…
Tag: MUSEI ARCHEOLOGICI
SARSINA ROMANA


Molti di questi sono esposti nel Museo Archeologico Nazionale, il cui primo nucleo nacque nel 1890 ad opera dell’archeologo Antonio Santarelli, si trattava soltanto di una piccola collezione di antiche iscrizioni romane ma decenni più tardi, tra il 1927 e il 1939, era destinata ad accrescere notevolmente la sua raccolta grazie alla sorprendente scoperta di una necropoli romana nella vicina località di Pian di Bezzo. Nel 1957 il Museo fu acquistato dallo Stato e negli ’80 lo si dovette ampliare per far fronte alla richiesta di maggior spazio espositivo.
Necropoli di Pian di Bezzo, disegno di Traiano Finamore. Fonte: http://www.archeobologna.beniculturali.it/mostre/sarsina/sars_obulacco_2014.htm
Bronzetti votivi, Sarsina. Fonte: http://www.nuvoledeserto.it/2011/11/il-museo-archeologico-di-sarsina.html
La collezione, allestita su due piani di un edificio del centro storico nella frequentatissima Via Cesio Sabino, espone testimonianze quasi esclusivamente autoctone, che coprono un arco temporale che va dalla Preistoria fino all’Alto Medioevo ma il nucleo centrale e più interessante è composto dai reperti d’epoca romana.
Il percorso espositivo si apre con le prime sale in cui si possono osservare epigrafi funerarie e stele di pietra.
Proseguendo la visita si incontrano i grandi monumenti funerari rinvenuti negli scavi archeologici di Pian di Bezzo, tra di essi possiamo ammirare il Mausoleo di Verginius Paetus, risale al I secolo a.C. ed è di forma quasi cubica, un lato misura circa 3,5 metri, sulla facciata sono tutt’ora visibili il fregio dorico e gli ornamenti con insegne civili e militari, a testimonianza degli incarichi che il defunto ebbe in vita.
Si continua con il Mausoleo di Rufus, risalente al I secolo a.C. ed alto complessivamente 13,3 metri, è composto alla base da una struttura cubica con i lati lunghi 4,6 metri, sopra, al centro, è posta un’edicola in cui è scolpita una finta porta (simbolo funerario che sta ad indicare l’accesso al mondo dei morti), inoltre si osservano quattro colonne corinzie che sorreggono un fregio che a sua volta regge una cuspide piramidale, pregevole è il particolare delle statue dei defunti avvolti in un panneggio collocate tra le colonne.
Di non trascurabile interesse storico e artistico, nelle sale successive, si può ammirare un gruppo scultoreo del II secolo d.C. che attesta nella città romana di Sarsina il culto di divinità provenienti da Oriente; è costituito da sei statue, tra cui si distingue per le sua pregevole fattura la bellissima Statua di Attis, divinità della Frigia.
Mosaico Trionfo di Dionisio, Sarsina. Fonte: https://www.borghimagazine.it/it/sc/401/FC/cosa-vedere/museo-archeologico-nazionale-sarsinate.html
- Statua di Attis, Sarsina. Fonte:

Una percorso che può sicuramente proseguire anche per le strette vie del piccolo e ben curato centro storico che ha ancora conservato le tracce e il tipico impianto urbanistico del castrum romano. ( da artwave.it)
Stele funeraria di Titia Prima (a sinistra) e di Caesellius Diopanes (a destra)
Nel IV sec. a.C. popolazioni umbre presenti nella vallata del Savio già da due secoli diedero vita al primo insediamento stabile sull’area dell’odierna città. Risalgono alla seconda metà del IV sec. a.C. le tracce del nucleo urbano -adiacente all’attuale Piazza Plauto- costituito da modesti edifici in legno con annessi piccoli impianti artigianali. Dopo due impegnative campagne militari, Sarsina fu sottomessa dai Romani (266 a.C.) che comunque le garantirono una certa autonomia, conferendole lo status di civitas foederata (città alleata). A seguito di ciò nel 225 a.C., durante la guerra tra Galli e Romani, i Sassinates, unitamente agli Umbri, fornirono all’esercito romano 20.000 soldati. È in questo periodo che si colloca la nascita del grande commediografo e poeta Tito Maccio Plauto (254 a.C.).
Nei decenni centrali del I sec.a.C. la città, ormai integrata nello stato romano come municipium, venne riorganizzata sul piano urbanistico ed architettonico e dotata di una solida cinta muraria.
Determinante per il suo assetto sociale ed economico è la presenza di liberti (schiavi affrancati), spesso di origine orientale, che diventati ceto imprenditoriale contribuiscono a rivitalizzare la città. A conferma della sua origine umbra in età augustea il municipio viene inserito nella circoscrizione amministrativa della Regio VI (Umbria) anziché nella Regio VIII (Emilia). In età imperiale e fino al III sec. d.C. Sarsina conobbe un notevole sviluppo, basato su una solida economia silvo-pastorale e sui rapporti commerciali instaurati con il porto di Ravenna.
Il volume d’affari raggiunto dalle varie attività è attestato dalla presenza, nei testi sepolcrali, di riferimenti alle corporazioni dei fabri (artigiani), centonari (fabbricanti di stoffe), dendrophori (carpentieri) e muliones (mulattieri).
Nel tardo III sec. d.C. Sarsina subì violente devastazioni -forse da parte di popolazioni barbariche- attestate dai segni evidenti di incendio riscontrati sui pavimenti musivi di alcune abitazioni; seguì un periodo di decadenza e stasi insediativa. Fra il III e il IV secolo ebbe il suo primo vescovo, Vicinio, poi divenuto il santo patrono della città. Ulteriori incursioni -forse dei Visigoti e degli Eruli- si datano al periodo compreso tra il 409 e il 470 mentre nel 757 fu soggetta all’Esarcato. Nel X secolo venne eretta la Cattedrale romanica che funse da nucleo attorno al quale continuò a gravitare la città.( da archeologiabologna.it)



