SEPOLTURE  CON CANI E CAVALLI PRESSO I CELTI CENONANI

Da https://lastatalenews.unimi.it/eta-ferro-studio-indaga-sepolture-celtiche-cani-cavalli

La ricerca, condotta sul sito di Seminario Vescovile di Verona e realizzata con il contributo dell’Università Statale di Milano per le analisi archeozoologiche, ha indagato le particolari sepolture di persone con animali con il ricorso a innovativi metodi di indagine.

Approfondire e tentare di comprendere le ragioni della presenza di animali allevati a scopo non alimentare, nello specifico cani e cavalli, nelle sepolture celtiche della tarda età del Ferro. Del tema si è occupato uno studio, innovativo per i metodi di indagine utilizzati, pubblicato sulla rivista PLOS ONE a cui ha preso parte anche l’Università Statale di Milano, con il coinvolgimento di Umberto Tecchiati, docente di Preistoria e Ecologia preistorica e Alfonsina Amato, archeozoologa. Lo studio si inserisce nel progetto CELTUDALPS, finanziato dalla Provincia autonoma di Bolzano, e dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica.

Titolo del lavoro è “Until death do us part“. A multidisciplinary study on Human- Animal co-burials from the Late Iron Age necropolis of Seminario Vescovile in Verona, ovvero “Finché morte non ci separi”. Lo studio è stato infatti condotto sul sito di Seminario Vescovile a Verona dove è stata rinvenuta una necropoli preromana, attribuibile ai celti Cenomani, databile alla tarda età del Ferro, ovvero tra III e I secolo a.CDelle 161 sepolture individuate, 16 contenevano resti animali. In particolare, in 4 di esse – una donna tra 36 e 50 anni, un feto formato di 38 settimane, un uomo tra 20 e 35 anni, un uomo tra uomo 36 e50 anni – sono stati rinvenuti scheletri di cani (Canis familiaris), o cavalli (Equus caballus).

Ricercatori e ricercatrici hanno utilizzato, per l’indagine, un nuovo metodo che combina analisi archeologiche e archeozoologiche, antropologiche, paleogenetiche e isotopiche. Confrontando età della morte, sesso, status sociale, eventuali legami di parentela, tipo di dieta si è cercato di stabilire un pattern, uno schema che potesse spiegare la scelta culturale di deporre insieme ai defunti proprio questi animali.

Monete celtiche con cavalli

Tra i punti fermi a cui è giunto lo studio c’è la vicinanza alle tradizioni culturali transalpine, in primis La Tène, forse mescolate con elementi locali Venetici e Romani. L’analisi del DNA antico – il primo di Seminario Vescovile – ha rivelato che non ci sono legami di parentela, almeno fino al terzo grado. Anche il tipo di dieta era diverso, come dimostrato dalle analisi degli isotopi stabili di Carbonio e Azoto sulle ossa animali. La sepoltura con cani o cavalli non si può ricondurre nemmeno a classe sociale, età o genere. Anche le strategie di gestione degli animali erano diverse. Il cane deposto con il neonato, per esempio, veniva nutrito con soli cereali, non si sa se per motivi rituali. La cosa certa è che presentava una frattura, poi sanata: forse perché si trattava di un animale d’affezione, oggetto di particolari cure?

Sepoltura di una donna adulta associata a resti di un cavallo intero prono, resti scheletrici di altri tre cavalli e un cranio di cane. © Foto di S.R.Thompson, per gentile concessione di SABAP-VR Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza. In "Until death do us part". A multidisciplinary study on Human- Animal co-burials from the Late Iron Age necropolis of Seminario Vescovile in Verona

Sepoltura di una donna adulta associata a resti di un cavallo intero prono, resti scheletrici di altri tre cavalli e un cranio di cane. © Foto di S.R.Thompson, per gentile concessione di SABAP-VR Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza

Nella sepoltura della donna matura si contano un cavallo intero, un cranio di cane, altre parti di cavalli e un feto a termine. Il ritrovamento, unico nel suo genere, fa pensare che cani e cavalli potessero essere legati alla sfera della fertilità, facendo ipotizzare per la donna un ruolo di guaritrice o ostetrica. Ma questa resta appunto un’ipotesi da verificare.

L’uso di seppellire cani e cavalli con alcuni individui non è ancora del tutto chiaro, anzi, questo studio ha contribuito a moltiplicare le domande. Il nostro lavoro – commenta il professor Umberto Tecchiati – è stato in grado di fornire un nuovo approccio e un nuovo metodo di lavoro, in grado di integrare discipline differenti per colmare i vuoti della ricerca archeologica e fare luce sul reale rapporto tra i nostri antenati e due delle specie che ancora oggi amiamo di più”. In particolare, gli archeozoologi Tecchiati e Amato hanno condotto un’analisi sulla morfometria dei reperti faunistici, resa possibile grazie alla collezione di confronto presente in laboratorio. “Questo studio è complementare alle analisi del DNA e biochimiche – spiegano i due ricercatori –. Il nostro ruolo, inoltre, è stato quello di fornire confronti con altri siti simili contribuendo all’interpretazione storico culturale complessiva. Tutte le analisi sono finalizzate alla raccolta di dati biochimici interni ai reperti, ma valgono di base per la ricostruzione di processi storici e culturali“. “Le ricerche paleogenomiche – concludono i ricercatori – sono state utilizzate per individuare una eventuale parentela tra gli individui sepolti con cani e cavalli; e le analisi sugli isotopi stabili umani e animali sono state utili per esplorare le differenze alimentari (e forse socioeconomiche) tra gli individui sepolti con questi animali e il resto della popolazione”.

La ricerca multidisciplinare ha coinvolto diverse realtà accademiche. Oltre al PrEcLab, Laboratorio di Preistoria, Protostoria ed Ecologia preistorica, che fa parte del dipartimento di Beni culturali e Ambientali della Statale diretto da Giorgio Zanchetti, e a cui afferiscono Umberto Tecchiati e Alfonsina Amato, figurano infatti anche: l’Istituto di medicina forense del dipartimento di Antropologia fisica di Berna; l’Istituto per lo studio delle mummie Eurac research di Bolzano; l’Ex-Soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto, settore territorio, Sede di Padova-nucleo di Verona; la Thompson Simon scavi e rilevamenti archeologici di Verona; la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza; il dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Firenze; e infine il Dipartimento di Chimica, Biochimica e Scienze Farmaceutiche e Centro Oeschger per la ricerca sui cambiamenti climatici, Università di Berna.

Il link allo studio pubblicato su PLOS ONE.

“LOVERE ROMANA  DAL TESORO ALLA NECROPOLI” IN MOSTRA SUL LAGO DI ISEO

Lovere che è uno dei “borghi più belli d’ Italia”  si specchia nelle acque del lago Sebino ovvero di Iseo , circondata dalle cime delle alpi Orobiche. Tante sono le vestigia storiche ma non tutti conoscono quelle di epoca romana . La mostra “Lovere romana. Dal tesoro alla necropoli”  intende illustrare, attraverso l’esposizione di alcuni significativi corredi portati alla luce grazie allo scavo della necropoli scoperta in località Valvendra, l’importante ruolo di Lovere in età romana, quando il territorio gravitava sulla Valle Camonica.

Da un’iniziale condizione di semidipendenza da Brescia, la Valle passò velocemente a Civitas e quindi a res publica.
Centro giuridico politico e amministrativo era Cividate Camuno, vera e propria città romana con edifici e spazi pubblici monumentali di cui sono stati parzialmente scavati e valorizzati le terme, il foro e il quartiere degli edifici da spettacolo con un teatro e un anfiteatro.

Lovere non era una città, ma poteva essere considerata un insediamento con un apparato amministrativo proprio come vicus o, più probabilmente, un emporium, una sorta di propaggine e di avamposto meridionale della Civitas Camunnorum.
Il centro, posto in posizione strategica alla testa del lago d’Iseo, doveva svolgere una funzione di emporio e di raccordo dei contatti commerciali e culturali tra il Sebino, la Val Borlezza, la Val Cavallina e la Val Camonica.
Ad oggi non è stata individuata alcuna traccia di Lovere romana, con l’eccezione di due iscrizioni con dedica a Minerva trovate nei pressi del monastero di San Maurizio.
È, dunque, la vasta necropoli emersa fin dagli inizi dell’Ottocento lungo le attuali vie Martinoli e Gobetti a testimoniare la ricchezza e l’importanza di Lovere.
Come di consueto nel mondo romano, la necropoli si sviluppava all’esterno dell’abitato, lungo la strada di collegamento con la Valle Camonica.
Era organizzata in grandi recinti funerari in muratura, che delimitavano spazi riservati a gruppi famigliari o collegiali. Le indagini archeologiche ne hanno individuati almeno sei, con dimensioni variabili da 40 a 150 mq.
L’alto numero di tombe e le caratteristiche dei corredi dimostrano la prolungata continuità d’uso dell’area, dal I al IV secolo d.C.

Organizzata dal Comune di Lovere in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia e la Fondazione Accademia di belle arti Tadini onlus la mostra “Lovere romana. Dal tesoro alla necropoli” sarà visitabile, gratuitamente, fino al prossimo 2 giugno (venerdì e sabato dalle ore 15 alle 19; domenica e festivi dalle ore 10 alle 12 e dalle ore 15 alle 19), ma altri importanti appuntamenti sono in agenda nelle prossime settimane: sabato 16 marzo, nella Sala degli Affreschi dell’Accademia Tadini (alle ore 17), verrà presentato il volume “La necropoli di età romana di Lovere (BG): una comunità sulle sponde del Sebino”, a cura di Maria Fortunati, già funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, e dell’archeologa Chiara Ficini; infine, sabato 6 aprile, nella stessa sede, si svolgerà la giornata di studi intitolata “E dell’oscura morte al passo andare”, organizzata dalla Rete PAD-Paesaggi Archeologici Diffusi, nel corso della quale i relatori si confronteranno sulla tematica della morte e sui rituali, sui simboli e sulle credenze che attraversano lo spazio e il tempo sotto l’aspetto archeologico, storico-artistico e sociale. Al termine dei lavori si terrà una tavola rotonda in cui gli argomenti dibattuti nel corso della giornata di studi saranno affrontati dal punto di vista antropologico.

https://www.teleboario.it//notizia/9301/accademia-tadini-da-marzo-una-mostra-con-i-tesori-romani-di-lovere/

STORIA DEI RITROVAMENTI

Di Lovere romana non è emersa alcuna traccia, ad eccezione di due iscrizioni con dedica a Minerva trovate nei pressi del monastero di San Maurizio, ma la sua ricchezza e la sua importanza sono indirettamente suggerite dalla necropoli emersa fin dagli inizi dell’Ottocento lungo le attuali vie Martinoli e Gobetti, in occasione dei lavori di realizzazione dell’Ospedale e nei pressi del Campo sportivo parrocchiale.

LA STORIA DEI RITROVAMENTI

Dopo sporadici ritrovamenti nel 1818-1819 e 1847 la prima vera “scoperta” della necropoli avvenne nel 1907 quando la costruzione del nuovo Ospedale e del tracciato ferroviario Lovere – Cividate, comportò un abbassamento e un allargamento della strada, con la messa in luce di numerose tombe e ricchi corredi, fra cui oggetti d’ornamento in oro e pietre preziose e un vero e proprio servizio di argenteria comprendente un piatto, una casseruola, una coppetta, un cucchiaio e una bellissima coppa con un pescatore contorniato da pesci marini.

Altre tombe emersero nel 1929 durante la sistemazione del piazzale antistante l’ospedale e nel 1957 in seguito a smottamenti del muraglione di sostegno del nuovo campo sportivo parrocchiale. Una trentina di altre tombe furono poi scavate nell’agosto 1973, in occasione della demolizione del muro di sostegno per la costruzione di un’autorimessa di fronte alla facciata della chiesa di Santa Maria. Nel 1996 fu condotto uno scavo d’emergenza in seguito al crollo del tratto sud del muro di contenimento del campo di calcio. Nell’estate 2013 furono effettuati saggi esplorativi e quindi uno scavo dell’area tra gennaio e maggio 2015.

Le sepolture, a inumazione e a incinerazione, sono caratterizzate da ricchi corredi che mostrano la vivacità commerciale e culturale del territorio che, sin dalla seconda età del Ferro, gravitava verso la valle Camonica.

In età romana è molto probabile che Lovere e il suo territorio fossero all’interno dell’areale di competenza della Civitas Camunnorum (odierna Cividate Camuno), come suggerito da un’epigrafe del 23 d.C. conservata a Rogno con dedica a Druso, figlio di Tiberio, da parte della Civitas Camunnorum.

RITROVAMENTI UN PICCOLO ANTIPASTO:

LA LUNULA D’ORO

Il crescente lunare, lunula, è uno dei tipi di pendaglio più diffusi nel mondo romano fra ultimo quarto del I secolo a.C. e tutto il I secolo d.C., con attestazioni che arrivano Oltralpe e in Valcamonica anche nel II secolo d.C. Il motivo a forma di crescente lunare, ereditato dai modelli ellenistici e orientali, si differenzia nel mondo romano per la decorazione delle punte con minuscole sferette. Tale pendaglio di norma era portato al collo dalle donne o dai fanciulli ed era spesso impiegato quale amuleto- portafortuna infantile. Molto diffuso nelle tombe, si trova in bronzo, spesso in argento, raramente in oro. Il tipo è molto diffuso nella necropoli di Lovere, sia semplice che impreziosito da un disco centrale con elementi figurativi.

Esemplari simili sono presenti in Valcamonica, soprattutto nella necropoli di Borno i cui corredi sono esposti al Museo Archeologico Nazionale della Valle Camonica a Cividate Camuno.

IL BOCCALE MONOANSATO

Dai corredi della necropoli di Lovere provengono numerosi frammenti riconducibili alla forma del boccale monoansato caratterizzato da una depressione in prossimità dell’ansa, funzionale a facilitarne la presa. Erano manufatti ceramici adatti alla mensa e all’offerta e verosimilmente venivano usati durante le cerimonie libatorie.

Il tipo deriva da precedenti boccali dell’età del Ferro; la forma evolve tra il I secolo a.C. e la metà del II secolo d.C. nel boccale tipo Lovere, contraddistinto da una forma troncoconica, con ampia spalla arrotondata e fondo piatto, dalla parte inflessa in corrispondenza dell’ansa molto più rientrante e dalla restante superficie del corpo quasi sempre decorata da tacchette lineari o da stampiglie a rosetta. Un esemplare intero è esposto nell’antiquarium di Parre, proveniente dal vicino Oppidum degli Orobi.

Il boccale, intero, proveniente dalla T. 77 della necropoli di Lovere scavata nel 2015, rappresenta invece l’evoluzione successiva della forma, definita Salurner Henkelldellenbecher, con corpo dal profilo più sinuoso e privo di decorazione. È diffuso per tutta l’età romana fino al IV-V sec. d.C. nel territorio trentino, altoatesino, e con maggiore concentrazione nell’area bresciana e gardesana occidentale, in Valcamonica e nelle valli Giudicarie.

Il catalogo della mostra , che si compone di 644 pagine, sarà disponibile gratuitamente in versione digitale e sarà scaricabile presso i siti web del Comune di Lovere e dell’editore (www.saplibri.it, dal giorno della presentazione).

GALLERY :

Coltello di tipo Lovere
Lucerna con copertura a forma di elmo gladiatorio
Resti di spade , un coltello di tipo Lovere fuso con lama di ascia
Tegole romane- una tegola ha una scritta in caratteri camuni
Catene e anelli . Amuleti a forma di luna

Per informazioni e approfondimenti:

Scarica la locandina

Scarica il comunicato stampa

(fonti:  https://www.pad-bg.it ; arte.go.it; eco di Bergamo )

UNA BIBLIOTECA IN PDF SULLA REGIO X VENETIA ET HISTRIA.

La  facciata della biblioteca di Efeso

Questa preziosissima raccolta è frutto del lungo  lavoro dei curatori  del sito :

https://www.antiqva.org/Pubblicazioni%20Archeo%20.htm

da cui è stata presa in prestito e ripubblicata qui per maggiore diffusione.


PUBBLICAZIONI DI ARCHEOLOGIA E STORIA

A. Grilli   SULLE STRADE AUGUSTEE DEL FRIULI
Milano 1975-1976   Scarica il pdf   (3,1Mb)

B. Brugi    TRACCE DELLA DIVISIONE ROMANA DEL SUOLO SPECIALMENTE IN ITALIA
Venezia 1898-1899   Scarica il pdf   (6,6 Mb)

D. Bertolini    DAL LIVENZA AL TAGLIAMENTO
Portogruaro 1884   Scarica il pdf   (7,0 Mb)

R.Ponti Sgargi      FERRUM NORICUM
Milano  Scarica il pdf   (6,0 Mb)

G.B. Zuccheri       VIA GIULIA DA CONCORDIA IN GERMANIA
S. Vito al Tagliamento 1869    Scarica il pdf   (9,9 Mb)

Serafini – Indri    I LUOGHI E I SENTIERI DELLA STORIA ANTICA NEL FRIULI OCCIDENTALE
Pordenone 1998   Scarica il pdf   (43 Mb)

L. Bosio    EVOLUZIONE DEL SISTEMA STRADALE DELLA VENETIA ORIENTALE DALL’ETA’
ROMANA ALL’EPOCA LONGOBARDA   Scarica il pdf   (6,1 Mb)

L. Bosio    ITINERARI E STRADE DELLA VENETIA ROMANA
Padova    Scarica il pdf   (32,9 Mb)

L. Bosio    LA CENTURIAZIONE DI CONCORDIA
Venezia 1966    Scarica il pdf    (46,3 Mb)

L. Bosio    LA VIA POSTRUMIA DA ODERZO AD AQUILEIA
In relazione alla rete viaria romana della Venetia
Venezia 1965    Scarica il pdf    (13,9 Mb)

L. Quarina  CASTELLIERI E TOMBE A TUMULO    Udine 1943    Scarica il pdf   (21,2 Mb)

P. Fraccaro  LA VIA POSTUMIA NELLA VENEZIA  Pavia 1957    Scarica il pdf    (12,9 Mb)

I. Ahumada Silva-A.Testa L’ANTIQUARIUM DI TESIS DI VIVARO  Maniago 1991  Scarica il pdf   (52 Mb)

P. Egidi  RICERCHE ARCHEO-TOPOGRAFICHE NEL TERRITORIO FRA I TORRENTI MEDUNA E CELLINA  Vivaro 1994  Scarica il pdf  (22,5 Mb)

A. Moret  SUMMA ARCHEOLOGICA ROMANA LIVENTINA San Giovanni del Tempio (PN) 1998  Scarica il Pdf   (61 Mb)

A. Moret  CIVILTA’ BARBARICA NELL’ALTO LIVENZA San Giovanni del Tempio (PN) 1999  Scarica il Pdf  (53 Mb)

A. Moret  IN NUMMIS HISTORIA San Giovanni del Tempio (PN) 1987  Scarica il Pdf   (15 Mb)

P. Ceolin  FORNACI E FORNACIAI OPERANTI NEL TERRITORIO SANVITESE IN ETA’ ROMANA
Ellerani  1975   Scarica il Pdf   (1,95 Mb)

P. Ceolin  P. Zampese  I BENI COMUNALI DI VENCHIAREDO E STALIS    SFF1998  Scarica il Pdf   (14 Mb)

L. Luchini  LA PIEVE DI COSA NEL TARDO MEDIO EVO   C.R.A. S.Giorgio d. R. 1989   Scarica il Pdf   (40 Mb)

S. Pettarin A.N. Rigoni  SITI ARCHEOLOGICI DELL’ALTO LIVENZA  C.P.d.L. 1992   Scarica il Pdf  (46,5 Mb)

A. Tagliaferri  COLONI E LEGIONARI ROMANI NEL FRIULI CELTICO  GEAP 1986  Scarica il Pdf zip  (3 volumi – 61,5 Mb)

CORPUS DEGLI ITINERARI ROMANI ANTICHI  di Parthey Pinder – Hasio – New York 1848  (in lingua latina)  Scarica il Pdf  (10,5 Mb)
Si consiglia di prestare attenzione al copyright. Negli U.S.A. è scaduto; non necessarriamente in Europa o nelle altre singole nazioni. 

Mappa romana antica  LA TABULA PEUTINGERIANA  Scarica il Jpg   (6,1 Mb)

 

A. D’Agnolo, P. Ceolin, E. Dusso LE RICERCHE DELLA POSTUMIA di Camillo Panciera di Zoppola
Gruppo Archeologico Cellina Meduna 2006   Scarica il pdf    (55,8 Mb)

A. D’Agnolo, E. Dusso, P. Tommasini, A. Biancat  RIVA DE BARÈS E DINTORNI
Testimonianze Archeologiche di Aviano, Marsure e Giais
Gruppo Archeologico Cellina Meduna 2008    Scarica il pdf   (20,2 Mb)

A. D’Agnolo, E. Dusso  GLI ANTICHI LUOGHI DEL MOLINAT, LA CAMPAGNA VENTUNIS, E IL MITO DELLA CITTA’ SCOMPARSA NEL MANIAGHESE
Gruppo Archeologico Cellina Meduna 2012    Scarica il pdf    (67,2 Mb)

D’Agnolo, De Paoli, Tommasini, Dusso   A 40 anni dagli scavi della Necropoli di San Valentino (2013) 
IL POSTER sul funerario, stralciato dalle pubblicazioni di S. Vito al Tagliamento.   Scarica il pdf   (21 Mb)

 

E. Dusso  PRESENZE ANTICHE LUNGO LA VIA GIULIA TRA I FIUMI TAGLIAMENTO E MEDUNA E FRA LE STRADE POSTUMIA E PINZANA         
Star Light Editions 2015    Scarica il pdf   (19,1Mb)

E. Dusso  LA FORNACE SOTTERRANEA DELLA VILLA RUSTICA DELLA CARBONERA
Star Light Editions 2016    Scarica il pdf   (23,4 Mb)

E. Dusso  VIVIBILITA’ A SPILIMBERGO PRIMA DEL MEDIO EVO
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E. Dusso  LA PIETRA CONFINARIA DI BARBEANO (della Serenissima Repubblica di Venezia)
Star Light Editions 2017    Scarica il Pdf   (4,62 Mb)

