IN OTTOBRE LA RIAPERTURA CON UN NUOVO ALLESTIMENTO
Oggetti in bronzo museo archeologico di Pesaro
Da “la Repubblica”
Nel cuore del centro storico di Pesaro, tra vie e case scampate alla Seconda guerra mondiale che danno un senso di un delicato equilibrio urbano, a palazzo Almerici al numero 97 di via Mazza tra ottobre o, con più probabilità novembre, riapre un gioiellino dell’archeologia: il Museo Archeologico Oliveriano.
Da raccolta privata a cosa pubblica per spirito civico
A piano terra in quattro sale con volte e laterizi in vista si dispiega una raccolta di oltre 200 reperti che copre un arco di tempo dal VII secolo a.C. circa all’epoca paleocristiana, al IV secolo d.C.. Al di là dei pezzi esposti, il Museo Oliveriano rappresenta un caso esemplare di quelle donazioni innervate di spirito civico da cui si genera una raccolta di tutto rispetto: il nucleo infatti è formato dal lascito alla città dell’erudito e intellettuale Annibale degli Abbati Olivieri (1708-1789), che inglobava i reperti avuti in dono dall’amico Giovan Battista Passeri (1684-1780), e che nel testamento dispose che fossero unite “perché la cittadinanza in un sol luogo e ad uso pubblico potesse liberamente disporre di tutto quello che due cittadini avevano saputo amorosamente raccogliere”. Olivieri lasciava alla città anche una ricca biblioteca.
Museo e biblioteca Olivieri di Pesaro
Una proprietà privata diventava dunque cosa pubblica a beneficio di tutti. Il museo aprì in un altro edificio nel 1793, si trasferì a palazzo Almerici, rimase chiuso dal 1928 al 1967. Nel 2012 pesanti infiltrazioni d’acqua nell’edificio obbligarono il Comune a chiudere, riaprì tra il 2014 e il 2015, richiuse: servivano lavori complessivi.
La riapertura con un nuovo allestimento
La prolungata chiusura del museo aveva generato negli anni discussioni in città. L’amministrazione comunale guidata oggi dal sindaco Matteo Ricci non stava però a guardare: insieme alla Fondazione Ente Olivieri presieduta da Fabrizio Battistelli che gestisce la raccolta archeologica e la biblioteca al piano superiore e con una spesa di 1,2 milione di euro ha riallestito, restaurato e adeguato le sale anche in vista di Pesaro Capitale italiana della cultura nel 2024.
Mosaico e Eros in bronzo. Pesaro museo archeologico
Ha curato il progetto scientifico l’archeologa del Ministero della cultura Chiara Delpino; ha firmato l’allestimento e il progetto museografico lo studio Startt. Il Comune fa sapere che bookshop e servizi vari verranno approntati per la riapertura al pubblico. Intanto la raccolta è già allestita, i giornalisti sono ammessi e possono descrivere un viaggio che dall’età del bronzo passa per la romanizzazione e la fondazione della colonia romana nel 184 a.C. conduce fino ai sarcofagi paleocristiani in una classica sequenza di culture susseguitesi nel medesimo territorio.
Pesaro Museo archeologico oliveriano, testa di Augusto
La stele con la battaglia navale
L’incipit lo dà la prima sala con tre “stele di Novilara”, da un gruppo di otto stele dalla necropoli picena dell’VIII-V secolo a.C. scoperta vicino a Pesaro nel 1860. Il pezzo più impressionante sembra un grosso fumetto di pietra su una scena navale: ha una nave a vela e tanti piccoli rematori nella fascia superiore, due imbarcazioni con combattenti che si fronteggiano nella fascia inferiore.
Come riporta il pannello espositivo, un’altra stele con iscrizioni è un falso di fine ‘800 mentre l’originale di quella con figure in lotta e a caccia è al Museo Pigorini del Museo della civiltà di Roma e tuttavia, avverte sempre il Museo Oliveriano, probabilmente è anch’essa opera di un falsario. In ogni caso apre il percorso un affascinante “anemoscopio di Boscovich”, ovvero un disco solare inciso sui venti e per osservazioni astronomiche del II secolo d.C. e scoperto a Roma nel 1759.
Anemoscopio di Pesaro
Perché sta all’ingresso? Perché Annibale Abbati degli Olivieri lo dispose in modo chiaro: l’anemoscopio doveva aprire la raccolta e così è. Per inciso: il restauro dei corredi della Necropoli di Novilara è stato finanziato dall’Ufficio Cultura del Governo Svizzero. 🇨🇭
La direttrice Paolini: “I pezzi forti? Dall’epigrafe ad Augusto”
“Il museo ha quattro sezioni. La prima appunto è su Novilara. La seconda è sul Lucus Pisaurensis, un bosco sacro e luogo di culto che individuò qui vicino Olivieri nel 1737. La terza sezione è sulla Pesaro romana, la quarta è sulle collezioni Olivieri e Passeri”, spiega Brunella Paolini, che dirige l’ente Olivieri compresa la biblioteca al piano superiore del palazzo e aperta al pubblico. Facendo da guida a Repubblica.it e invitata a indicare tre pezzi forti della collezione, cosa sceglie la direttrice? “Partirei dall’epigrafe bilingue in latino ed etrusco del I secolo d.C. – risponde – Dimostra la presenza di un aruspice a Pesaro.
Eros in bronzo
In secondo luogo indico gli oggetti dalla domus pesarese, con i mosaici, il brano d’affresco, l’amorino o eros in bronzo del II secolo d.C.”.
Quale terzo pezzo forte, Brunella Paolini suggerisce la sequenza di quattro teste romane con Augusto, sua moglie Livia, il cui padre era pesarese, e due bambini, un figlio sicuro della donna “mentre il più piccolo non è stato identificato”.
Ex voto Pesaro Museo archeologico oliveriano, Ercole bronzetto
La vetrina dei bronzetti
Di suo gusto la direttrice invece predilige “la vetrina dei bronzetti, oggetti votivi molto comunicativi anche per il nostro tempo”. Annotazione pertinente. La vetrina espone un’elaborata “hydria” del VI secolo a.C. di origine greca, da un’anfora, come numerosi pezzi per lo più etrusco italici, dal frammento di un braccio con panno a una mano che impugna un serpente saettante fino a un piccolo Ercole con clava. “Il bronzetto, del VI-V secolo a.C., era stato rubato negli anni ’60, fu recuperato negli Stati Uniti nel 2015 dal comando dei carabinieri del patrimonio artistico”, ricorda la direttrice. Il catalogo, informa il Comune, sarà pronto in autunno. Info su https://oliveriana.pu.it
********************
LA DOMUS DI VIA DELL’ABBONDANZA DI PESARO
L’area archeologica di via dell’Abbondanza (nota anche come Domus di via dell’Abbondanza) è stata scoperta nel corso di lavori edili nel 2004 e scavata fino al 2005; musealizzata da fine agosto 2015, oggi è aperta e accessibile al pubblico con modalità di fruizione all’avanguardia.
L’odierna sistemazione è il risultato del progetto di lavoro a cura della Soprintendenza Archeologia delle Marche, del Comune di Pesaro e di Sistema Museo.
Museo archeologico Pesaro
Si tratta di un esempio di abitazione signorile della prima età imperiale romana. L’importanza e la disponibilità economica del proprietario si esprimono sia nella posizione della domus nel tessuto urbano, con l’ingresso principale aperto sul cardine, sia nella ricchezza dell’apparato decorativo.
Costruita fra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C., fu restaurata più volte e continuò a essere abitata almeno fino agli inizi del III secolo d.C.
La planimetria e lo schema architettonico appaiono molto regolari. Lo spazio era organizzato intorno all’asse che dall’ingresso passava attraverso l’atrium, posto oltre i limiti di scavo in direzione del Duomo, e arrivava al peristilio, di cui è conservata buona parte della struttura porticata, con basi di colonne disposte lungo i lati interni, a margine delle canaline di raccolta dell’acqua piovana.
Ai lati del peristilio si aprivano le stanze riservate alla vita privata della famiglia, alle quali si accedeva attraverso importanti soglie a mosaico. I mosaici, tutti in bianco e nero, sono ampiamente conservati e costituiscono l’elemento più affascinante della casa, grazie anche a una recente e accurata opera di restauro.
Degli affreschi restano solo porzioni alla base di alcuni ambienti, ma numerosi frammenti sono stati rinvenuti negli scavi insieme a stucchi e a rare decorazioni in terracotta. Al V secolo d.C. si data la costruzione dell’impianto termale documentato dall’ambiente a ipocausto su suspensurae, ricavato scavando una delle stanze originarie della domus, già abbandonata da tempo. ( da pesaromusei.it)
Dai confini della Regio Transpadana, la via delle Gallie ci ha condotto fino a LUGDUNUM , l’odierna Lione, la capitale delle tre Gallie.
La via delle Gallie è una antica strada romana consolare fatta costruire da Augusto , probabilmente seguendo il tracciato di più antichi sentieri che collegavano la Gallia Cisalpina con quella Transalpina. Fu anche la prima opera pubblica realizzata dai Romani in Valle d’Aosta. La via attraversava in parte le moderne Italia, Francia e la Svizzera.
Vie Romane nelle Gallie
Era stata progettata con lo scopo di facilitare l’espansione militare e politica romana verso le Alpi che si concretizzò poi nelle guerre alle popolazioni alpine sotto Augusto. La via delle Gallie iniziava da Mediolanum (la moderna Milano) e passava per Augusta Eporedia (Ivrea) biforcandosi in due rami all’altezza di Augusta Praetoria (Aosta).
Il teatro romano di Aosta /Augusta Pretoria Aosta – resti del teatro romano illuminato di notteRicostruzione del foro di Aosta Augusta Pretoria. Spettacolare la visita del criptoportico
Da Augusta Praetoria un ramo della strada si dirigeva verso il passo del colle del Piccolo San Bernardo (lat. Columna Iovis) fino a Lugdunum (Lione), mentre l’altra diramazione giungeva al passo del colle del Gran San Bernardo (lat. Mons Iovis) per poi condurre verso Octodurus (Martigny), nel moderno Canton Vallese, in Svizzera.
Domnas nei pressi di Bard, via delle Gallie- Valle D ‘ Aosta
Per raggiungere Lugdunum dal territorio dei Salassi si poteva valicare il Piccolo San Bernardo, nelle Alpi Graie, e attraversare le terre dei Ceutrones, oppure affrontare il Poeninus, il Gran San Bernardo. Secondo Strabone il primo tragitto era più agevole ed era percorribile quasi interamente con i carri, mentre l’altro era stretto e ripido, ma più breve. Più a ovest, nel territorio dei Cozii, si aprivano il valico del Monginevro e quello del Moncenisio. « Le grandi vie romane, le quali collegavano l’Italia con la valle del Rodano, erano quelle delle due Dore : il Mons Matrona ( Monginevro ), la Alpis Graia (Piccolo San Bernardo ) e l’Alpis Poenina ( Gran San Bernardo ). »
noi abbiamo seguito la strada fino a LUGDUNUM teoricamente attraversando le seguenti tappe:
Da Augusta Praetoria (Aosta), attraversiamo Fundus Gratianus (Gressan), Fundus Joventianus (Jovençan), Sarra (Sarre), Aimivilla (Aymavilles), Arvarium (Arvier), Avisio (Avise), Sala Duria (La Salle), Moriacium (Morgex), Araebrigium (Pré-Saint-Didier) e Tuillia Salassorum (La Thuile), dopo di cui valichiamo il passo del colle del Piccolo San Bernardo (lat. Columna Iovis), per poi dirigersi verso Sextum Segetium (Séez), Capellae Centronum (Les Chapelles), Bellantrum (Bellentre), Axima (Aime), Munsterium (Moûtiers), Aquae Albae (Aigueblanche), Liscaria (La Léchère), Fessona Brigantiorum (Feissons-sur-Isère), Cevis (Cevins), Bastita (La Bâthie), Turres (Tours-en-Savoie), Oblimum (Albertville), Hillium (Gilly-sur-Isère), Camusellum (Chamousset), Castrum Novum Allobrogum (Châteauneuf), Capanna ad Melianum Montem (La Chavanne), Riparia (La Ravoire), Camberiacum (Chambéry), Nanciae (Nances), Dulinum (Dullin), Verale Bellomontium (Verel-de-Montbel), Bellus Mons ad Tramonaecum (Belmont-Tramonet), Romagnieu (Romagnieu) terminando a Lugdunum (Lione).
VIENNE
Vienne è stata prima di essere romana , la capitale degli Allobrogi , una potente tribù gallica . Il termine Allobrogi significava probabilmente che essi erano una popolazione celtica proveniente da altre aree( Allobrogi in celtico “allo brox ” ovvero quelli di un altro territorio). Nel 123 a.C. dopo aver ospitato il re dei Salluvi Tutomotulo, in fuga dai Romani, gli Allobrogi furono attaccati dai Romani che riuscirono a battere nell’agosto del 123 questo popolo . Inizia poi un periodo di intensa romanizzazione.
MUSEO GALLO-ROMANO DI SAINT ROMAIN EN GAUL
La prima tappa che abbiamo raggiunto è stata quella di visitare il sito di Saint Romain EN Gaul-VIENNE a circa 30 km a sud di Lione, sulla riva destra del Rodano. Il museo gallo-romano di recente inaugurazione è bellissimo! La parte musealizzata contiene tantissimi tesori( eccezionali mosaici , pitture ceramiche, etc) tutti esposti con moderni criteri di fruizione per il pubblico. L’ ambiente è luminoso ed accogliente .Al momento sono stati scavati tre ettari di una parte di un quartiere della città romana di Vienne, una delle città più ricche della Gallia romana già importante centro dei Galli Allobrogi. Vi consigliano di farvi dare una audioguida in italiano. Al di fuori del museo si estende l’area archeologica con i resti delle domus , delle abitazioni, dei centri termali etc. Molto suggestive sono le anastilosi con la ricostruzione delle fontane dove sgorga acqua fresca.
Mosaico dei due oceani. Il mosaico è diventato il simbolo del museo stesso. Realizzato verso il 180 d.C. .Le macchie più scure sono dovute ad incendio che ha distrutto la villa nel III sec.d.C.Mosaico degli atleti vincitori III sec d.C VienneAffresco dalle pareti delle terme dei littori. L’ affresco era posizionato sulle pareti delle latrine pubbliche delle terme. Scoperto nel 1991-VienneMosaico degli atleti vincitori.inizio III Sec.d.C.Mosaico dei due fiumi.scoperto a Vienne nel 1981. Museo di Saint Romain EN Gaul-VIENNE Mosaico dello scudo II sec d.CMosaico dello scudo II SEC d.C. Saint Romain EN Gaul-VIENNE Affreschi Museo archeologico di Saint Romain EN Gaul-VIENNE Affreschi .museo archeologico di Saint Romain EN Gaul-VIENNE Mosaico dalla villa del cratere e degli uccelli Saint Romain EN VIENNE II sec.d.C.Mosaico dalla villa del cratere e degli uccelli II sec.d.c VienneMosaico di Orfeo fine II sec d.C. Saint Romain EN VIENNE museo archeologico. Orfeo nel mosaico originale si trovava al centro attorniato da vari animaliMosaico di Orfeo fine II sec d.C. Saint Romain EN Gaul-VIENNE museo archeologico Mosaico di Orfeo fine II sec d.C. VIENNE museo archeologico Saint Romain EN Gaul-VIENNE Afrodite sulla destra e sul fondo gli affreschi del ninfeo dei trampolieri Saint Romain EN Gaul-VIENNE.Affreschi del ninfeo dei Trampolieri. Saint Romain EN Gaul-VIENNE Statua di Afrodite scoperta nel 1845 non lontano dal museo che ora la ospita. II – inizio III sec.d.C. sullo sfondo l affresco del ninfeo dei Trampolieri I sec d.C.Statua di Afrodite inquadrata da dietro II- inizio III sec d.C.Frammento di affresco della villa dei Due Oceani .Saint Romain EN Gaul Vienne II sec d.C.Frammento di affresco da Saint Romain EN Gaul-VIENNE Altorilievo del dio gallico Sucellus , dio delle selve. I suoi attributi sono un martello ed una coppa. Spesso , come in questo caso è accompagnato da un cane vedi link: http://bifrost.it/CELTI/Museo/Archeologia-Sucellos.html
Intorno a questi oggetti rinvenuti a Vienna o nei dintorni si trovano collezioni da siti lontani: oggetti in provenienti da necropoli di Champagne dell’età del bronzo donati dal curatore Vassy, o necropoli predinastiche di Khozan (Egitto) e antiche necropoli di Koban (Ossezia) donate da l’archeologo lionese Ernest Chantre.
Ceramiche votive falliformi e lucerne erotiche – Museo delle belle arti di VienneAltorilievo del dio gallico Sucellus. La divinità veste alla gallica e porta un martello sulla spalla sinistra ed un olla nella mano destra.un cane sta ai suoi piedi. II sec d.C.Vienne.Passeggiando per le strade di Saint Romain EN Gaul-VIENNE
Intorno a questi pezzi eccezionali sono serie notevoli: antefisse, tubi di piombo, lucerne, sigillata, cristalleria, ceramica comune…
Passeggiando per le vie di Saint Romain EN Gaul-VIENNE Area archeologica di Saint Romain en Gaul ViennePasseggiando per le vie di Saint Romain EN Gaul-VIENNE Il teatro di Vienne.
IL MUSEO DELLE BELLE ARTI DI VIENNE: Questo museo benché sia progettato ed esposto con un taglio un po’ ottocentesco ha al suo interno dei pezzi pregevoli sulla storia della citta’.
la ricchezza dell’antica città di Vienna si riflette nelle collezioni di questo periodo. Diversi bronzi monumentali (statua a grandezza naturale a tondo di Pacaziano, II secolo dC, rilievo in bronzo dorato di delfini, frammenti di una statua equestre) costituiscono un insieme notevole.
Il deposito di Place Camille-Jouffray è stato scoperto nel 1984, durante il salvataggio di Place Camille Jouffray. Fu trovato in una casa, situata a est della strada principale e vicino a un fanum, un tempietto di tradizione gallica. Il ritrovamento comprende una serie di oggetti metallici risalenti all’inizio del IV secolo[9].
Comprende elementi in ferro (utensili), bronzo (stoviglie) e soprattutto argento: sepolto all’inizio del IV secolo, si compone di stoviglie (piatto con decorazione pastorale, tridente in miniatura in particolare), due portaspezie, oggetti relativi a ornamento (specchio) e un oggetto di culto (patera).
Armi dei Galli Allobrogi-Vienne museo delle belle artiTesoro romano in argento -. Vienne museo delle belle artiScrigno di avorio di testa di giovane e sullo sfondo statua in bronzo di Pacaziano-Vienne museo delle belle artiDelfini di bronzo- Vienne museo belle arti lucerne con scene gladiatorie
LUGDUNUM (LIONE)
Lugdunum (o Lugudunum ), oggi Lione , è il nome del sito gallico dove venne poi fondata una colonia romana dal Governatore della Gallia Lucio Munatius Plancus nel 43 a.C. ovvero un anno dopo l’uccisione di Cesare. In tale sito furono ospitati i coloni scacciati dagli Allobrogi dalla vicina Vienne . Dal 27 a.C divenne la capitale delle tre Gallie. La città Romana dalla collina di Fourviere si estese successivamente fino alla penisola tra i due fiumi. Recenti ritrovamenti hanno evidenziato che l’area era già occupata da popolazioni celtiche.
Origine del nome della città
Dibattuta è l’origine del nome Lugdunum o nella versione Lugudunum . Deriverebbe da parole celtiche :
1 ipotesi da Lug Dunum ovvero la fortezza del Dio Lug ( una delle principali divinità galliche)
2 ipotesi dal Leucos Dunum ovvero la fortezza luminosa
(…)Colonia Copia Felix Munatia Lugdunum LUGDUNUM viene fondata nel 43 a.C. da L. Munazio Planco, come egli stesso ricorda nell’iscrizione del suo mausoleo a Gaeta84, con il tradizionale rito del solco tracciato con l’aratro trainato da una giovenca e un bue bianchi, preceduto e seguito da tutte le usanze e le cerimonie connesse alla sacralità dell’atto. Le tracce del primo impianto della colonia sono emerse solo di recente e sono molto labili, poiché si trattava di una città di terra e di legno, edificata sullo schema dei campi legionari, per la quale non si riconoscono edifici pubblici tranne uno pseudo santuario di Cibele85. In età augustea, con la riorganizzazione della provincia voluta da Agrippa, Lugdunumdiventa non solo la capitale della Gallia Lugdunense, ma anche la sede del potere imperiale e di quello religioso per le tre Gallie, e si avvia a essere la « métropole économique des Gaules »86 ; nel 15 a.C. nasce la zecca di Lugdunum.
La vera trasformazione urbanistica avviene però solo in età claudia, probabilmente anche grazie ai favori che il principe elargisce alla sua città natale, ma non sono molte le opere che gli si possono attribuire con sicurezza87.
Sappiamo dalle fonti di un incendio devastante scoppiato nel 64, che avrebbe provocato danni tanto ingenti da spingere Nerone a restituire alla città quattro milioni di sesterzi inviati a Roma prima del disastro. Di questo evento, però, non è mai emersa alcuna traccia archeologica sicura88.
Elemento cardine della città, sulle pendici della Croix-Rousse, è il santuario federale delle Tre Gallie ( https://it.wikipedia.org/wiki/Santuario_federale_delle_Tre_Gallie), il cui aspetto ci è noto dalle raffigurazioni sulle monete di età giulio-claudia, ma della cui organizzazione sappiamo molto poco.
anfiteatro di Lugdunum e sotto moneta con raffigurazione della Altare delle tre Gallie
Lugdunum, grazie alla sua felice posizione geografica, alla confluenza tra la Saône e il Rodano, diventa ben presto uno snodo commerciale, un porto e un centro di produzione di primo piano, come testimonia anche una eccezionale concentrazione di iscrizioni (almeno una trentina) che ricordano artigiani diversi tra i quali produttori di sapone e di tessuti, tintori, mercanti di vino e di ceramica89, oltre a un negotiator argentarius et vascularius90. Ben attestati sono soprattutto i nautaedelle corporazioni legate alla navigazione fluviale sul Rodano e sulla Saône e, più in generale, i negotiatoresattivi nei commerci tra i due versanti alpini, come Sennius Metilius, originario di Treviri, noto da un cippo rinvenuto a Lione nel 188491.
A Lugdunum impiantano grandi filiali anche alcuni produttori italici, come il ceramista pisano Cn. Ateius92, che si rendono conto di poter così gestire meglio l’approvvigionamento degli eserciti stanziati sul limes renano, e in breve la città attira artigiani e mercanti da centri vicini e lontani, come un anziano
produttore di vetri di origine cartaginese93 o i negotiatores vinarii di Alba94 e di Treviri95. Sono noti intermediari attivi in diversi rami, come C. Sentius Regulianus che commercializzava vino, ma importava anche olio della Betica, ed è probabile che almeno parte dei battellieri gestisse delle vere e proprie imprese di trasporti sia fluviali che terrestri96.
Sulla Saône sono stati individuati a più riprese diversi porti probabilmente destinati alla gestione di merci differenti e, in anni recenti, sulla riva destra, nello scavo per la realizzazione del parcheggio Saint-Georges, sono stati rinvenuti ben sedici relitti databili tra il I e il XVIII secolo ; di questi, sei sono di epoca romana (I-III secolo). Si tratta di chiatte a fondo piatto, prive di chiglia, che arrivano a superare i 30 metri di lunghezza e i 5 di larghezza ; profonde fino a 120 cm, potevano caricare circa 150 tonnellate, una portata di tutto rispetto, che fa pensare a traffici regolari e probabilmente destinati anche a centri lontani. Le chiatte erano in grado di navigare nei due sensi, scendendo lungo il fiume e risalendo poi la corrente al traino di bardotti o animali da tiro97.
Ricostruzione Lugdunum
Dozzine di piombi da dogana scoperti nell’Ottocento sono una ulteriore testimonianza dell’intensa attività commerciale di Lugdunumtra il I secolo e gli inizi del V e l’identificazione recente di una produzione di anfore in città avvalora l’ipotesi di un grande centro di ridistribuzione di merci, poiché si ritiene che i contenitori servissero a confezionare prodotti importati sfusi in botti o dolia per smerciarli poi per via fluviale o terrestre98. A questo si aggiunge ancora almeno una considerazione : se davvero gli enormi magazzini venuti alla luce a Vienne, poco a valle di Lione, servivano, come è stato proposto, allo stoccaggio delle derrate usate per il pagamento in natura delle imposte che le province galliche inviavano a Roma (tessuti, cereali, pelli, minerali, vino ecc.), bisogna allora pensare che tutta questa gigantesca massa di merci transitasse in qualche modo da Lugdunum99. ( …)
IL MUSEO GALLO-ROMANO DI FOURVIERE
Il museo è stato progettato dall’architetto Bernard Zehrfuss e inaugurato nel 1975. L’edificio si trova al limite dell’area archeologica, semi nascosto sul versante della collina. All’interno, il museo è costituito da una rampa in cemento che scende a spirale, ramificandosi verso dei pianerottoli destinati alle collezioni del museo. Dall’interno del museo è possibile ammirare i resti del teatro e dell’odeon accanto.
Ricchissime le collezione, strepitosi i mosaici di notevoli dimensioni, bellissimi i tanti oggetti della vita comune e della architettura monumentale della città. Tra i pezzi famosissimi troviamo la tabula Claudiana ricomposta in frammenti che riporta in bronzo il discorso dell’imperatore Claudio sull’accesso dei Galli al Senato di Roma. Un altro reperto famosissimo è la tavola di Coligny che permette di allineare calendario lunare antico a calendario solare.
Sarcofago di Bacco
ARMI E ARMATI
Umbone gallicoUmbone e resti di cotta di maglia di epoca imperiale
MOSAICI
Mosaico dei giochi del circo II sec d.C. Lione museo Gallo-romanoMosaico di BaccoMosaici museo GALLO-ROMANO di Fourviere Lione LugdunumMosaico corsa lungo il circo – Lione museo gallo romano.
DIVINITÀ
Divinità galliche: le Matrone museo Gallo-Romano di LioneLe Matrone divinità di origine celtica .museo gallo romano di LioneVenere . Museo gallo romano di LioneVenere statuetta in bronzo – museo Gallo-Romano di Lione
NECROPOLI.
Sepolcreto della giovane Primilia non ancora diciottenne.Il padre Terenzio ha fatto costruire il sepolcreto con l’immagine scolpita della figlia mntre mostra i suoi gioielli. Sul fianco un amorino con la fiaccola dell’amore al contrario. Amate finché vi è possibile voi che leggeteCalco del viso di una bimba romana morta prematuramente Claudia Victoria. La tomba è stata scoperta sulla collina di Fourviere ala fine del 1800
TESORO DI VAISE
VIDEO LUGDUNUM E VIENNE
APP/ APPLICAZIONI PER IPHONE ED ANDROID: EO LUGDUNUM e VIENNE
Ostilio Saserna, denario in argento, Roma, 48 a.C., RRC 448/3. D/ Personificazione della Gallia con carnyx dietro la testa R/ Artemide-Diana di Efeso con lancia nella sinistra e la destra che trattiene una cerva per le corna
LE TRE GALLIE ,VERCINGETORIGE E LA MONETAZIONE ROMANA:
Nel 2012 la Stanford University (California, Stati Uniti) ha realizzato un sito che permette di simulare un viaggio all’interno dell’Impero Romano nel 200 d.C., quindi all’apice della sua espansione. Il sito, chiamato Orbis (globo, in latino), è stato sviluppato da una collaborazione tra il dipartimento di studi storici ed umanistici e quello d’informatica.
Funziona grossomodo come una sorta di Google Maps: andando sul sito appare una mappa dell’Impero Romano, che include gran parte dell’attuale Europa, del Nord Africa e del Medio Oriente; si sceglie un punto di partenza e uno di arrivo, la stagione in cui si vuole viaggiare e il mezzo (a piedi, a cavallo, o con un carro, per esempio). Il mezzo e la velocità con cui si sceglie di viaggiare hanno implicazioni sui costi: se si volesse andare da Roma a Costantinopoli a giugno utilizzando una staffetta di cavalli, senza utilizzare navi, si impiegherebbero circa 9 giorni. Sempre con una staffetta di cavalli, ma passando anche per un tratto di mare, si impiegherebbero due giorni in meno, e il viaggio risulterebbe anche meno costoso.
Una sepoltura, probabilmente risalente ad un’epoca posteriore a quella romana, VI o VII secolo d.C., appartenente a un personaggio femminile, e alcune tracce dell’antica coltivazione della vite, resti di vinaccioli datati fine IV secolo, e alcuni frammenti di legno di vite nella fornace, sono emersi dagli scavi archeologici della “Villa dei Mosaici” di Negrar di Valpolicella (Verona), in cui erano già stati scoperti pavimenti in mosaico tra i filari delle viti. “I nuovi ritrovamenti – ha spiegato Gianni De Zuccato, della Soprintendenza ai Beni archeologici di Verona – sono stati scoperti dopo aver portato alla luce la parte residenziale della villa, quando gli operatori hanno iniziato gli scavi della parte esterna, cortile e peristilio. La villa, presumibilmente, dopo l’abbandono della famiglia romana fu occupata da popolazioni longobarde per un certo periodo”. (ANSA).
Durante i lavori di scavo per la sostituzione delle condotte del gas a Montorio, frazione alle porte di Verona, è stato rinvenuto un mosaico pavimentale di una grande villa tardoantica (IV o V sec. d.C.). Non ci sono riscontri epigrafici, ma è lecito pensare, data l’estensione e la ricchezza dei reperti, che si tratti di una villa riferita all’imperatore Teodorico, o a un suo collaboratore, primo ministro di altissimo rango. “Da decenni, a Montorio, stanno emergendo in modo sparso brani di mosaici, di impianti termali e di complessi residenziali – ha spiegato il soprintendente ai Beni archeologici e belle arti di Verona, Vincenzo Tinè. -. Ora sarebbe importante mettere a sistema tutte queste informazioni raccolte. Ci sono mosaici di questa villa esposti al Teatro Romano, altri nei magazzini della soprintendenza”. “Si dovrebbe pensare a un’esposizione museale dedicata, supportata in parallelo da un raggruppamento di tutti i dati in un sistema virtuale, unico modo che possa valorizzare la grandiosità della villa che ora è frammentata e nascosta tra le case di Montorio” ha concluso.
“Siamo felici che il Gruppo Agsm Aim, con i suoi lavori sul territorio, scopra tesori di cui Verona è ricca – ha detto il presidente Stefano Casali -. Questo ne è un esempio straordinario. Con il sindaco e il soprintendente studieremo le scelte più opportune da fare per rendere questi importanti ritrovamenti fruibili e visibili ai nostri cittadini e ai turisti”. (ANSA).
Negrar di Valpolicella, provincia di Verona: non smette di stupire la villa romana risalente al IV sec d.C. Gli scavi, iniziati negli anni ’20 del secolo scorso e poi interrotti, sono ripresi nello scorso 2019 e sono fonte di numerose e importanti scoperte. Proprio di qualche giorno fa è la notizia del rinvenimento di un nuovo pavimento mosaicato con figure di volatili iscritte in medaglioni e ceste di melograni.
Gli archeologi della SAP al lavoro, ph. Soprintendenza ABAP Verona
Le tessere del mosaico sono composte di marmi locali, paste vitree colorate con rame o ferro e cotto e hanno perfettamente conservato i colori. La piccola porzione rinvenuta potrebbe in realtà estendersi per parecchi metri in quanto sarebbe parte del pavimento che rivestiva il porticato perimetrale del cortile di 400 metri quadrati attinente alla parte residenziale della villa. Inoltre, sono stati ritrovati numerosi di semi di uva e legno di vite, facendo ipotizzare che già a quei tempi la villa fosse legata alla produzione del vino.
La villa, infatti, sorge sotto la proprietà dell’Azienda Agricola Benedetti, produttrice di vino, che proprio lo scorso anno si è fatta carico delle spese per la copertura dei mosaici rinvenuti nella campagna di scavo 2021, rendendo possibile il restauro e la visione pubblica della pavimentazione in attesa della conclusione degli scavi archeologici e della musealizzazione dell’area – di cui si sta occupando il Politecnico di Milano, Polo territoriale di Mantova.
Nel gennaio 2022 lo scavo si è esteso in una nuova area appartenente all’Azienda Agricola Franchini, che, sull’esempio della collega Benedetti, ha rinunciato a coltivare quella porzione di terreno per permettere agli archeologi di fare ricerca, oltre ad aver messo a disposizione i mezzi e sostenuto le spese per le operazioni preliminari di scavo. Il mosaico in questione è emerso proprio dalla proprietà Franchini e corre in parallelo ai mosaici geometrici scoperti lo scorso anno sul lato orientale del cortile.
Lo scavo è stato avviato dalla Sovrintendenza ABAP di Verona e l’intervento è stato eseguito dalla SAP Società Archeologica, sotto la direzione scientifica del dr. Gianni De Zuccato della Soprintendenza. Il finanziamento è stato concesso dal Bacino Imbrifero Montano dell’Adige, grazie all’intervento del Comune di Negrar di Valpolicella, che fin dall’inizio ha affiancato la Soprintendenza nelle nuove ricerche nel sito. L’Università degli Studi di Verona – Dipartimento Culture e Civiltà collabora agli scavi e agli studi, mentre l’Accademia di Belle Arti di Verona si sta occupando del restauro conservativo dei mosaici e dei materiali rinvenuti, con cui il Comune di Negrar di Valpolicella ha già attivato un protocollo d’intesa per la valorizzazione culturale del territorio.
********************************
“Diretta” del mio compagno di scuola Angelo Cimarosti di archaereporter dagli scavi. Complimenti !:
Già quattrocento anni fa gli storici di Crema si interessarono agli antichi monumenti di Palazzo Pignano. Nel 1600 Terni nella sua Historia di Crema menziona questo luogo… “et nel cultivar de campi, gli antiqui sepulcri et marmoree lastre …. la antica torre cum tanti sepulcri, fundamenti e vestigi di gran cose che nobeltà e grandezza pur indicano.”
Soltanto nel 1874 in seguito alla sostituzione del pavimento della navata centrale della Pieve romanica, venne rinvenuto un ….” pavimento, formato da ghiarone con calce il quale era di tale consistenza che si rovinarono due picconi di ferro senza muovere un ciotolo!”.
… ma è solo da cinquant’anni che gli archeologi studiano e lavorano in questo paese. Il primo scavo archeologico fu fatto all’interno della chiesa parrocchiale tra il 1963 ed il 1967 e togliendo il pavimento apparvero sotto la Pieve i resti di una chiesa più antica, costruita circa 1500 anni fà, nel V secolo d.C. L’edificio sacro più antico venne chiamato dagli scopritori “la Rotonda” per la sua forma, molto particolare e singolare per l’epoca, riscontrabile in edifici religiosi eretti in Oriente e a Gerusalemme. Cosa era successo e … perchè a Palazzo Pignano?
Grazie a queste scoperte si capì che tutta la zona intorno alla chiesa era importante, così si decise di esplorarla più in estensione. Nel 1969 finito lo scavo all’interno della chiesa, gli archeologi ne iniziarono un altro nei campi intorno e scoprirono così un’enorme villa romana. Tra il 1969 ed il 1999, in circa trent’anni di scavi, si sono fatte numerose scoperte; è stata infatti portata alla luce una buona parte degli edifici antichi, tra i quali il battistero, ma resta ancora molto da fare. Di chi era quest’imponente villa?
La zona di rappresentanza con riscaldamento ad aria calda e gli splendidi mosaici per ospiti di riguardo.
La grande villa non è stata indagata completamente: ne sono state scavate infatti due parti, una più vicina alla chiesa (verso ovest) ed una più lontana (verso est). Quella ad ovest è formata da numerose stanze dalle forme originali (cerchi, semicerchi, esagoni ecc.) poste intorno ad un giardino ottagonale circondato da un portico chiamato peristilio.
La villa aveva pavimenti con mosaici colorati, pareti dipinte con vari colori, riscaldamento ad aria calda e vetri alle finestre, mentre il grande giardino ottagonale era probabilmente decorato con statue in marmo, alcune databili all’età imperiale.
La ricerca del benessere da parte degli abitanti della villa è denotata dalla presenza di un sistema di riscaldamento ad aria calda. Anche la presenza di mosaici indica la raffinatezza degli ambienti, riscontrabile in altre residenze di potentissimi proprietari dell’Impero Romano nella fase tardo antica.
La villa di Palazzo Pignano può essere confrontata con le più ricche e lussuose ville dell’Impero Romano, in particolare la più simile ed affine è la villa di Rabaçal in Portogallo, appartenente ad uno stretto parente dell’Imperatore, come riportato nei pannelli espositivi dell’Antiquarium.
I proprietari della villa di Palazzo Pignano erano dunque sicuramente ricchissimi, molto potenti e avevano probabilmente amicizie e conoscenze nella vicina città di Milano che tra III e IV secolo dopo Cristo era diventata capitale dell’Impero Romano. Questa lussuosa villa era quindi utilizzata dai suoi proprietari come luogo di residenza lontano dalla città.
La zona residenziale, lusso e comfort per i proprietari.
Passiamo alla parte della villa dedicata alla residenza privata dei proprietari Piniano e Melania e alla loro corte. La parte ad est è formata da due grandi stanze unite da altri piccoli ambienti. Durante il III secolo d.C. le campagne si spopolarono a causa delle epidemie e delle guerre e le piccole aziende agricole furono sostituite da grandi ville. Erano formate dalla lussuosa casa del padrone, da magazzini, stalle ed altri edifici necessari per coltivare i campi ed allevare il bestiame. Le ville di campagna dei ricchi romani diventavano nel tempo sempre più luoghi di divertimento e di svago, dotati di tutti i lussi ed i comfort.
Possiamo ammirare parte delle mura esterne della grande aula rettangolare che probabilmente era sviluppata su due piani ed anche in questa zona era presente l’impianto di riscaldamento ad aria calda. Sono stati rinvenuti, inoltre, vari oggetti che sono visibili presso l’antiquarium. Seguono una serie di ambienti di varie forme per giungere alla grande aula absidata ed anche la parte residenziale era degna del rango dei potenti proprietari. Numerose erano, infine, le terre attorno alla villa coltivate dagli schiavi.
L’immensa estensione di terreni che appartenevano ai proprietari era chiamata saltus ed era formata da una parte coltivata a cereali (frumento, orzo, farro), legumi (fave, lenticchie, piselli), viti, alberi da frutto (meli, peri, melograni, peschi, noci, susini, cotogne) ed una parte lasciata incolta ed utilizzata come pascolo per l’allevamento dei cavalli o per la caccia e la pesca.
Aquileia svela un altro gioiello prezioso della sua incomparabile bellezza di città romana.
Sarà infatti presentato nel febbraio 2019 l’innovativo progetto di ricostruzione dei volumi della “Domus di Tito Macro”, all’interno dei fondi Cossar.
La casa, una delle più vaste tra quelle rinvenute nel Nord Italia, è stata oggetto di scavo da parte dell’università di Padova, in convenzione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia, sulla base di un progetto promosso e finanziato dalla Fondazione Aquileia e sostenuto dalla Regione Fvg e da Arcus/Ales Spa. Il progetto è stato realizzato dal gruppo coordinato dall’architetto Eugenio Vassallo, a capo del raggruppamento temporaneo di professionisti vincitori del concorso d’idee bandito dalla Fondazione Aquileia.
I lavori, invece, sono stati realizzati dall’associazione d’imprese guidata da CP Costruzioni e composta da Eu. Co. Re, CMT ed Elettro 2 S.
Lunedì mattina, alla presentazione, riservata per ora ai soli mezzi di comunicazione, in quanto, precisa la Fondazione «si tratta ancora di un’area di cantiere e pertanto per i gruppi saranno organizzate visite su prenotazione», saranno presenti i rappresentanti delle istituzioni, il presidente di Ales Spa, Mario De Simoni, i progettisti e i rappresentanti delle imprese che hanno condotto i delicati e innovativi interventi di ricostruzione e restauro.
A breve, inoltre, saranno calendarizzate per i cittadini alcune visite all’interno delle strutture completate per permettere ai visitatori di percorrere gli spazi interni a piccoli gruppi.
L’area archeologica è parte di uno degli isolati meridionali di Aquileia romana, delimitato da una strada nord-sud, di cui qui si conserva il basolato, e da un asse viario parallelo messo in luce più a ovest ma attualmente non visibile.
«I recenti scavi – chiarisce la Fondazione Aquileia – hanno consentito di riconoscere, nel settore centrale dell’area archeologica, il perimetro di un’unica grande casa, che si sviluppava trasversalmente fra i due assi stradali.
L’impianto, dell’inizio del I secolo dopo Cristo, gravitava su uno spazio centrale scoperto, circondato da un ambulacro mosaicato e dotato di una fontana, che si addossava al lato orientale.
Su questo giardino si affacciava l’ambiente principale della casa, con semplice superficie musiva a fondo bianco, oggetto, nel corso del tempo, di diversi rifacimenti. Verso est, adiacenti alla strada, sono state riconosciute delle botteghe.
A ovest, invece, esisteva probabilmente una seconda area scoperta, sulla quale si affacciavano diversi ambienti della parte privata della casa».