BRESCIA : “L’ETA’ ROMANA , LA CITTA’ ” IL NUOVO ALLESTIMENTO DEL MUSEO DI SANTA GIULIA

DA

Brescia il Museo di Santa Giulia apre, a partire da domenica 22 gennaio, la nuova sezione dell’età romana, con un progetto che intende proporre ai visitatori un’immagine della città antica aggiornata sulla base dei più recenti studi e, soprattutto, dei risultati emersi da indagini archeologiche urbane.

Il nuovo percorso completa il piano intrapreso nel 2019, quando si decise di restaurare la statua della Vittoria Alata e di collocarla – con un nuovo importante allestimento a cura dell’architetto Juan Navarro Baldeweg – all’interno del tempio capitolino, restituendo così all’opera una nuova iconicità nel luogo del suo ritrovamento. Un’azione di importanza strategica, che ha determinato l’esigenza di definire un nuovo allestimento per la sezione dell’età romana, di cui la statua costituiva il baricentro. Grazie a approfondimenti scientifici degli specialisti dell’area collezioni di Brescia Musei, supportata dal Comitato Scientifico della Fondazione, oggi viene quindi presentato il completamento, da un punto di vista concettuale ed espositivo, della musealizzazione anche dell’area del Capitolium, nella quale sono stati rinvenuti importanti reperti ora parte della nuova sezione dell’età romana, e il ricongiungimento concettuale del patrimonio della Brescia romana in un unico dominio museale. Questa unificazione è la ragione che ha spinto Fondazione Brescia Musei a dar vita ad una dimensione unita dei due siti museali, il Museo di Santa Giulia e Brixia – Parco archeologico di Brescia romana, anche da un punto di vista di una nuova politica di bigliettazione, per poter offrire al visitatore l’opportunità di vedere tutti i reperti utili a comprendere la storia di Brixia legati ai loro contesti di provenienza.

Nel processo di rinnovamento degli spazi del Museo Santa Giulia, è emersa infine l’esigenza di intervenire sull’illuminazione dell’Auditorium, dotato di riflettori alogeni ormai datati e poco sostenibili. Fondazione Brescia Musei, con la sponsorizzazione tecnica di ERCO, azienda di riferimento nel campo dell’illuminazione architetturale a LED di alta gamma, ha così sviluppato per l’Auditorium un sistema basato su proiettori, che attraverso un sistema di controllo Bluetooth consente la gestione di differenti scenari, attivabili e modulabili a seconda delle esigenze di utilizzo della sala, massimizzando l’utilità e il comfort visivo sia del pubblico, sia degli eventuali relatori.

Fiore d’abaco di capitello con motivo serpentiforme, pietra di Botticino, seconda metà I secolo d.C, Archivio Fotografico Musei Brescia, Fotostudio Rapuzzi
Fiore d’abaco di capitello con motivo serpentiforme, pietra di Botticino, seconda metà I secolo d.C, Archivio Fotografico Musei Brescia, Fotostudio Rapuzzi
Maschera grottesca, argilla, II-III secolo d.C., dalla stipe del Capitolium, Archivio Fotografico Musei Brescia, Fotostudio Rapuzzi
Maschera grottesca, argilla, II-III secolo d.C., dalla stipe del Capitolium, Archivio Fotografico Musei Brescia, Fotostudio Rapuzzi
Pettorale da cavallo di statua equestre con scena di battaglia fra Romani e barbari, bronzo, I-II secolo d.C., area del Capitolium, scavi 1826, Archivio Fotografico Musei Brescia, Fotostudio Rapuzzi
Pettorale da cavallo di statua equestre con scena di battaglia fra Romani e barbari, bronzo, I-II secolo d.C., area del Capitolium, scavi 1826, Archivio Fotografico Musei Brescia, Fotostudio Rapuzzi
Ritratto di Settimio Severo, bronzo dorato, seconda metà III secolo d.C., area del Capitolium, scavi 1826, Archivio Fotografico Musei Brescia, Fotostudio Rapuzzi
Ritratto di Settimio Severo, bronzo dorato, seconda metà III secolo d.C., area del Capitolium, scavi 1826, Archivio Fotografico Musei Brescia, Fotostudio Rapuzzi
Ritratto di donna della famiglia dei Flavi, bronzo, fine I secolo d.C., area del Capitolium, scavi 1826, Archivio Fotografico Musei Brescia, Fotostudio Rapuzzi
Ritratto di donna della famiglia dei Flavi, bronzo, fine I secolo d.C., area del Capitolium, scavi 1826, Archivio Fotografico Musei Brescia, Fotostudio Rapuzzi

La nuova sezione romana

Brixia romana è una città paradigmatica per il grado di conservazione degli edifici, la tradizione degli studi e le continue indagini in corso che portano quotidianamente all’arricchimento del patrimonio. A 200 anni dall’inizio della felice campagna di indagini archeologiche che portò alla scoperta del Capitolium, del deposito dei bronzi e all’apertura nel 1830 del Museo Patrio, viene ora aggiornata, per l’anno di Capitale italiana della cultura di Brescia, la sezione che più di altre registra questo flusso dinamico e virtuoso tra ricerca e valorizzazione.

La documentazione ottocentesca prodotta in occasione di quella che fu la più incredibile avventura archeologica vissuta dalla città, quando venne messa in luce la sequenza dei templi e il deposito dei bronzi, nonché venne creato il primo dei musei cittadini, è ingrandita in monumentali scenografie all’interno delle sale; a questa vengono affiancate installazioni artistiche multimediali dal lessico contemporaneo, che interpretano e restituiscono i temi della sezione museale, evocando luoghi ed eventi storici con modalità creative non convenzionali. Il riallestimento della sezione nel Museo di Santa Giulia è stato seguito dal punto di vista della progettazione museografica, anche per ragioni di continuità e coerenza con il resto del museo, dallo studio Tortelli Frassoni Architetti Associati, responsabile dell’allestimento museale 25 anni fa, mentre per quanto riguarda l’ingegnerizzazione e la direzione dei lavori integrativi dall’architetto Antonio Maio.

La sezione, attraverso supporti per l’esplorazione tattile (realizzati con la sponsorizzazione del Lions Club Vittoria Alata Brescia) e attraverso l’iconografia storica e a brani architettonici di pregio, presenta quei contesti monumentali bresciani quali il Santuario repubblicano, il Tempio Capitolino, il Teatro che sono visitabili nel vicino Parco Archeologico. Anche la sezione epigrafica, allestita nel grande chiostro rinascimentale, è stata aggiornata nei contenuti e negli apparati didascalici, valorizzando ulteriormente questo esteso e ricco patrimonio che poche città romane possono vantare. Un approfondimento di grande importanza è dedicato al periodo tardoantico (IV-V secolo d. C.), quando vennero abbandonati i luoghi di culto pagano a favore di quelli di culto cristiano; a Brescia, in particolare, nell’area del Capitolium, sono stati ritrovati due depositi di oggetti e di opere legati alla vita del tempio che hanno restituito reperti e informazioni di enorme valore e interesse. Nel primo, scoperto nel 1826, oltre alla Vittoria Alata, statua d’epoca romana di eccezionale valore recentemente restaurata e allestita nell’aula orientale del Capitolium, venne rinvenuta una serie di teste che è presentata con un nuovo layout che ne valorizza la fattura e le preziose decorazioni. Realizzati in bronzo con la tecnica della fusione a cera persa e doratura solo su quelle maschili, i ritratti dovevano essere inseriti in statue in pietra o in marmo, come indica l’accurata rifinitura dei lembi del collo. Con grande probabilità erano esposti in uno spazio pubblico della città e potevano rappresentare imperatori o membri della famiglia imperiale. Le caratteristiche dei volti e della capigliatura hanno permesso di identificare i personaggi con membri della dinastia dei Flavi e con imperatori del II e del III secolo d.C.

L’altro deposito, mai mostrato nella sua interezza, include una considerevole quantità di oggetti votivi offerti nelle aule del tempio dai fedeli nel corso della vita di questo luogo di culto; tra questi, rari vetri incisi, come la bottiglia con la riproduzione di vedute di città dell’area flegrea, gioielli, oggetti rituali, tra cui il prezioso coltello con manico in corno di capriolo, lucerne semplici e figurate, anfore, grandi piatti per le offerte rituali, ceramiche decorate a stampo, e molto altro ancora.

Brani lapidei, oggetto di recenti studi, provenienti dai principali monumenti pubblici vogliono suggerire un’idea della magniloquenza delle architetture e della pregevolezza delle decorazioni, oltre che della varietà dei materiali impiegati, dal locale calcare bianco ai marmi policromi provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo. Tra questi anche una mensola inedita, pertinente al Foro di Brescia, oggi depositata in museo da una generosa famiglia bresciana. Il manufatto, in pietra locale di Botticino, rappresenta il Fauno, divinità della natura correlata al culto dionisiaco, e doveva con grande probabilità decorare uno degli ingressi del foro di Brixia. La sua importanza, oltre che nelle notevoli dimensioni e nella bellezza dell’ornato, risiede nel fatto che si tratta di una recente scoperta emersa grazie a studi specialisti.

Tra gli altri reperti di particolare valore e interesse, si segnala il pettorale da cavallo in bronzo (balteo), esemplare unico in tutto l’impero, appartenente probabilmente a una statua equestre esposta in uno degli spazi pubblici dell’antica Brixia, sulla cui superficie sono state applicate numerose figure in bronzo che riproducono soldati Romani, con elmo e corazza, e barbari, con capelli lunghi, calzoni e corta mantella, impegnati in un accesso combattimento e al centro si staglia la figura dell’imperatore a cavallo che irrompe tra i soldati. O la Statua di Silvano, divinità legata al mondo dei boschi e degli animali, che si caratterizza per la presenza di una pelle con testa di caprino sul lato sinistro e di frutti che trattiene nella piega del mantello, che alludono alla fertilità e all’abbondanza: una statua che fa parte di un piccolo nucleo di opere archeologiche donate all’inizio dell’Ottocento al Museo da Luigi Basiletti, lo straordinario erudito e artista che, con i colleghi membri dell’Ateneo di Scienze lettere e Arti di Brescia, avviò nel 1823 l’inizio degli scavi archeologici in città.

Il nuovo intervento museale punta anche sull’inserimento di tre installazioni artistiche immersive multimediali, ideate e realizzate dallo studio artistico interdisciplinare italiano incentrato sulle relazioni tra uomo e macchina, NONE Collective. Il collettivo si occupa di progettazione di esperienze immersive, installazioni multimediali, opere d’arte digitali che esplorano l’espansione dei confini della percezione umana attraverso l’uso della tecnologia, indagando le relazioni tra abitudini, pratiche sociali e l’emergere di nuovi strumenti nella cultura digitale, promuovendo inoltre una riflessione sul contemporaneo e stimolando il pensiero critico e pratiche attiviste. Lavori a loro firma sono esposti in musei, gallerie e festival internazionali, tra questi Somerset House – Londra, Farol Santander – San Paolo, Fukuoka Science Museum – Giappone, Palazzo delle Esposizioni e Museo Nazionale Romano – Roma, Milan Design Week – Milano. Il progetto multimediale vuole portare far vivere al visitatore un’esperienza immersiva grazie alla sincronizzazione di audio, video e luci, attraverso dispositivi tecnologici e scenografie.

Nella prima sala, Forme e luoghi della memoria, mediante grafiche e immagini storiche, volti e voci di eruditi, cittadini illuminati e luoghi particolarmente significativi, viene evocato il percorso di tutela e valorizzazione dell’eredità antica della città a opera della comunità bresciana. Come una sorta di scatola della memoria, affiorano progressivamente strati lasciati nei secoli e vengono messe in luce le radici profonde di una sensibilità civile non comune. L’installazione multimediale La Vittoria Alata. Viaggio di un mito racconta la storia di questa statua, illustrando aspetti relativi alle sue origini, all’iconografia, agli attributi, alla scoperta durante gli scavi nell’area del Capitolium del 1826 fino ad arrivare agli ultimi dati scientifici acquisiti durante l’intervento di restauro. Il percorso si conclude con Architettura, Uomo e Natura, un’installazione che evoca i luoghi e le architetture in cui va in scena la vita dell’uomo: la strada, le mura, la piazza, i porticati, le colonne, le abitazioni, gli edifici. Gli spazi, assi, geometrie e forme si affiancano allo scorrere del tempo, alla ciclicità della natura e hanno come filo conduttore la presenza dell’uomo. In questa sala sono presenti tre sculture frammentarie di età romana che, con la tecnica del videomapping e l’illuminazione dinamica, diventano parte della narrazione.

La nuova sezione dell’età romana offrirà poi un percorso di accessibilità per persone disabili. Oltre alle mappe tattili di orientamento, presenti all’ingresso del percorso, tutti i reperti in pietra e una copia della dama Flavia saranno esplorabili tattilmente da ciechi e ipovedenti. Inoltre, due modellini dedicati a santuario repubblicano e Capitolium e agli edifici pubblici di Brixia in età romana, caratterizzati da texture specifiche, saranno a disposizione per esplorazioni tattili. Una guida multimediale gratuita del museo, scaricabile tramite QR code sul proprio dispositivo elettronico, con tracce audio dedicate a non vedenti e ipovedenti permetterà l’esplorazione tattile guidata delle opere più significative di ogni sala.

Il nuovo percorso è promosso da Fondazione Brescia Musei, Comune di Brescia, Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, con il supporto di Regione Lombardia, Fondazione CAB e Fondazione Banca del Monte di Lombardia, Lions Brescia Vittoria Alata e la sponsorizzazione tecnica di Agliardi e a2a.

L'installazione immersiva di None Collective
L’installazione immersiva di None Collective
L'installazione immersiva di None Collective
L’installazione immersiva di None Collective
L'installazione immersiva di None Collective
L’installazione immersiva di None Collective
L'installazione immersiva di None Collective
L’installazione immersiva di None Collective
L'installazione immersiva di None Collective
L’installazione immersiva di None Collective

La nuova bigliettazione

Tutti i progetti portati avanti in questi anni sono stati improntati a considerare il Museo di Santa Giulia e il Parco Archeologico come parte integrante di un insieme unico, così come anche messo in evidenza dal riconoscimento UNESCO del 2011. Dal 24 gennaio entrerà quindi in vigore il nuovo biglietto unisco che porterà a compimento la creazione dell’intera area archeologico monumentale, all’interno di un unico museo, preludio di quanto avverrà ulteriormente nel prossimo mese di marzo con il completamento del progetto infrastrutturale Corridoio Unesco.

La revisione della bigliettazione del Museo di Santa Giulia e di Brixia – Parco archeologico di Brescia romana è stata per Fondazione Brescia Musei occasione per rivedere tutte le politiche di accesso alle sedi museali in sua gestione, in un’ottica di integrazione dei siti museali e di costituzione di reti tra di essi, secondo le linee più moderne della museografia contemporanea e dell’accessibilità.

Inoltre, con l’inaugurazione ufficiale dell’anno in cui Brescia sarà Capitale italiana della Cultura tuttavia, Fondazione Brescia Musei annuncia la novità che riguarderà tutti i cittadini bresciani, residenti in città, a cui sarà riconosciuta l’opportunità di accedere gratuitamente alle collezioni della città illimitatamente, senza limiti di orario o di giornate.

Si tratta di una misura che risponde pienamente e che intercetta le considerazioni più aggiornate sulla politica di accesso ai luoghi della cultura ovvero quella di considerare il patrimonio museale di un territorio come parte di un bagaglio culturale delle comunità che ci abitano, ovvero i cittadini, un’impostazione che discende dalla Convenzione di Faro e ratificata dall’Italia nel settembre 2020 e che considera il capitale culturale una componente essenziale nella composizione dell’identità dei cittadini.

Un’operazione di natura sperimentale, che vuole essere una risposta alle linee programmatiche stabilite dalla politica museale internazionale, in linea con la direzione – la liberazione dai vincoli di fruizione aperta e partecipata al museo – che Fondazione Brescia Musei ha già inaugurato affrontando questi argomenti nel ciclo di talk Open doors: una rivoluzione nelle più virtuose operazioni di valorizzazione del patrimonio, fruibile dal pubblico senza costrizione alcuna.

Una politica che Fondazione Brescia Musei può sostenere grazie al sostegno fondamentale delle aziende che aderiscono al programma di corporate membership Alleanza Cultura, che aiuta a sostenere le attività museali e a restituire il grande valore dell’accessibilità alla cultura: un programma di welfare culturale ancora più significativo per i principali stakeholder dei Musei, alla luce del contributo che Fondazione Brescia Musei riceve dal Comune.

CELTI RETI E CAMUNI: COME È AVVENUTA LA ROMANIZZAZIONE NEL BRESCIANO E NEL GARDA

Da ACADEMIA.EDU

Articolo originale di

 Simona MarchesiniProfile picture for Simona  MarchesiniSimona MarchesiniIDENTITÀ MULTIPLE O ETHNIC CHANGE DURANTE LA ROMANIZZAZIONEView PDF ▸Download PDF 

Area CAPITOLIUM Brescia Cenomane – da Brixia e le genti del Po’ Giunti
Area CAPITOLIUM Brixia fino all’ etá augustea da Brixia e le genti del Po’ Giunti

Il territorio attorno a Brescia e al Lago di Garda si presenta come un osservatorio privilegiato per lo studio di interazioni tra popoli già dal primo apparire della documentazione epigrafica, in età preromana. Tale vocazione, quella dello scenario di etnie multiple, si configura anche nell’età della romanizzazione, con modalità ben indagate e in gran parte già defi nite dagli studiosi. L’individuazione di ethne a partire dalla documentazione esistente non è però sempre di immediata evidenza, e porta spesso ad una sospensione del giudizio piuttosto che ad una soluzione univoca.
In questa sede cercherò di inquadrare fenomeni nel loro complesso già noti, come quelli che emergono dall’epigrafia e dall’onomastica, avvalendomi di strumenti «in dotazione» alla linguistica, come la sociografia, la neurolinguistica, la linguistica del contatto e l’etnolinguistica, per proporre al confronto critico nuove categorie di analisi. Dalla focalizzazione di alcuni documenti, in parte anche nuovi, vedremo anche emergere e delinearsi meglio una delle compagini che solitamente, negli studi sulla regio X, rimane di difficile identificazione: la componente camuna.


II. Lo scenario storico regio X, in particolare nella zona attorno a Brescia e al lago di Garda (1).


Il processo di assimilazione e acculturazione, come sappiamo, non fu per questa parte dell’Italia cruento e repentino, ma progressivo e lento. La strategia politica adottata da Roma verso queste popolazioni fu di rispetto delle autonomie e delle strutture socio-politiche esistenti, di cui «venivano conservate la compattezza, l’autonomia, e fi n dove possibile l’indipendenza e la stabilità demografica» (2).


Riassumo brevemente i termini cronologici:

− fine V-inizi IV sec. a.C.: inizia l’occupazione cenomana di
Brixia, che conosce anche la sua prima fase urbana;

− 225 a.C. durante la guerra Gallica i Cenomàni (che ormai occupano il territorio di Brescia) e i Veneti si alleano con i Romani
inviando 20.000 soldati contro le altre popolazioni celtiche;

− durante la guerra annibalica i Cenomani sono alleati di Roma insieme ai Veneti, Taurini e Anamari;

− 200 a.C. i Cenomani appoggiano gli Insubri e i Boii devastando Placentia e puntando in seguito su Cremona;

− 197 a.C. grazie all’intervento diplomatico del console C.
Cornelio Cetego presso i vici Cenomanorum e presso la stessa Brixia, la rivolta rientra e i Cenomàni abbandonano gli Insubri
che vengono vinti; si stipula un foedus tra Roma e i Cenomàni;

− 89 a.C. Lex Pompeia Strabonis de Transpadanis concede lo
ius Latii a tutte le popolazioni della Gallia Cisalpina, compresi i Cenomani;

− 51-49 a.C. con la Lex Roscia viene ratifi cata la cittadinanza
romana alle popolazioni celtiche e italiche della Cisalpina (Transpadani); Brixia diventa municipium;

− età augustea (16/15 a.C.): adtributio delle popolazioni nella
Val Sabbia e della sponda occidentale del Lago di Garda (Sabini e Benacenses); adtributio a Brixia anche dei Trumplini e dei Camunni (campagna militare di P. Silio Nerva);

27 a.C. (oppure 14 a.C. e comunque non dopo l’8 a.C.)
Brixia si fregia del titolo di colonia civica Augusta.

− tra 79 e 89 d.C. Benacenses e Trumplini sono in stato di inferiorità giuridica rispetto ai Bresciani (3).

Particolare della statua di Minerva dal santuario di Breno(BS)


In questo quadro di progressivo adeguamento della componente etnica locale al mondo romano, spicca la tendenza all’autonomia dei Camunni, che pur dopo l’adtributio e la concessione della civitas, si costituiscono come res publica separata da Brescia e vengono ascritti per la maggior parte alla tribù Quirina.

Questa situazione, che ha come sfondo un intenso spostamento di persone dal centro Italia e dal Sud verso Nord, nella Gallia padana e Cisalpina (4), porta alla creazione di popolazioni miste, che uniscono componenti più tipicamente italiche o centro italiche a quelle celtiche, venetiche, retiche o camune.

Puoi continuare a leggere l ‘articolo originale al link:

https://www.academia.edu/resource/work/1074727

LE LUCI DELLA SERA SUL CAPITOLIUM DI BRESCIA

LE ULTIME SCOPERTE SUL MONTE CIDNEO

Da il giornale di Brescia

https://www.giornaledibrescia.it/cultura-e-spettacoli/un-tesoro-ritrovato-mura-e-mosaici-romani-nel-castello-di-brescia-1.3817481

Una scoperta continua: il Cidneo non smette mai di sorprendere. Proseguono gli scavi che la Soprintendenza sta portando avanti nell’area antistante i magazzini oleari e appaiono sempre più evidenti l’imponenza delle strutture romane riaffiorate dopo due millenni, il loro ottimo stato di conservazione, la monumentalità di quel sistema di murature che stavano alla base del tempio costruito sulla sommità del colle, poi inglobato nei secoli successivi, nell’edificio oggi sede del Museo delle Armi.

Scavi in corso presso le mura del castello

Tra le rovine

Accompagnati dalla dottoressa Serena Solano della Soprintendenza, che dirige il cantiere avviato da qualche mese a poche decine di metri dal ponte levatoio, abbiamo potuto effettuare un sopralluogo nell’area di intervento, proprio prima della chiusura per i mesi invernali, osservando da vicino le archeologhe Ivana Venturini e Viviana Fausti all’opera, mentre spostavano – con l’ausilio di un piccolo escavatore e armate di picconi, pale e cazzuole – tutto il materiale che per secoli ha coperto e protetto questo articolato impianto di mura, vani e nicchie, da cui è riaffiorato anche un mosaico.

«Qui siamo in corrispondenza del Capitolium – ha spiegato Solano -. Dobbiamo immaginarci una imponente scenografia monumentale che collegava la piazza del foro al tempio costruito sulla cima del colle. Le strutture emerse si possono riferire a diverse fasi: la prima probabilmente di età augustea, quindi alla fine del I secolo a.C., la seconda di età flavia (fine I secolo d.C.). In epoca tardo antica poi l’area è stata utilizzata come balneum con tanto di vasche e impianto di riscaldamento a terra e a parete di cui si possono ancora notare le impronte lasciate dai tubuli».

In «letargo»

Per le prossime settimane gli scavi saranno coperti da teli in vista di riavviare i lavori con la bella stagione. Di certo ora si dovrà rivedere il progetto della Fondazione Brescia Musei che nell’area avrebbe voluto ospitare le sculture del lascito Bruno Romeda, su progetto dell’architetto Scherer.

«Noi proponiamo la conservazione delle mura romane e la loro musealizzazione. Ma questo non esclude che possano trovare una loro collocazione anche le opere d’arte contemporanea; le due cose possono convivere – ha dichiarato il Soprintendente Luca Rinaldi -. Dai lavori che stiamo portando avanti emerge che il Castello non ha solo la sua parte medievale ma anche questo importante scavo romano». Per ora questi ritrovamenti si possono solo osservare dall’alto, dalle aperture nelle mura all’ombra della torre Mirabella, ma in futuro l’area potrebbe essere resa fruibile a tutti. Sempre che Comune e Fondazione Brescia Musei sposino la proposta della Soprintendenza.

Autore:

Daniela Zorat

IL FUTURO DEL TEATRO ROMANO DI BRESCIA

Brescia riaccende i riflettori sul teatro romano uno dei monumenti fondamentali del parco archeologico e dell’eredità della Brixia romana.

Domani lunedì 4 aprile il Comune e Fondazione Brescia Musei organizzeranno un convegno proprio sul tema della valorizzazione della area del teatro romano. L’obiettivo è di proseguire nella ‘opera di valorizzazione del patrimonio archeologico. Da poco l’amministrazione e FBM hanno compiuto intanto un primo passo importante nell’area romana: l’apertura del corridoio Unesco. Una serie di interventi che hanno reso fruibile liberamente tutto il percorso che va dal cuore di Santa Giulia al Capitolium.Si passa senza soluzione di continuità dai chiostri longobardi, la teatro, al tempio che custodisce la Vittoria Alata. L’intervento complessivo è firmato dalla studio di architettura ARW di Camillo Botticini, il quale, proprio nella chiave della valorizzazione, è andato anche oltre le richieste della committenza, ampliando il progetto al teatro romano e risolvendo con una sorta di padiglione l’area ad est verso il Viridarium, oggi occupata da strutture prefabbricate, dove vengono conservati reperti.

IL NUOVO PROGETTO PER IL TEATRO

l obiettivo di una fruizione del teatro romano, nell’intenzione di Botticini, è affidata a strutture leggere e reversibili, come legno e travi d’acciaio. Qualcosa di molto meno invasivo del progetto dell’architetto Grassi ( vedi progetto : https://divisare.com/projects/342881-giorgio-grassi-progetto-di-restituzione-e-riabilitazione-del-teatro-romano-di-brescia)

che aveva, nel 2017 , immaginato anche una ricostruzione della scaenae frons, oltre che dell’intera cavea con legno, soprattutto, e pietre. Rendendo però illeggibili le tracce sottostanti.



PROGETTO GRASSI
Progetto Grassi
Progetto Grassi

Ora, invece il progetto prevede , gradinate per 1000/1500 persone a sedere, il resto consisterebbe in un riordino generale degli spazi attorno, a partire dalla rimozione del ponticello in ferro, dando anche agli spazi del vicino palazzo Maggi Gambara una destinazione di servizio al teatro.

Il progetto dello studio ARW si pone tra suggestione e stimolo nei confronti della pubblica amministrazione – ha spiegato lo stesso architetto Botticini – in un momento in cui si vuole tornare a ragionare di valorizzazione del sito. In questa chiave, ARW ha proposto anche un riordino dell’area davanti al Capitolium, che presenta, oggi, tra il tempio e il sottostante decumano romano, «una certa confusione, frutto anche qui di interventi spot negli anni che hanno trascurato una visione d’insieme», sottolinea l’architetto.

Progetto teatro romano ARW

Una scalinata, anche qui un intervento all’insegna della leggerezza, consentirebbe la discesa al decumano dal Capitolium. Il progetto è all’attenzione di diverse istituzioni, senza però che vi si colleghi alcuna strategia concreta da parte degli enti pubblici. E segnala una rinnovata attenzione nei confronti del futuro del teatro romano, un’attenzione che, come ha sottolineato più volte l’assessore alla Cultura e vicesindaco, Laura Castelletti, si proietta oltre l’attuale amministrazione, come eredità della nuova.

Da bresciaoggi modificato liberamente

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IL MONUMENTO FUNERARIO DI GNATIUS GERMANUS A MONTICHIARI

Nel 1995 scavi per la costruzione di silos per cereali in un mangimificio situato km 1,5 a SW dell’abitato di Montichiari rinvenivano a m 3 di profondità quattro grandi elementi lapidei in pietra di Botticino pertinenti ad un monumento funerario d’età romana affondato nei ghiaioni di un paleoalveo del fiume Chiese la cui traccia, in parte ancora avvertibile da dislivelli altimetrici, è stata precisamente descritta da recenti studi geomorfologici.
Secondo ogni apparenza il monumento apparteneva all’area funeraria privata della villa romana, di cronologia non ancora ben definita, localizzata a brevissima distanza da ricerche di superficie condotte nel 1989. Questo insediamento che è il più orientale di un gruppo di 6 siti che si distribuiscono su un’area di kmq 2 a poche centinaia di metri a W dall’attuale corso del fiume, fu evidentemente eroso da una divagazione del corso d’acqua che provocò il collasso della struttura e il suo slittamento nel nuovo alveo dove fu sepolto dai sedimenti ghiaiosi pervenendo quindi eccezionalmente intatto fino a noi.
Il monumento del quale si potrà apprezzare appieno l’imponenza, una volta che è stato ricomposto come previsto nella nuova sede dei servizi culturali di Montichiari, misura m 2,96 di altezza, m 2,13 di larghezza e m 1,78 di profondità per un peso complessivo vicino alle 12 tonnellate.


Sul basamento costituito da due blocchi parallelepipedi accostati e saldati con grappe metalliche, poggia uno zoccolo a due gradoni che sostiene l’ara con base e cornice modanate, conclusa da due volute cilindri che e da un risalto triangolare centrale.
Mentre i fianchi e il lato posteriore sono semplicemente appianati ,il fronte reca su tre righe entro una cornice a listelli l’iscrizione: L(ucius) Gnatius / Germanus / Pob(lilia tribu) (sex)vir (probabilmente il proprietario della vicina villa) seguita da un ampio spazio libero. Nella faccia delle volute sono inoltre incise le lettere V(ivus) F(ecit) sotto le quali stanno due piccoli fori che probabilmente ospitavano ganci metallici per la sospensione di ghirlande o altre offerte. Il monumento, databile sulla scorta delle caratteristiche epigrafiche entro la fine del I° sec. d.c., è stato pubblicato dal compianto Albino Garzetti in Tribù romane e confini municipali in Imperium Romanum. Studien zu Geschichte und Rezeption. Festschrift fur Karl Christ zum 75 Geburstag, Stuttgart 1998, pp. 275-287.
(A.B.)

Chi era Lucius Gnatius Germanus? Beh, di lui sappiamo quasi niente: giusto quel poco che è scritto sul monumento funerario: «L. Gnatius Germanus poblilia sexvir». Parole incise nella pietra, dalle quali possiamo intuire che questo personaggio romano era membro della Tribus Poblilia. Tutto qui. Molto di più, invece,sappiamo del monumento funerario: realizzato in pietra di Botticino, è alto quasi tre metri e ha un basamento di 2,12 per 1,78 metri, il tutto per un peso di 120 quintali.

Da archeologiamontichiari.it

ABITARE A BRIXIA: LE DOMUS DELL’ORTAGLIA

Col nome di Domus dell’Ortaglia si indicano i resti di due stupefacenti case romane un tempo sepolte sotto l’orto delle Monache e denominate oggi convenzionalmente Domus di Dioniso e Domus delle Fontane.

Domus fontane Brescia
Domus di Dioniso Brescia

Esse sono il perno della visita alla sezione romana del Museo di Santa Giulia, una tappa fondamentale per comprendere il passato di Brixia

Domus della Fontana -sala delle colonne particolare del mosaico


Le Domus dell’Ortaglia (Domus di Dioniso e Domus delle Fontane) erano parte del quartiere romano residenziale nord-orientale, situato alle pendici del Colle Cidneo, tra l’area pubblica monumentale (la piazza del Foro) e le mura orientali, costruite in età augustea, e furono abitate tra il I e il IV secolo d. C.. Dopo l’abbandono, si trasformarono, in età longobarda, nell’”ortaglia” (l’orto) del monastero femminile di S. Giulia, da cui prendono il nome. Scoperte casualmente nel 1967, le antiche dimore son state studiate e restaurate per la prima volta tra il 1967 e il 1971. Gli studi son poi stati ripresi tra il 1980 e il 1992, portando alla luce tutti gli ambienti della Domus di Dioniso e quelli settentrionali della Domus delle Fontane. Ulteriori indagini svolte tra il 2001 e il 2002 hanno permesso di ritrovare tutti i restanti ambienti. Nel 2003 l’area archeologica è stata annessa al Museo di Santa Giulia, con una sala dedicata: le strutture son visibili da una passerella sospesa sopra la pavimentazione delle domus e del fondo stradale, che permette di “entrare” in tutte le stanze e di raggiungere un’area distaccata, in cui vengono presentati alcuni dei reperti più significativi ritrovati nelle abitazioni e viene trasmesso un filmato con la ricostruzione virtuale dell’area stessa. Una grande finestra offre infine una visione del Viridarium, il “giardino” ricostruito come doveva apparire in epoca romana, con strutture architettoniche, alberi, fiori ed erbe utilizzati per scopi decorativi, culinari e terapeutici.

Domus di Dionisio particolare del mosaico

 Domus di Dioniso e delle Fontane sono ovviamente dei nomi moderni attribuiti di recente convenzionalmente. I pannelli blu segnano grosso modo il cardo che passava da qui e sul quale si affacciavano le due abitazioni adiacenti. L’involucro costruito sopra serve a mantenere costanti l’umidità, la temperatura e la luminosità, per ragioni di conservazione. Non si tratta delle tipiche domus ad atrio costruite dai Romani nel sud Italia, una struttura privilegiata laddove le temperature erano più miti. Nell’Italia del nord, e quindi a Brescia, i Romani costruiscono domus a corte,  distribuite attorno a un cortile rettangolare chiuso e protetto. Una casa romana non ha porte o finestre affacciate verso l’esterno, ma gravita verso l’interno, ed è accessibile tramite uno o massimo due percorsi. Nel caso della Casa di Dioniso il corridoio di accesso dalla strada conduce direttamente al cuore dell’abitazione, cioè al cortile, che era scoperto. L’ambiente più importante è cortile, senza di esso la casa non ha luce e aria. Il muro di contenimento sul lato nord verso le pendici del Colle Cidneo mostra una sorta di nicchia. Non era una nicchia riservata al larario, come si pensa solitamente, poiché questo si trovava in cucina. Il larario era quel tempietto dove si praticava il culto dei lari, le divinità della famiglia e della casa, collocate appunto vicino al focolare, e non nel cortile. Forse era nicchia con statua di valore decorativo. Sotto alla nicchia c’è una decorazione a fondo azzurro con delle chiazze marroni che rappresentano dei pigmei, si riconosce un ippopotamo che ha mangiato per metà un pigmeo, sopra e sotto le due figure corrono in aiuto o scappano spaventate. È una scena nilotica, che concettualmente si vuole ambientata sulle rive del Nilo. È un tipo di decorazione che diventa di moda in età adrianea, cioè negli anni venti del II secolo d. C. Scoppia in quel secolo la moda di fare le parodie delle grandi imprese della mitologia e qui abbiamo la natura che schiaccia l’uomo. L’ippopotamo può essere una minaccia per l’uomo, ma altrove son state trovate anche scene in cui l’uomo combatte con le anatre o le gru e ha la peggio, sulla scia di questa volontà di rovesciare i grandi miti della mitologia. I Romani non conoscevano i pigmei da quel che sappiamo. Il nome è convenzionale. L’acqua evocata dall’azzurro del Nilo richiama un elemento che era concretamente presente nel cortile, infatti sotto si vede una vasca in marmo. Si vede anche l’attacco del tubo che serviva per l’adduzione idrica. Le fontane spesso non si ritrovano più quando si scava perché erano tra i primi elementi asportati per esser riciclati altrove, assieme ai metalli. Nella Domus di Dioniso si è avuta la fortuna di averla ritrovata in loco.

( Da guidaturisticamantovaverona.it)

Domus di Dionisio di Brescia particolare della parete affrescata
BRIXIA BRESCIA le Domus dell’Ortaglia S.Giulia

Le domus dell’Ortaglia e il Viridarium a 360°



DOMUS DI DIONISO, TRICLINIO

DOMUS DELLE FONTANE, VANO CON MOSAICO A SCACCHIERA


DOMUS DELLE FONTANE, VANO DEI RIQUADRI ROSSI

DOMUS DELLE FONTANE, SALA DELLA FONTANA


DOMUS DELLE FONTANE, SALA DELLE COLONNE

DOMUS DELLE FONTANE CON FINESTRA SUL VIRIDARIUM


IL VIRIDARIUM

DaFondazione Brescia Musei
via Musei 55 – 25121 Brescia
tel. 030.2400640 

BERGIMUS DIO CELTICO CISALPINO

In un ambiente di servizio del Tempio Capitolino, al di sotto di palazzo Pallaveri, durante gli scavi effettuati tra il 1992 e il 1998 sono stati rinvenuti, tra gli altri numerosi reperti, frammenti appartenenti ad un’unica coppa con orlo leggermente ingrossato con l’effigie di Bergimo (l’unica finora esistente).

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Bergimo è il dio celtico delle alture e delle montagne.

Sui frammenti, studiati da Elisabetta Roffia, funzionario della Soprintendenza archeologica della Lombardia, è incisa, come riporta il Giornale di Brescia, in data 29 maggio 2003 (pagina 27), “la porzione superiore di una figura maschile nuda, in posizione frontale, ottenuta attraverso piccoli punti ravvicinati che danno l’effetto di una linea continua. L’uomo raffigurato presenta sul capo due elementi ricurvi, interpretabili probabilmente come una falce di luna e indossa una collana con pendaglietti. Il volto è caratterizzato da grandi occhi ovali dall’iride nettamente incisa, sormontati dalle lunghe sopracciglia che formano una linea continua con il profilo del naso. La piccola bocca è resa con due linee parallele chiuse alle estremità da due puntini sovrapposti. I capelli scendono ai lati del viso fino all’attaccatura del collo; sopra la spalla sinistra sono visibili le estremità superiori di due frecce terminanti con ampie punte triangolari. A sinistra della figura è incisa un’iscrizione in chiare lettere capitali, incompleta ma integrabile con sicurezza: vi si legge Bergim(us)”.

Bergimo, come viene precisato nell’articolo citato a firma dei Civici Musei di Brescia, “era una divinità preromana, probabilmente cenomane, comune a Brescia e a Bergamo benché, sino ad oggi, attestata solo da tre iscrizioni tutte provenienti dal territorio bresciano e datate tra la fme del I secolo a.C. e il II d.C.: due sono conservate al Museo Maffeiano di Verona, una presso i Civici Musei di Brescia. Il culto di questa divinità doveva essere di carattere popolare, particolarmente diffuso ed importante”.

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“La tipologia della coppa, la tecnica e lo schema decorativo – fa notare l’articolo a cura dei Civici Musei – riconducono il manufatto ai primi decenni del III secolo d.C., nell’ambito di ma produzione che doveva avere come centro la città di Colonia, in Germania. Questa collocazione cronologica testimonia inoltre la continuità del culto di Bergimus nel territorio bresciano fino al III secolo d. C., oltre i termini cronologici precedentemente attestati dalle epigrafi note”.

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Il dio Bergimus.

Uno dei più notevoli ritrovamenti bresciani,accennavamo sopra,è quello di un frammento vitreo (o meglio due frammenti vitrei combacianti) contenente un’effige identificata col dio celtico Bergimus.

La scoperta è descritta e interpretata,nel già citato volume,in un saggio di Elisabetta Roffia,[5] da cui sono tratte le considerazioni di seguito riportate,salvo ove diversamente indicato .

Durante gli scavi eseguiti negli anni ’90 del secolo scorso, in un condotto, viene trovato un deposito di vetri decorati, probabilmente accumulati dagli antichi bresciani per essere tenuti al sicuro da saccheggio o distruzione. Il sorprendente ritrovamento, analogo a quello del deposito di bronzi nell’intercapedine di un muro del Capitolium nel 1826, porta anche alla luce un frammento con l’unica raffigurazione esistente al mondo di Bergimus.

Il dio appare raffigurato nudo e in posizione frontale. Frammenti di una iscrizione collocata sopra l’effige permettono di connotarlo appunto con Bergimus. Il fatto che il dio sia esplicitamente nominato non è casuale,poiché nei vetri incisi le raffigurazioni di divinità non facenti parte del pantheon romano sono spesso accompagnate da iscrizioni atte a identificarle.

Il dio indossa un collare con pendaglietti e sul capo ha un crescente lunare. In corrispondenza della spalla sinistra si trovano due frecce. Sarebbe affascinante poter assimilare il collare a una versione deformata del torques celtico e la mezza luna alle corna tipiche di dèi celtici quali il ben noto Kernunnos.

Tale interpretazione,sebbene non certa,appare però proponibile e sensata.[5] La tipologia del frammento porta a datarlo ai primi decenni del III secolo d.C.,in epoca medio-imperiale.

Il dio Bergimus era noto in precedenza attraverso quattro iscrizioni,[6] datate tra la fine del I secolo a.C. e l’avanzato II secolo d.C.,tre delle quali rinvenute a Brescia e una nell’Alto Garda. ( ai piedi della cascata del Varone, a Riva del Garda)

Il suo culto appare essere diffuso presso tutte le classi sociali e avere largo seguito.Ciò si deduce da una delle epigrafi citate,nelle quali si riferisce che l’edile Sextus Nigidius Primus restaurò un’ara dedicata al dio ex postulatione plebis, ovvero su richiesta del popolo.

La menzione di un altare fa supporre uno spazio riservato al culto,un’ulteriore cella posta forse a est di quelle dedicate a Giove,Giunone e Minerva.

Il preesistente santuario tardo repubblicano (primi decenni del I secolo a.C.),sopra il quale il Capitolium venne edificato,era caratterizzato anch’esso da quattro sacelli,di cui si ignorano tuttavia le divinità titolari. Una nostra breve ricerca riguardo il significato del nome Bergimus,che si sarebbe portati d’istinto ad associare a Bergamo piuttosto che a Brescia,rivela che esso deriverebbe indipendentemente dalla radice celtica berg-(montagna),della quale è ipotizzata anche una possibile origine germanica.[7]

Alcune conclusioni.Intendiamo solo aggiungere un’osservazione a quanto riferito.La datazione del frammento ai primi decenni del III secolo d.C.postula che a Brescia un culto celtico sia stato praticato, con largo seguito per quanto suggerisce l’evidenza epigrafica,circa 450 anni dopo la sottomissione di larga parte della Cisalpina (Brescia inclusa) da parte di Roma.Crediamo che dati come questi debbano far riflettere il lettore sul rapporto tra romanizzazione e sostrato celtico cisalpino,sempre meno scontato,per quest’ultimo,in termini di mero appiattimento sui valori culturali imposti dai conquistatori.

Risultati immagini per bergimus


Bibliografia

[1] A.Sartori,Guida alla sezione epigrafica delle raccolte archeologiche di Milano,Comune di Milano,1994.

[2] A.Sartori,Le iscrizioni romane.Guida all’esposizione,Comune di Como,Musei Civici,1994.

[3] AA.VV.,Nuove ricerche sul Capitolium di Brescia.Scavi,studi e restauri, a cura di F.Rossi,Edizioni ET,Milano,2002.

[4] AA.VV.,L’officina che riparava i bronzi.Nuove indagini sul Capitolium di Brescia,catalogo della mostra,Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia,Milano,2003.

[5] E.Roffia,“Alcuni vetri incisi”in AA.VV.,L’officina che riparava i bronzi,cit.,pp.414-20.

[6] Corpus Inscriptionum Latinarum,vol.V,nn.4200,4201,4202,4981.Nella terza iscrizione (C.I.L.,V.4202) Bergimus è significativamente associato al genius(nume tutelare) della colonia civica Augusta Brixia,come la ridenominò Augusto.

[7] J.Whatmough,The Prae-Italic Dialects of Italy,The British Academy,Londra,1933,vol.II,p.336.

Da i idruidi.org e archeonotizie e altri

ISCRIZIONI A BERGIMUS

Mommsen, al volume V del “Corpus Inscriptionum Latinarum”, riporta le seguenti iscrizioni:


CIL, V, 4200 piccola ara, a Brescia: BERGIM(O) M(ARCVS) NONIVS M(ARCI) F(ILIVS) FAB(IA) SENECIANVS V(OTVM) S(OLVIT) = Marco Nonio Fabio, figlio di Marco scioglie un voto a Bergimus.


CIL, V, 4201 ara, a Brescia: L(VCIVS) VIBIVS VISCI L(IBERTVS) NYMPHODOTVS BERGIMO VOTVM C(AIO) ASINIO GALLO C(AIO) MARCIO CENSOR(INO) CO(N)S(VLIBVS) L(VCIO) SALVIO APRO C(AIO) POSTV[M]IO COSTA IIVIRIS QVIN[Q]VENNALIBVS = Ninfodoto, liberto di Lucio Vibio Viscio, fa voto a Bergimus, essendo consoli Caio Asinio Gallo e Caio Marco Censorino e duoviri quinquennali Lucio Savio Apro e Caio Postumio Costa.


CIL, V, 4202 frammento di ara a Brescia (perduto): [GENIO COL(ONIAE)] BRIXI[AE ET] BERG[IMO] SACR[VM] ALPINI[VS] = Alpinio ha consacrato al Genio della Colonia di Brescia e a Bergimus.


CIL, V, 4981 lastra ad Arco di Trento: SEX(TVS) NIGIDIVS FAB(IA) PRIMVS AEDIL(IS) BRIX(IAE) DECVR(IO) HONORE GRAT(VS) D(ONVM) D(EDIT) EX POSTVLATION(E) PLEB(IS) ARAM BERGIMO RESTIT(VIT) = Sesto Nigidio Fabio, Primo decurione edile di Brescia, a titolo gratuito, per decreto dei decurioni e su richiesta della plebe, restaurò un’ara a Bergimus. –

Principali raccolte e opere di riferimento: CIL V, 4981; Inscr. It. X.5 nr. 1051Località di rinvenimento e caratteristiche:Lastra in calcare. Trovata presso il torrente Varone sulla strada Riva-Arco, dove era stata utilizzata come base di una croce. Ora al Museo Maffeiano Verona.Testo originale:Sex(tus) Nigidius / Fab(ia tribu) Primus ae/dil(is) Brix(iae) decur(io) / honore grat(uito) d(ecreto) d(ecurionum) / ex postulation(e) pleb(is) / aram Bergimo restit(uit)Traduzione italiana:”Sesto Nigidio Primo, della tribù Fabia, edile e decurione di Brescia, a titolo d’onore e senza esborso, per decreto dei decurioni a seguito della richiesta della plebe, curò il rifacimento dell’ara al dio Bergimo.”Nota esplicativa:L’iscrizione ricorda un magistrato locale, edile e decurione di Brixia, incaricato dall’amministrazione bresciana della cura degli edifici sacri e pubblici che, a richiesta della popolazione, fece ripristinare l’ara del dio Bergimo. Lo stesso personaggio è ricordato in un’altra iscrizione su ara votiva (CIL V, 4982; Inscr. It. X.5 nr. 1053) con dedica alla Tutela Augusta, trovata nel centro storico di Arco. Bergimo era una divinità protostorica gallica, venerata particolarmente nel territorio bresciano, che impersonava il concetto di grandezza e maestosità del paesaggio alpino. Il documento attesta la forte presenza di popolazioni preromane legate alle antiche tradizioni religiose e, nel contempo, la saggia politica del municipio di Brescia nel rispettare la religione locale.