Mosaico cosiddetto di “Ercole ebbro” (II sec. d.C.)
e ricostruzione della stanza da pranzo (triclinium) della domus di via Finamore

STATUARIA DI MEDIOLANUM AL MUSEO ARCHEOLOGICO DI MILANO
Intanto quattro passi al museo archeologico di MILANO :
STATUARIA ROMANA DEL MUSEO ARCHEOLOGICO :
Fai scorrere le clip per eliminarle
L’ERACLE DI MILANO

La statua colossale di Eracle a riposo, della seconda metà del II d.C.,si trovava quasi sicuramente nelle terme erculee, volute in quella zona dall’imperatore Massimiano. Benché mutila, assomiglia molto all’Eracle Farnese, copia contemporanea da un originale greco scolpito da Lisippo nel IV a.C.: come questo, perciò, doveva essere appoggiata alla clava ricoperta dalla pelle del leone di Nemea, conquistata da Eracle nella prima fatica, e tenere nella destra i pomi delle Esperidi, frutto dell’ultima fatica. La foglia, che copre interamente le parti intime, è frutto del “pudore” ottocentesco.
LA MAESTRA ORTENSIA E CAIO VETTIO

Molte sono le epigrafi conservate nei chiostri, soprattutto quello interno, del museo. Tra queste vi è quella della maestra Ortensia, che fece scrivere per la sua lapide:
Ortensia C(ai) l(iberta)
Obsecuens sibi [et …] (fecit)
Ortensia Obesquente era liberta di Caio, cioè schiava liberata. Vissuta nel I secolo d.C., esercitò la professione di maestra, come ci informano le immagini della sua stele funeraria, dove il suo ritratto la mostra con in mano un contenitore di calami e un frustino, lo stesso che brandisce più sotto per colpire un alunno negligente. I rilievi che adornano l’epigrafe e la scelta del prezioso marmo di Paro fanno pensare che la donna riuscì a raggiungere una buona posizione sociale.

Un’altra iscrizione interessante è quella trovata nel 1818, presso la porta orientale, poi collocata sugli archi di Porta Nuova. Essa recita così:
C(aius) Vettius
Novelli f(ilius)
sibi et
Verginiae Lutae
matri et
Privat[a]e l(ibertae)
Adiutor[i] l(iberto)
Methe l(ibertae)
t(estamento) f(ieri) i(ussit)
Caio Vettio, titolare del monumento e contemporaneo di Ortensia, produceva e vendeva stoffe (sono anche qui le immagini dei rilievi a informarci della professione). Il suo ritratto, in alto alla stele, sovrasta quello delle altre persone citate nell’epigrafe: la madre e la liberta Privata a sinistra, poi il liberto Adiutore e la liberta Methe.
Queste due epigrafi insieme sono tra le tante trovate a Milano che ci danno informazioni sulle attività economiche della città nei primi secoli dell’era cristiana. Dai testi e dalle scene scolpite apprendiamo che i milanesi antichi erano negotiatores sagarii o vinarii (venditori di lana o vino), sagarii (lavoravano la lana), carpentarii (manutentori di vetture), peliciarii (pellettieri), centonarii (produttori di coperte con cui si spegnevano gli incendi, quindi anche pompieri), iumentarii (noleggiatori di animali da soma), repunctores (revisori dei conti). Allora, come ora, Milano era una città operosa!
Ritrovamento: Nei pressi di Porta Giovia a S. Giovanni sul muro,


BUSTO FEMMINILE
Girando per il museo con YouTube..
FOTO DAL LAPIDARIO: