PROVENZA ED ALPI DEL SUD CELTO-LIGURI

Da

https://www.culture.gouv.fr/regions/Drac-Provence-Alpes-Cote-d-Azur/Ressources/Archeologie/Provence-et-Alpes-du-Sud-a-l-epoque-Protohistorique-Actualites-de-la-recherche-et-des-pillages-2000-2021

Le scoperte e le ricerche nel campo della protostoria in Provenza e nel sud delle Alpi sono numerose e fruttuose. Questo lavoro si propone di fornire una panoramica di queste scoperte nel periodo 2000-2021. Il 46° convegno (26-28 maggio 2022) dell’Associazione francese per lo studio dell’età del ferro è un’occasione per scoprire questo contributo.
Questa valutazione di 20 anni di ricerca è completata da una relazione sui saccheggi di siti protostorici avvenuti nello stesso periodo.

Puoi scaricare questo libro ( testo in francese)

SOMMARIO DEL LIBRO

Prefazione di Vincent Guichard, Direttore Generale di Bibracte EPCC 7
Prefazione 11


I. HABITAT E TERRITORI 25
Una conoscenza ancora eterogenea dei territori 25
Principali contributi dell’archeologia preventiva 32
Habitat di un possibile insediamento greco 37
Conoscenza approfondita di tre siti della Bassa Provenza 38
Dati sull’ambiente e sul clima 47
La scoperta di varie strutture 49

Oppidum di Castellan


II.RITI FUNERARI E CREDENZE RELIGIOSE 51
Tombe isolate 51
Collezioni e studi di laboratorio 53
Nuovi dati sulle pratiche rituali 55
Un santuario in alta montagna 57
Fatti singolari e collettivi portati alla luce dall’archeologia
preventivo 60

Ricostruzione del santuario di Roubion ( Alpi Marittime)


III. LUOGHI DI GUERRA E BATTAGLIA 65
Un monumento importante: il mausoleo di Glanum 67
Un luogo di battaglia identificato dall’archeologia 67

Mausoleo di Glanum


IV. RICERCHE E PROSPEZIONI CLANDESTINE:
IL SACCHETTO DEGLI “ARCHIVI DEL SUOLO” E IL COMMERCIO ILLEGALE 71
Conclusione 87
Bibliografia

OBOLI e MASSALIOTE scoperte  clandestinamente con metal detector

UN CIPPO CONFINARIO TRA GENOVA E L’IMPERIUM ROMANO

Da Levante news.

Sulla vetta del Monte Ramaceto nell’alta Val Fontanabuona in provincia di Genova, in prossimità del confine tra i comuni di Orero e San Colombano Certenoli è stato individuato, sottoposto a scavo archeologico e prelevato con l’impiego di un elicottero un cippo in pietra arenaria di età imperiale romana, datato al II secolo d. C., con iscrizioni su entrambe le facce; esso è identificabile come una rarissima tipologia di documento epigrafico, che ha segnato, quasi 2000 anni fa, il confine tra un latifondo di proprietà diretta dell’Imperatore romano e i terreni di proprietà invece del municipio della città di Genua (attuale Genova). Si tratta di una scoperta del tutto eccezionale e di importanza a livello nazionale in quanto rappresenta la seconda attestazione nota in tutto il territorio italiano di tale tipologia di cippi, entrambi rinvenuti peraltro a distanza di pochi anni e spazio tra loro.
A quasi dieci anni dal recupero nell’ottobre del 2015 di un primo cippo confinario con iscrizione su entrambe le facce, oggi conservato al Museo Archeologico e della città di di Sestri Levante, grazie ad una recente segnalazione da parte di esperti escursionisti, l’archeologia ligure si arricchisce oggi di un nuovo eccezionale documento epigrafico.

Soprintendenza di Genova e La Spezia dopo aver provveduto a verificare, tramite un sopralluogo da parte di un team di funzionari archeologi e collaboratori, il luogo del ritrovamento, che è poco sotto la vetta del Monte Ramaceto a 1345 metri d’altitudine, ha condotto nel corso di questa settimana lo scavo archeologico dell’area circostante il ritrovamento ed oggi ha provveduto a recuperare il macigno inscritto.
Data l’assenza di strade carrabili il trasferimento del cippo è potuto avvenire del tutto eccezionalmente grazie all’impiego di un elicottero, che lo ha prelevato direttamente dalla cima del monte e, una volta imbragato con ogni possibile cura ed attenzione, lo ha trasferirlo su un furgone che lo attendeva più a valle; da qui scortato dal personale tecnico-scientifico dell’Ufficio, grazie alla disponibilità e alla collaborazione del Museo Archeologico e della città di Sestri Levante, il pesante monolite è stato depositato in condizioni di sicurezza in un locale del Museo, dove sarà sottoposto ad un esame per verificarne lo stato di conservazione al fine di un eventuale intervento di pulizia, restauro, consolidamento e quindi, infine, esposizione al pubblico.

Ma in che cosa consiste l’importanza del ritrovamento? A questa domanda risponde il dott. Luigi Gambaro, funzionario archeologo della Soprintendenza:
Va sottolineata l’eccezionalità assoluta del ritrovamento, che si può considerare con tutte le ragioni di importanza epocale anche a livello nazionale. In primo luogo va detto che si tratta di un secondo cippo “gemello” di quello scoperto del tutto casualmente da una guardia forestale nel 1988, ma recuperato solo nel 2015.
Se già aveva fatto scalpore tale rinvenimento in quanto si trattava, come scriveva il prof. Giovanni Mennella l’epigrafista, già docente presso l’Università di Genova, che lo ha reso noto nel 2017 del “primo cippo confinario inscritto pertinente a latifondi romani fin qui attestato nell’Italia romana”, sembrava quasi impossibile, vista la assoluta rarità di epigrafi di tale tipologia, che a pochi anni di distanza e poche centinaia di metri dal primo cippo si verificasse la circostanza di imbattersi e riconoscerne un secondo identico; riporta anch’esso su un lato l’iscrizione: Caesaris n(ostri) = “di proprietà del nostro Cesare”, mentre di più difficile interpretazione è l’iscrizione incisa sull’altra faccia: P.M.G., che potrebbe sciogliersi come P(ublici) M(unicipii) G(enuensium) = “di proprietà del municipio di Genova”. Mentre il primo cippo è stato recuperato in modo piuttosto fortunoso e già verosimilmente spostato dalla sua sede originaria, il secondo ritrovamento è connesso alla sua collocazione originaria; da qui il secondo elemento di eccezionalità”.

La dott.ssa Nadia Campana, anche lei funzionaria della Soprintendenza, sottolinea “Inoltre essendo stato possibile pianificare il recupero in modo scientifico, con l’intervento diretto della Soprintendenza, che è l’Istituzione preposta alla tutela del patrimonio archeologico nazionale, la sua asportazione è stata preceduta dallo scavo archeologico del sedime circostante per una superficie di circa 25 metri quadrati, col recupero e la documentazione di ogni elemento del contesto. L’aver avuto la possibilità di intervenire attraverso uno scavo archeologico stratigrafico condotto manualmente da un team di qualificati archeologi, quelli di Tesi Archeologia srl, ha consentito di raccogliere quindi una serie di informazioni funzionali a ricostruire la storia del monumento.
Questo intervento si aggiunge ad una serie di scoperte e scavi, che hanno permesso di confermare l’importanza anche durante l’età romana della val Fontanabuona, con una gestione del vocata al agro-silvo-pastorale lungo le vie di transumanza tra la costa e la montagna ligure.

APPROFONDIMENTI E VIDEO:

https://www.rainews.it/tgr/liguria/video/2024/04/dal-ramaceto-spunta-un-altro-cippo-romano-salvataggio-in-elicottero-a9ae0b9a-7976-428b-bc71-e9d78cd171d8.html

Il precedente ritrovamento del primo cippo:

IL PIEMONTE ROMANO DI SANDRO CARANZANO.

Il Piemonte Romano: Tra Tribù Celtiche e Dominio Romano

Il popolamento delle area subalpina occidentale prima della dominazione di Roma è avvolto da un velo di incertezza a causa della limitata documentazione . Celti e Liguri, spesso descritti come Celto-liguri a causa della fusione delle etnie , popolavano la regione. Tribù come i Salassi, i Taurini, i Bagienni, e gli Epanteri Montani occupavano aree con confini definiti , ma non svilupparono strutture istituzionali stabili, limitandosi a difendere il territorio.

Statuetta in bronzo da Industria

La conquista romana, più tarda rispetto ad altre regioni settentrionali, iniziò nel II secolo a.C. con interventi settoriali. La resistenza indigena fu repressa violentemente nel sangue , specialmente nel Piemonte meridionale e in Liguria. Un primo inseduamento della potenza romana iniziò tra i fiumi Po, Tanaro e Stura, con Pollentia come possibile primo insediamento nel II secolo a.C.

Nel 125 a.C., Marco Fulvio Fiacco favorì l’insediamento di coloni centro-italici, contribuendo alla crescita di Dertona (Tortona). Nel II secolo a.C., importanti realizzazioni viarie e colonie come Eporedia (Ivrea) e Dertona emersero come centri , ma l’urbanizzazione fu graduale.

La svolta avvenne nell’89 a.C. con la Lex Pompeia de Transpadanis e la Lex Plautia Papiria, estendendo il diritto latino di cittadinanza alle comunità italiche. Nel I secolo a.C., Roma consolidò la presenza nel Piemonte, fondando colonie come Augusta Taurinorum (Torino) e Augusta Praetoria (Aosta). Nel 49 a.C., le colonie latine divennero municipi, garantendo la cittadinanza romana a tutti gli abitanti.

Nel 42 a.C., la Gallia Cisalpina ottiene di essere integrata nell’Italia romana. Augusto estese pertanto il regime municipale all’Italia settentrionale, incluso il Piemonte. Le Alpi occidentali furono suddivise in distretti militari, con il Piemonte non montano incluso nelle Regiones XI e IX per il nord e sud del Po, rispettivamente.

PIEMONTE ROMANO: IL LIBRO DI SANDRO CARANZANO

Piemonte romano. Una storia lunga quasi mille anni: la romanizzazione del Piemonte fu un fenomeno di grande portata, iniziato con la conquista della porzione più occidentale della pianura padana, a partire dalla metà del II secolo a.C., e concluso, ai fini di questo libro, soltanto nel tardoantico, con l’età di Costantino, l’avvento del Cristianesimo e il fruttuoso esperimento di convivenza romano-gotica. Un trapasso epocale che, dopo le perturbazioni iniziali tra i colonizzatori e le popolazioni celto-liguri stanziate sul territorio, diede vita a una nuova e originale civiltà, frutto della fusione tra gli indigeni e i nuovi arrivati.

Aqui terme resti dell ‘acquedotto
Area archeologica di Libarna con il suo anfiteatro

Il Piemonte in età tardorepubblicana e la discesa di Annibale; la fondazione delle città (Tortona, Acqui, Vercelli, Ivrea, Libarna, Industria, Alba, Pollenzo, Chieri e poi, in epoca augustea, Susa, Torino, Bene Vagienna, Asti, Novara…) e il significato degli impianti urbani; il reticolo delle strade romane nella regione; le suddivisioni del territorio: sono solo alcuni degli argomenti di una trattazione appassionante, divulgativa ma rigorosa e documentata, che informa il lettore sulle più recenti indagini archeologiche, seguendo l’ordine cronologico degli eventi e combinando l’inquadramento storico con le puntuali descrizioni dei siti della romanità in Piemonte.

Piemonte romano. Con un ricco apparato iconografico e cartografico, schede e approfondimenti artistici, storici e culturali sulla civiltà romano-piemontese, un glossario e un elenco dei musei e delle aree archeologiche visitabili nella regione.

In 160 pagine e 180 immagini, tutto il Piemonte nell’età romana.

Mura romane di Vercelli

PIEMONTE ROMANO, L’INDICE:

✦ LE ORIGINI DEL PIEMONTE ROMANO

  • La discesa di Annibale.
  • Lingua e transizione celtica.
  • Iulia Dertona (Tortona).
  • Aquae Statiellae (Acqui Terme).
  • Le vie romane.
  • Vercellae (Vercelli).
  • Roma e le vie d’acqua.
  • Eporedia (Ivrea).
  • Centuriare il territorio.
  • Le aurifodinae gallo-romane.
  • Plinio il Vecchio, Naturalis Historia III, 46-47.
  • Strabone, Geografia, V, 11-12.
  • Libarna (Serravalle Scrivia).
  • I culti topici.
  • Industria.
  • Il culto degli Dei egizi.
  • Alba Pompeia (Alba).
  • Pollentia (Pollenzo).
  • Economia del Piemonte romano.
  • Vici, fora e conciliabula.
  • Forum Vibii Caburrum (Cavour).
  • Carreum Potentia (Chieri).

✦ AUGUSTO E UN NUOVO ASSETTO

  • Segusio (Susa).
  • La cultura del vino.
  • Augusta Taurinorum (Torino).
  • La tradizione augurale e la città.
  • Gli acquedotti romani.
  • Augusta Bagiennorum (Bene Vagienna).
  • Necropoli e riti funerari.
  • Le magistrature.
  • Hasta (Asti).
  • La quadragesima Galliarum.
  • Novaria (Novara).
  • Il tesoro di Marengo.
  • Gli insediamenti rustici.
  • La produzione ceramica.
  • I luoghi della romanità in Piemonte.

✦ IL TARDOANTICO: UN MONDO NUOVO

  • La cristianizzazione.
  • La discesa di Costantino.
  • Destrutturazione e nuovi assetti.
  • La memoria di san Secondo a Torino.
  • Diatreta Trivulzio.
  • I martiri tebei.
  • Il complesso episcopale di Torino.
  • Il Tractus Italiae e le chiuse.
  • L’esperimento romano-goto.
  • I sermoni di san Massimo.

✦ Glossario dei termini non esplicitati nel corpo del testo.

✦ Bibliografia essenziale.

✦ Elenco dei musei con materiale romano e barbarico in Piemonte.

Particolare di busto bronzeo di principe della dinastia Giulio Clau

L’AUTORE:

Sandro Caranzano si è formato presso la scuola archeologica torinese e ha svolto studi e ricerche sulla preistoria alpina e sulla civiltà romana provinciale. Autore di articoli scientifici e divulgativi e con una lunga esperienza di docenza, ha condotto ricerche in Giordania per l’Università di Torino (G. Gullini) e ha collaborato allo studio e alla pubblicazione dei siti archeologici di Chiomonte La Maddalena e di Viverone promossi dalla Soprintendenza Archeologica del Piemonte. Dal 2014 dirige con N. Ceka la missione archeologica italiana presso la cittadella ellenistica di Selca (Albania). Per Edizioni del Capricorno ha pubblicato Gli antichi popoli del Piemonte.

LINK: https://www.quotidianopiemontese.it/2023/12/27/piemonte-romano-sandro-caranzano-racconta-una-storia-lunga-mille-anni/

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TUTTA L ‘ARCHEOLOGIA DEL PIEMONTE MINUTO PER MINUTO

http://archeo.piemonte.beniculturali.it/index.php/en/quaderni-della-soprintendenza-archeologica-del-piemonte

http://www.sabap-to.beniculturali.it/index.php/attivita/editoria/13-editoria/140-quaderni-5

http://ambientecultura.it/territorio/piemonte/

DAI CELTO-LIGURI ALLA TARDA ROMANITÀ LUNGO IL PASSO DELLA CISA.

Nel 2011, la scoperta di una minuscola tessera da mosaico ha rivoluzionato la storia della regione parmense di epoca romana: si tratta dell’identificazione di un antico passaggio sulla via romana da Parma a Luni (sul mar Ligure) nella località Sella del Valoria (m 1224 slm).

Un rilevante ritrovamento archeologico che, in parte, altera le ipotesi storiche che fino a quel momento consideravano il passo della Cisa come l’unico attraversamento appenninico tra la regione parmense e la Lunigiana.

In seguito a tre campagne di scavi autorizzate dal ministero, sostenute dalla Fondazione Cariparma e dirette dall’archeologo Angelo Ghiretti, sono emerse direttamente sulla sella di valico del Valoria (2 km più ad est della Cisa) altre 17 tessere di mosaico, probabilmente smarrite da un carico in transito.

Ma le indagini hanno rivelato anche altro: un’area sacra con offerte votive che si estendono cronologicamente dalla tarda Età del Ferro al Tardoantico, in cui l’epoca romana è chiaramente la più rappresentata, con centinaia di offerte monetarie pro itu et reditu, miranti a garantirsi la protezione del dio durante l’andata e il ritorno del viaggio.

Numerosi sono anche i reperti militari, tra cui punte di giavellotto, borchie di calzari militari, frecce d’arco dell’età tardo-repubblicana, testimonianze del passaggio di armati, talvolta usate come doni votivi alla divinità a cui, in cima al valico, era dedicato un piccolo santuario, aedicula, eretto negli anni della romanizzazione del territorio tra il 190 e l’180 a.C.

Proprio attorno ad esso, segno della consacrazione romana del valico, furono scavate nel corso dei secoli centinaia di piccole fosse votive contenenti un’offerta al dio, di solito una moneta.

Dall’analisi delle 316 monete d’epoca romana rinvenute, è possibile risalire ai periodi, più o meno intensi, di utilizzo del percorso: si è così constatato, basandosi su circa 200 di esse, che ingenti flussi commerciali dovevano attraversare nei decenni successivi alla fondazione di Parma (183 a.C.); le restanti appartengono al periodo Tardoromano (IV-V secolo), mentre mancano monete per i secoli del periodo imperiale. Questo fatto potrebbe spiegarsi con lo spostamento della strada dal Valoria alla Cisa tra il I e il III secolo d.C., forse a causa di una frana sul versante lunigianese; la realizzazione di questa nuova via, come suggeriscono le interpretazioni dei reperti, avvenne sotto l’autorità di Augusto imperatore, patrono probabilmente sia di Parma che di Luni.

Dopo il III secolo, la crisi economica-militare portò all’abbandono del nuovo percorso e al ritorno alla cresta del Valoria, priva di infrastrutture e quindi sempre funzionale, come dimostrano le ultime offerte monetarie, attribuibili ai secoli IV e V.

La frequentazione del valico si interruppe con l’invasione longobarda (anno 568), che potrebbe essersi verificata almeno in parte attraverso il Valoria, come indicano alcuni reperti datati appunto alla seconda metà del VI secolo. Con la fondazione dell’abbazia bercetese ad opera del re longobardo Liutprando (anno 712), la strada della Cisa riprese il suo percorso dotandolo di xenodochi (S. Benedetto di Montelungo), e il Valoria perse così il suo ruolo, limitandosi a una funzione puramente locale.

CATALOGO:

https://www.academia.edu/resource/work/40544902

Cisa Romana – Fondazione Cariparma https://www.fondazionecrp.it/wp-content/uploads/2018/11/Alla-scoperta-della-Cisa-Romana-Catalogo-mostra1.pdf

Il valico della Cisa in età romana: la Sella del Valoria (Comuni di … https://www.fastionline.org/docs/FOLDER-it-2013-288.pdf

https://www.fondazionecrp.it/evento/alla-scoperta-della-cisa-romana-la-sella-del-valoria/

ROQUEPERTUSE UN SANTUARIO CELTO-LIGURE IN PROVENZA

Il sito archeologico di Roquepertuse

Il santuario di Roquepertuse, risalente all’età del ferro, si erge maestoso vicino al villaggio di Velaux, Bouches-du-Rhône, in una delle regioni più suggestive del sud della Francia. La regione era abitata dai Salyens( Salluvii) un popolo o una confederazione “ligure” che aveva subito nel corso del tempo un apporto sempre più marcato dell’ elemento celtico . Sull’ argomento è aperta fin dalla antichità una ” questione” a cui vi rimando nella parte finale del post . Ma torniamo al santuario . Le emergenze architettoniche dei resti, sono ancora oggi chiaramente visibili, grazie anche ai numerosi scavi archeologici successivi. Il santuario si presentava anticamente con una serie di terrazze murate costruite armoniosamente lungo il versante sud-orientale dell’ altopiano che domina la valle del fiume Arc (Armit 2012).

Le scogliere calcaree dal colore bianco che circondano l’altopiano conferivano a questo luogo un fascino , una impressione sacrale ed un’importanza unica, sebbene il santuario stesso fosse comunque anche abilmente nascosto dalla valle.

Le prime indagini archeologiche, condotte da Henri de Gérin-Ricard nel 1919-27, portano alla luce diversi frammenti scultorei come conseguenza di arature e lavoro agricoli (Gérin-Ricard 1927, 1929). Tuttavia, solo un successivo approfondito programma di scavi scientifici guidati da Philippe Boissinot ,degli anni ’90 ha permesso di comprendere pienamente la sequenza archeologica del luogo (Boissinot 2004; Lescure 2004).

Il Primo Santuario

Gli oggetti più antichi a Roquepertuse includono circa 30 piccole stele in pietra, risalenti all’età del bronzo o alla prima parte dell’età del ferro, suggerendo una lunga storia di attività rituali (Lescure 2004, 46).

Il primo santuario ospitava sculture di guerrieri seduti a grandezza quasi naturale, indossanti armature tipiche del V secolo a.C. Queste figure, anche se marziali nella loro natura, emanavano un senso di pace e calma (Benoît 1955, 42).

Le strutture datate con sicurezza risalgono al V secolo a.C., ma la natura e la disposizione del primo santuario rimangono enigmatiche, svanendo nel IV secolo a.C. (Boissinot 2003, 238).

Il Santuario Monumentale

Intorno al 300 a.C., il santuario subì una radicale trasformazione con la costruzione di un consistente bastione difensivo e un monumentale portico in pietra ” impreziosito” (se così si può dire) con teste umane mozzate scolpite nelle nicchie. Le teste umane, esposte anche in altri santuari dell’età del ferro, sono oggetto di varie teorie, ma la loro presenza rimane avvolta nel mistero (Armit 2012).

Il portico, affiancato da statue di guerrieri e una scultura tridimensionale di un rapace, formava un luogo rituale di eccezionale impatto emotivo entro le mura difensive. Iconografie di cavalli, serpenti e corvi, oltre a una figura umana associata a un simbolo solare, adornavano infine la struttura (Coignard e Coignard 1991, 31).

Iconoclastia

Dopo alcune generazioni, il santuario fu sottoposto a un’ulteriore trasformazione. Sono evidenti segni di distruzione iconoclasta , le statue sono deliberatamente distrutte in più frammenti ed anche il portico monumentale viene demolito . In epoca moderna le statue di guerrieri, anche se in frammenti sono però state ricostruite , rimontate ed esposte .

Il sito che era progressivamente cresci forse utilizzato anche per scopi secolari, vide un progressivo aumento dell’area edificata ma alla fine fu abbandonato intorno al 200 a.C. dopo una violenta distruzione.

Questo disegno mostra i motivi geometrici e animali che ornavano uno dei pilastri che formavano il portico. Il pilastro è “aperto” per mostrare la decorazione di entrambi i lati e della parte anteriore. Gli ovali ombreggiati sono le nicchie, che originariamente contenevano teste umane.
Ricostruzione della possibile posizione dei capitelli

Il santuario di Roquepertuse ci offre

Il santuario di Roquepertuse ci offre quindi un’affascinante finestra sull’età del ferro, con la sua evoluzione attraverso fasi di rituali enigmatici, trasformazioni architettoniche e, alla fine, la sua misteriosa scomparsa. ( Fonte https://www.godscollections.org/case-studies/the-roquepertuse-sanctuary)

BIBLIOGRAFIA:

Schwaller. 1992. Espaces public, espaces religieux protohistoriques en Gaule méridionale. Documents d’Archéologie Méridionale 15: 181-248.

Arcelin, P. & A. Rapin. 2003. L’iconographie anthropomorphe de l’Age du Fer en Gaule Méditeranée, pp. 183-220 in O. Büchsenschütz, A. Bulard, M.-B. Chardenoux, & N. Ginoux (eds.) Decors, Images et Signes de l’Age du Fer Européen. XXVI Colloque de l’Association Française pour l’Etude de l’Age du Fer, Paris et Saint-Denis, 2002. Tours FERACF.

Armit, I. 2012. Headhunting and the Body in Iron Age Europe. Cambridge: Cambridge University Press.

Benoît, F. 1955. L’Art Primitif Méditerranéen de la Vallée du Rhône. Gap: Ophrys.

Boissinot, P. 2003. Notice 7 : Velaux (Bouches-du-Rhône), pp. 238-41 in Arcelin, P, & Brunaux, J.-L. (eds.) Cultes et sanctuaires en France à l’âge du Fer. Gallia 60: 1-268.

Boissinot, P. 2004. Usage et circulation des éléments lapidaire de Roquepertuse. Documents Archéologie Méridionale 27: 49-62.

Boissinot, P. & Gantès, L.-F. 2000. La chronologie de Roquepertuse. Propositions préliminaires à l’issue des campagnes 1994-1999. Documents Archéologie Méridionale 27: 249-71.

Boissinot, P. & Lescure, B. 1998. Nouvelles recherches sur le ‘sanctuaire’ de Roquepertuse à Velaux (IIIe s.). Premier résultats. Documents Archéologie Méridionale 21: 84–9.

Coignard, R. & Coignard, O. 1991. L’assemble lapidaire de Roquepertuse : nouvelle approche. Documents Archéologie Méridionale 14: 27-42.

Gantès, L. F. 1990. Roquepertuse : le site protohistorique, pp. 162-4 in Musées de Marseille Voyage en Massalie : 100 Ans d’Archéologie en Gaule du Sud. Marseille: Edisud.

Gérin-Ricard, H. de 1927. Le Sanctuaire Préromain de Roquepertuse à Velaux (Bouches-du-Rhône). Son Trophée – Ses Peintures – Ses Sculptures. Étude sur l’Art Gaulois avant le Temps Classiques. Marseille: Société de Statistique, d’Histoire, et d’Archéologie de Marseille et de Provence.

Gérin-Ricard, H. de 1927. Le Sanctuaire Préromain de Roquepertuse à Velaux (Bouches-du-Rhône). Son Trophée – Ses Peintures – Ses Sculptures. Étude sur l’Art Gaulois avant le Temps Classiques. Marseille: Société de Statistique, d’Histoire, et d’Archéologie de Marseille et de Provence.

Gérin-Ricard, H. de 1929. Le Sanctuaire Préromain de Roquepertuse (fouilles de 1927) : Étude sur l’Art Gaulois avant le Temps Classiques (Supplément). Marseille: Provincia. 

Lescure, B. 1990. Roquepertuse : collection archeologique, pp. 165-71 in Musées de Marseille Voyage en Massalie : 100 Ans d’Archéologie en Gaule du Sud. Marseille: Edisud.

Lescure, B. 2004. La statuaire de Roquepertuse et ses nouveaux indices d’interprétation àl’issue des fouilles récentes. Documents Archéologie Méridionale 27: 49-62.

Rapin, A. 2003. De Roquepertuse à Entremont, la grande sculpture du Midi de la Gaule. Madrider Mittielungen 44: 223-46.

LINKS:

https://journals.openedition.org/dam/2726

https://journals.openedition.org/dam/5753
https://dialnet.unirioja.es/descarga/articulo/240987.pdf

GUIDA / AUDIOGUIDA ALLA VISITA DELLA CITTÀ:

https://izi.travel/it/efd2-visita-della-citta-gallica-di-roquepertuse/it

ROQUEPERTUSE IN VIDEO:

https://vm.tiktok.com/ZGeJ9Naxx/

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ETNOGENESI DEI SALYENS/SALII : UN PROBLEMA ANCORA IRRISOLTO

https://it.frwiki.wiki/wiki/Salyens

https://books.openedition.org/pccj/101

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1b. I Celtoligi e i Ligini secondo gli autori “più recenti”.

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1 C. I Saliani e i Ligini al tempo di Strabone

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(Mappa base CNRS UMR 5140 – DAO P. Tollard)

FIBULE E PENDAGLI DI ISPIRAZIONE CELTICA GOLASECCHIANA NELLA LIGURIA INTERNA DELLA MEDIA ETÀ DEL FERRO.

La civiltà dei Celti di Golasecca ha influenzato profondamente la cultura dei Liguri della pianura nella media età del Ferro . L ‘apporto culturale è reso ancora più evidente da una serie di oggetti personali maschili e femminili di evidente provenienza Golasecchiana nel periodo della media età del Ferro . Lo studio che qui riassumiamo e di cui è a fondo pagina disponibile il link su academia.com, concentra l’attenzione principalmente sul Piemonte. Tra tutti i reperti, le fibule rappresentano la categoria più numerosa. Esistono diverse tipologie di fibule, alcune tipiche dell’abbigliamento maschile, come le fibule ad arco serpeggiante in ferro e bronzo o quelle a drago, mentre altre sono più legate all’abbigliamento femminile, come le fibule a sanguisuga con anima in cotto o a navicella. Queste fibule mostrano somiglianze con la cultura di Golasecca, un’area geografica circostante.

Il periodo compreso tra il 600 e il 475 a.C. sembra caratterizzato da una maggiore aderenza alle tipologie golasecchiane delle fibule di ambito maschile, anche se in numero inferiore rispetto a quelle di ambito femminile, che sono più numerose e variegate. Tuttavia, alcuni particolari riscontrati nei reperti piemontesi suggeriscono che potrebbero esserci state rielaborazioni locali delle tipologie di riferimento dell’epoca. Questo periodo coincide con una crescita delle comunità locali grazie all’espansione commerciale etrusca in Italia settentrionale.

Inoltre, si notano reperti di pendagli e altri oggetti legati all’abbigliamento e all’uso personale. Questi oggetti, a eccezione di quelli legati alla cura della persona, sembrano mostrare affinità con i prototipi golasecchiani. La prevalenza di oggetti in bronzo e ferro suggerisce l’influenza dell’area insubre, anche se le varianti locali indicano che potrebbero essersi svolte attività metallurgiche nella regione.

Il testo menziona anche la mobilità di individui, soprattutto femminili, che potrebbero aver giocato un ruolo nella diffusione di queste influenze culturali. Questo fenomeno potrebbe essere stato legato a strategie matrimoniali e alleanze promosse dalla cultura di Golasecca nell’ambito di accordi commerciali. Nel complesso, il testo fornisce un quadro affascinante della storia archeologica del Piemonte nella Media Età del Ferro e delle influenze culturali in gioco.

STUDIO COMPLETO:

https://www.academia.edu/resource/work/8222758

https://www.academia.edu/resource/work/8222913

GLI ANTICHI POPOLI DEL PIEMONTE.

Edizioni

DAL PALEOLITICO ALL’ETÀ DEI CELTI E DEI LIGURI

I rifugi della montagna Fenera, i villaggi antichi della Rocca di Cavour, di Chiomonte e di Alba, le pietre incise del Canavese, le incisioni rupestri del monte Bego, le abitazioni su palafitte di Viverone e Mercurago, le città dei morti e i villaggi degli antichi Liguri e Celti: sono solo alcuni esempi di un patrimonio archeologico eccezionale, che dipinge un’immagine sorprendente di un Piemonte perfettamente inserito in circuiti di scambio su scala europea. Lungo i valichi alpini e le rive dei fiumi, viaggiavano individui e merci di grande valore, come le meravigliose asce in pietra verde del Monviso e il rame proveniente dalle miniere delle Alpi. La scoperta di aree cerimoniali dell’età del Rame dimostra che anche il Piemonte ha conosciuto le prime società a struttura piramidale, quasi contemporaneamente allo sviluppo delle società proto-urbane dell’Oriente. Nell’età del Bronzo, i primi gruppi proto-celtici si sono insediati nella regione; il territorio ha restituito alcune delle più antiche iscrizioni celtiche al mondo, mentre le usanze e la società dei Liguri e dei Celti sono documentate attraverso le testimonianze degli storici greci e latini e grazie agli oggetti scoperti dall’archeologia. L’affascinante avventura della preistoria in Piemonte, dalle origini fino alla romanizzazione, ci porta alla scoperta di un patrimonio archeologico, storico e culturale unico, ma ancora poco conosciuto dal grande pubblico. Un viaggio affascinante alla ricerca delle nostre radici più antiche.

GLI ANTICHI POPOLI DEL PIEMONTE, L’INDICE:

Introduzione. La grande avventura della preistoria del Piemonte ✦ Capitolo 1 PALEOLITICO L’uomo alla conquista del Piemonte • Ursus spelaeus e la grotta della Bàsura • La Rocca di Cavour • La formazione del Tanaro e del Po • Musei e aree archeologiche del Pleistocene Medio e Superiore e del Paleolitico ✦ Capitolo 2 NEOLITICO L’età dei pionieri contadini e allevatori • La terracotta come «fossile guida» • Il Neolitico Medio • Il papavero a Castello di Annone (AT) • La navigazione: le piroghe monossili • Cultura di Chassey • Le statuette neolitiche in terracotta • La pietra verde • Musei e aree archeologiche del Neolitico • I luoghi del Mesolitico e del Neolitico ✦ Capitolo 3 ETÀ DEL RAME La nascita di una società piramidale • La produzione tessile • Musei e aree archeologiche dell’età del Rame •I luoghi dell’età del Rame ✦ Capitolo 4  ETÀ DEL BRONZO La genesi di un «mondo eroico» • La cultura dei Tumuli centroeuropea • Arte rupestre: il monte Bego • Musei e aree archeologiche dell’età del Bronzo • I luoghi dell’età del Bronzo ✦ Capitolo 5 ETÀ DEL FERRO Celti, Etruschi, Liguri e Roma • Celti o Galati • Scamozzina, Protogolasecca e Golasecca • Le iscrizioni leponzie • La cultura di Golasecca • La seconda età del Ferro • Arte celtica della seconda età del Ferro • I Taurini prima di Augusta Taurinorum • Il mondo etrusco e il suo raggio d’azione • I Liguri • Susa e il patto con Cozio • Le campagne di Ottaviano Augusto sui Salassi nelle fonti • La romanizzazione • Le miniere salasse e romane della Bessa • Musei e aree archeologiche dell’età del Ferro • I luoghi dell’età del Ferro ✦ Glossario ✦ Letture consigliate sul Piemonte preistorico.

L’AUTORE:

Sandro Caranzano si è formato presso la scuola archeologica torinese e ha svolto studi e ricerche sulla preistoria alpina e sulla civiltà romana provinciale. Autore di articoli scientifici e divulgativi e con una lunga esperienza di docenza, ha condotto ricerche in Giordania per l’Università di Torino (G. Gullini) e ha collaborato allo studio e alla pubblicazione dei siti archeologici di Chiomonte La Maddalena e di Viverone promossi dalla Soprintendenza Archeologica del Piemonte. Dal 2014 dirige con N. Ceka la missione archeologica italiana presso la cittadella ellenistica di Selca (Albania).

