALENDE su accademia.eu:

https://www.academia.edu/resource/work/7076511

https://www.academia.edu/resource/work/7076484

https://www.academia.edu/resource/work/7085633

https://www.academia.edu/resource/work/7085633

https://www.academia.edu/resource/work/13068775

https://www.academia.edu/resource/work/38973189

https://www.academia.edu/resource/work/7751607

https://www.preistoriainitalia.it/ricerca/la-sacerdotessa-del-tripode-di-sesto-calende-e-le-sue-sorelle-donne-sacre-nella-cultura-di-golasecca/

ZIXU COLLANA MONOGRAFICA DI STUDI SUI CELTI GOLASECCHIANI:

https://www.interlinea.com/cerca.php?s=Zixu

Altri links:

https://www.academia.edu/resource/work/345116