E. Dusso  LO SCAVO AL RIPOSTIGLIO DEI BRONZETTI DEL MOLINAT
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E. Dusso  LA PLACCA BRONZEA DI PRA LORENZO
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E. Dusso  LE DRACME VENETICHE DELL’ALTA PIANURA PORDENONESE
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E. Dusso  LA STRADA PINZANA E IL VICUS RUSTICUS DI PRA LORENZO
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E. Dusso  LA CENTURIAZIONE DI CONCORDIA SULLA PEDEMONTANA AVIANESE
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E. Dusso  L’ASCIA BARBUTA DI SAN LEO
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E. Dusso  LA MACINA DI FONTANÌNS
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E. Dusso  L’OMBRA DI UN CASTELLIERE SULLA PIANA DEL MOLINAT
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P. Ceolin  I LATERIZI ANTICHI ED IL LORO COMMERCIO NELL’AREA SANVITESE
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P. Ceolin  LE PIRAMIDI TRONCHE E LE RUOTE FITTILI DI ETA’ ROMANA 
                     SONO PESI DA TELAIO OPPURE OGGETTI VOTIVI?
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E. Dusso  UN TESORETTO DI FRISACENSI NELL’ALTO PORDENONESE
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E. Dusso  L’ASSOCIAZIONE CULTURALE E RICREATIVA DI SAN GIOVANNI DEL TEMPIO
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E. Dusso  LA CROCE DI PROVESANO
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E. Dusso  PINAKES SULL’ALTA PIANURA PORDENONESE
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E. Dusso  AMELIO TAGLIAFERRI UN PRECURSORE DELLA 
                      PROSPEZIONE ARCHEOLOGICA DI SUPERFICIE
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E. Dusso, D. Raffin  DUE NUOVI BRONZETTI NEL PORDENONESE
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D. Cencig LA VIABILITÀ ANTICA DI AQUILEIA E DEL SUO TERRITORIO Ovvero come tentare di
                  plagiare gli studi di un ricercatore indipendente e coprirsi di ridicolo.
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D. Cencig  CARLO VIOLA RICERCATORE DILETTANTE DI RIVIGNANO
Star Light Editions 2018   Scarica il Pdf   (2,32 Mb)

E. Dusso  SCHIAVI DEL SISTEMA O PRIVI DI IDEE?
Star Light Editions 2018   Scarica il Pdf   (21,8 Mb)

E. Dusso  SAN DANIELE DEL MONTE
Star Light Editions 2018   Scarica il Pdf   (2,85 Mb)

D. Cencig ELEMENTI TOPOGRAFICI NOTEVOLI SULLE VIE DI ACCESSO DI AQUILEIA ROMANA
                  E SULL’ANTICA VIABILITÀ SUD ORIENTALE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA
Star Light Editions 2018  Scarica il Pdf   (13 Mb)

R.A.V.  DUE ASCE ANTICHE DEL PORDENONESE
Star Light Editions 2018  Scarica il Pdf   (1,7 Mb)

E. Dusso  LA TESTA DI UNA STATUA ROMANA A VALVASONE
Star Light Editions 2018  Scarica il Pdf   (2,8 Mb)

E. Dusso  IL CANEVON DI VALVASONE
Star Light Editions 2018  Scarica il Pdf  (6,9 Mb)

E. Dusso  L’ANTICO RACCORDO STRADALE ROMANO TRA ODERZO E LA VIA ANNIA
Star Light Editions 2019  Scarica il Pdf  (4,0 Mb)

E. Dusso  OSSERVAZIONI SULLA VIABILITÀ ANTICA DI JULIA CONCORDIA
Star Light Editions 2019  Scarica il Pdf  (19,5 Mb)

D. Cencig APPUNTI DI VIABILITÀ ANTICA NEL FRIULI ORIENTALE
Star Light Editions 2019  Scarica il Pdf  (165 Kb)

E. Dusso  LA VIA DEI CARNICI ANTICHI
Star Light Editions 2020  Scarica il Pdf  (10,5 Mb)

E. Dusso SAN MARTINO DI CAMPAGNA NELL’ARCHEOLOGIA DEL PAESAGGIO
Star Light Editions 2021  Scarica il Pdf  (25,9 Mb)

E. Dusso STRADE ANTICHE DEL FRIULI E DELLA CARNIA
                 Breve verifica di un tratto stradale tra il passo di Lanza  e Misincinis
                 in funzione del percorso trasversale del Canale del Ferro
                 Tarvisio-Pontebba-Paularo-Paluzza-Zuglio
Star Light Editions 2022  Scarica il Pdf  (2.1 Mb)

E. Dusso S. URBANO, LA SOIA E L’ARCHEOLOGIA DEL PAESAGGIO
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E. Dusso LA STRADA ROMANA DI SAN LORENZO A MANIAGO
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E. Dusso CORDENONS la disavventura di un povero defunto e delle sue ossa
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E. Dusso LA VIABILITÀ ANTICA NEL FRIULI OCCIDENTALE 
                 E L’AGRO CENTURIATO DI CONCORDIA
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E. Dusso  TRACCE DI SUDDIVISIONE TERRIERA DELL’AGRO CENTURIATO CONCORDIESE
Caput Adriæ  Latisana 2003    Scarica il pdf   (22,4 Mb)

E. Dusso  CASTELLO DI SPILIMBERGO 
“Il Barbacian”  Spilimbergo 2002   Scarica il Pdf   (3,6 Mb)

E. Dusso  CORTEM LUNAS 
“Il Barbacian”  Spilimbergo 2001   Scarica il Pdf  (1,64 Mb)

E. Dusso  IL CAMMINAMENTO SOTTERRANEO
“Il Barbacian”  Spilimbergo 2005   Scarica il Pdf   (2,85 Mb)

E. Dusso  LA TOMBA DELL’ORAFO
“Il Barbacian”  Spilimbergo 2011   Scarica il Pdf   (4,40 Mb)

E. Dusso  L’UTILIZZO DEL PIOMBO NELL’ANTICHITA’
“Il Barbacian”  Spilimbergo 2016   Scarica il Pdf   (4,74 Mb)

E. Dusso  PER DOVE PASSO’ VENANZIO FORTUNATO?
“Il Barbacian”  Spilimbergo 2012   Scarica il Pdf   (5,97 Mb)

E. Dusso  SOTTO LA TERRA NERA
“Il Barbacian”  Spilimbergo 2000   Scarica il Pdf   (3,23 Mb)

E. Dusso  TALEBANI NOSTRANI
“Il Barbacian”  Spilimbergo 2008   Scarica il Pdf   (2,30 Mb)

E. Dusso  VIVARUM VIVAIO VIVARO
“Il Barbacian”  Spilimbergo 2015   Scarica il Pdf   (2,32 Mb)

E.Dusso SANT’URBANO E LA SOIA, IL CASO DI SEQUALS
“Il Barbacian”  Spilimbergo 2022  Scarica il Pdf  (1,7 Mb)

E. Dusso  L’ANTIQUARIUM DI TESIS
“Sot la Nape”  SFF 2007   Scarica il Pdf   (2,82 Mb)

E. Dusso  RIVA DE BARÈS “UN’AFFASCINANTE IPOTESI”
“Sot la Nape”  SFF 2009   Scarica il Pdf   (6,12 Mb)

E. Dusso  LA RIVOLTA DI SILE
“Sot la Nape”  SFF 2010   Scarica il Pdf   (2,95 Mb)

E. Dusso  QUANDO IL TAGLIAMENTO AVEVA DUE RAMI
“Sot la Nape”  SFF 2011   Scarica il Pdf   (4,56 Mb)

E. Dusso  LA CENTURIAZIONE DI CONCORDIA
“Sot la Nape”  SFF 2012   Scarica il Pdf   (4,10 Mb)

E. Dusso  LA VIABILITÀ ANTICA NELLO SPILIMBERGHESE
“Spilimberc”  SFF 2022   Scarica il Pdf   (3,40 Mb)

 

IL CATALOGO “ANIMALI NEL MONDO ANTICO” DEL MUSEO ARCHEOLOGICO DEL TEATRO DI VERONA

È disponibile in fondo all’articolo il catalogo dell esposizione ” ANIMALI NEL MONDO ANTICO” appena terminata al Museo Archeologico del teatro romano di Verona . Curata da Margherita Bolla e Brunella Bruno ,questo evento ha affascinato il visitatore  facendolo entrare passo passo nell’affascinante mondo degli animali nell’epoca antica, presentando non solo oggetti del MATR normalmente non esposti al pubblico e provenienti in gran parte dalle collezioni confluite nel Museo nel corso del tempo, ma anche – grazie alla collaborazione con la Soprintendenza –  Inoltre è stata dedicata una vetrina a un ritrovamento molto interessante avvenuto in anni recenti nella città di Verona.

La mostra ha preso l’ avvio da alcune piccole ma preziose testimonianze relative al ruolo degli animali nell’antico Egitto, in particolare all’uso di mummie di specie diverse come offerte agli dei nei luoghi di culto, attestato dai contenitori rimasti, in questo caso in bronzo.

Più ampia ed articolata la documentazione presentata sul mondo classico, in cui gli animali avevano un ruolo importante sia in ambito mitologico e religioso in quanto compagni di importanti divinità (basti pensare alla civetta di Atena/Minerva o all’aquila di Giove), sia in ambito sociale come simboli di prestigio (il cavallo), ma anche all’interno della casa e altrove come decorazioni raffinate, o nell’abbigliamento personale sotto forma ad esempio di fibule, e così via.


Animali nel mondo antico

Statuetta di cavallo marino; età romana imperiale.
Musei Civici di Verona – MATR Museo Archeologico al Teatro Romano, dalla collezione di Jacopo Verità 


Un’attenzione particolare è riservata ai serpenti, che potevano avere nel mondo classico un significato positivo, ad esempio come animali curativi nel culto di Esculapio, dio della medicina. Viene così introdotto il ritrovamento avvenuto pochi anni fa a Verona, in via Oberdan (all’esterno delle mura), con la scoperta di un edificio romano, che subì un grave incendio fra il III e il IV secolo d.C. Il crollo del soffitto, avvenuto per la combustione, sigillò in due ambienti adiacenti un gruppo di lucerne e un gruppo di statuette in bronzo, probabilmente costituenti il larario della casa, fra le quali una interessante figura di dea seduta, con diversi serpenti.