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TUTTA L’ARCHEOLOGIA DEL PIEMONTE MINUTO PER MINUTO:

http://archeo.piemonte.beniculturali.it/index.php/en/quaderni-della-soprintendenza-archeologica-del-piemonte

http://www.sabap-to.beniculturali.it/index.php/attivita/editoria/13-editoria/140-quaderni-5

Piemonte

CELTI GOLASECCHIANI E I POPOLI CONFINANTI DELLA PADANIA.

CELTI GOLASECCHIANI e popoli limitrofi

CELTI VERSO I LIGURI:

Nel lungo periodo di tempo che va dalla fine dell’età del Bronzo all’inizio dell’età del Ferro, la pianura bassa che si trova oggi nelle province di Vercelli, Pavia e Lodi è stata il margine meridionale dell’area in cui si è sviluppata la cultura di Protogolasecca e successivamente la cultura di Golasecca. Al contrario, a partire dalla fine dell’età del Bronzo, la zona montuosa a sud del fiume Po, compresa tra il sud del Piemonte, l’entroterra ligure, l’Oltrepò pavese e l’Appennino piacentino, ha iniziato a mostrare elementi culturali autonomi, che recentemente sono stati chiamati “protoligure”. Anche durante l’età del Ferro, l’area montuosa può essere considerata la parte settentrionale e interna del territorio ligure nel suo complesso. Quindi, il territorio in esame è un’ampia area di confine tra due ambiti culturali, di cui rappresenta rispettivamente la periferia meridionale e l’estremità settentrionale. Prima di esaminare le prove archeologiche, è importante sottolineare che, nonostante negli ultimi anni siano emerse molte nuove testimonianze archeologiche, i dati relativi a questa vasta area geografica sono ancora frammentari e disomogenei in termini di quantità e qualità: di alcuni siti si hanno solo prove parziali di insediamenti, mentre di altri si conosce solo la presenza di necropoli. Inoltre, sono noti diversi manufatti isolati, che possono essere utilizzati per colmare le lacune nella documentazione, ma potrebbero indicare la presenza di insediamenti più consistenti nel territorio che finora sono sfuggiti alle ricerche sul campo. Silvia Paltineri analizza le fonti ed le più recenti informazioni archeologiche nel seguente articolo:

https://www.academia.edu/resource/work/37589442

CELTI VERSO I CAMUNI E RETI

Lo sviluppo della cultura di Golasecca è uno dei fenomeni più importanti nella storia antica del nord Italia. Tuttavia, le sue implicazioni vanno oltre i confini locali e si estendono su una scala più ampia, come dimostrano i suoi stretti legami commerciali. La presenza di questa cultura forte e influente ha avuto un impatto significativo sull’ambiente circostante.
L’obiettivo dell ‘articolo nel link è fornire un’analisi delle popolazioni che abitavano nelle aree ad est del territorio golasecchiano orientale, appena al di là dei suoi confini. LINK:

https://www.academia.edu/resource/work/37162944

LA LOMBARDIA DEL PRIMO MILLENNIO: UN PONTE TRA MEDITERRANEO E NORD EUROPA

Da riviste.unimi.it

Il volume raccoglie gli Atti di un Convegno internazionale tenutosi presso il Dipartimento di Studi Storici dell’Università degli Studi di Milano il 28-29 novembre 2019. L’incontro aveva lo scopo di sollecitare nuove prospettive di ricerca attraverso lo scambio e il confronto tra specialisti di diversa formazione, nel superamento di rigidità periodizzanti e barriere disciplinari. I contributi si concentrano sull’area oggi definibile come lombarda, vista nei suoi rapporti con altre realtà geografiche in una prospettiva di lungo periodo (dall’età imperiale romana sino a tutto l’alto medioevo), e affrontano tematiche di storia politica, militare, economica, religiosa e culturale.

SAGGI

INTERO NUMERO

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LIGURIA ARCHEOLOGICA

LiguriArcheologica

( http://www.liguriarcheologica.it/) è un bellissimo sito ricco di informazioni , collegamenti , documenti e risorse divise secondo le province della Liguria . Quindi una vera e propria fotografia ” archeologica” di un territorio straordinario popolato fin dalla più remota antichità. La documentazione è ricchissima.( Mi perdonino gli autori se mi permetto di suggerire di estendere l’area di studio non solo al territorio dell’attuale Liguria ma a tutto il territorio ligure antico che comprendeva come noto una area più estesa com il Piemonte Meridionale, la Lunigiana , l Emilia appenninica e parte della Provenza.

Vi lascio alla descrizione del sito da parte dell’autore:

Il progetto “LiguriArcheologica” non vuole sostituire assolutamente guide, libri o siti web specialistici, che è possibile continuare a consultare e leggere da parte dell’appassionato di archeologia, ma dare solo un piccolo contributo, a chi ne fosse interessato, per allargare la platea di coloro che non sono ancora riusciti a conoscere ed apprezzare pienamente i molti tesori della Liguria archeologica.

Roberto Rodolfo De Lorenzi

Ecco LINK:

http://www.liguriarcheologica.it/

La distribuzione delle tribù Liguri in epoca protostorica.