E per finire l’illustrazione di creature fantastiche, raffigurate di frequente nel mondo antico (ad esempio sfingi e grifoni), e con una sezione dedicata al fascino che questi esseri esercitarono nelle epoche successive all’antichità, producendo imitazioni e rielaborazioni.

QUI IL CATALOGO :

altri LINK:

https://www.rainews.it/tgr/veneto/video/2022/10/a-verona-sorprendono-gli-animali-del-mondo-antico-85b17614-3290-4388-95c2-2156ff91f506.html

L ‘ENIGMATICO CENTRO CELTICO DI MORMONT

Il sito celtico di Mormont è stato scoperto nel 2006 nell’ambito dello sfruttamento di una cava di calcare. Il sito si trova  nel cantone di Vaud in Svizzera tra il Lago di Ginevra ed il lago di Neuchatel ed è stato oggetto di scavi archeologici fino al 2016. Una mostra al museo ” Palais de Rumine “di Losanna, dopo la tappa di Bibracte,  espone tantissimi reperti, ripercorre la storia delle scoperte  e cerca di spiegare questo “cold case” di archeologia.

Occupato a cavallo tra il II e il I secolo a.C., questo LUOGO ENIGMATICO rimane senza equivalenti nell’Europa celtica. Gli archeologi vi hanno infatti rinvenuto quasi 250 fosse, con resti di pasti e complessi depositi rituali che coinvolgono non solo oggetti, ma anche interi animali ed esseri umani.

Chi frequentava il Mormont era costituita da individui appartenenti un po’ a tutti gli strati sociali , come possiamo vedere dalla diversità degli oggetti rinvenuti nelle fosse e dai resti umani di una cinquantina di persone. Vi sono tracce di donne, uomini, bambini e giovani ; alcuni erano sicuramente schiavi o prigionieri, poiché sono stati portati alla luce catene per il collo. I pochi resti di armi indicano  comunque che ai rituali partecipavano anche i guerrieri . L ‘enorme quantità  di materiali archeologici ritrovati  (composti soprattutto  da oggetti in ceramica,  ma anche di ferro e bronzo, macine in arenaria per la macinazione del grano, scheletri di diversi animali sacrificati, resti umani ) oltre alle indagini dendrocronologiche  hanno permesso di datare l’occupazione di questo luogo ad un periodo di tempo relativamente breve, tra il 120 e l’80 a.C.

BANCHETTI RITUALI

Questo luogo era forse un luogo religioso speciale dove  avvenivano  banchetti rituali  ? Non tutti ,come vedremo più avanti, sono d’accordo . Sicuramente vi fu un consumo smodato di carne ed un uso di  utensili per banchetti , anfore vinarie , stoviglie metalliche (situle, calderoni , padelle, paletta da fuoco, forchettone per le carni ecc.) spesso di ispirazione mediterranea, o ancora, eccezionali corni da bere. Sono presenti anche utensili di vario genere : asce, tenaglie da fabbro, una sega, un tridente

ANIMALI

I mammiferi  domestici costituiscono la quasi totalità dei resti ossei ritrovati. Gli animali selvatici sono rappresentati da soli pochi resti (un cranio di orso, un cranio di un lupo  , poche  ossa di cervo ed il pollame solo da 7 ossa).  Il bue rappresenta quasi i due terzi dei resti animali identificati cavalli (raro era nel mondo celtico il consumo di carne di cavallo) ,  maiali e capre sono presenti solo in proporzioni comprese tra il 10e 15 % mentre i cani rappresentano solo l’1% . CAVALLI: da dove provenivano i 46 cavalli ritrovati. L’analisi degli isotopi dei denti di 14 animali ha permesso di scoprire che mentre per 12 l ‘alimentazione era di tipo continentale ovvero locale, per due era stata di tipo mediterraneo e quindi questi furono evidentemente importati.

In alto segni di lavorazioni delle carni, al centro cranio di cavallo e sotto di orso.

Gli animali sacrificati a Mormont sono di taglia media per il mondo celtico; notiamo ancora diversi cavalli di grandi dimensioni importati dall’Italia . L’età degli animali permette di definire due stagioni di macellazione, la primavera e l’autunno forse in concomitanza con feste religiose.

UNO SPAZIO FUNEBRE?

Un terzo delle fosse contiene esseri umani, ma anche una serie di elementi tra cui tibie, femori, omeri e intere ossa dell’anca.

 Durante gli scavi furono rinvenute quasi 1200 ossa umane ; il loro stato di conservazione è scarso, in particolare a causa della natura del suolo . Durante la sepoltura, questi resti umani subirono un trattamento particolare: le ossa furono isolate e disperse, alcuni individui furono ritrovati in posizioni insolite ed altri mostrarono una manipolazione insolita. Per quanto riguarda le ossa isolate, si tratta principalmente di crani ma anche di ossa lunghe , alcune delle quali presentano tracce di taglio. Alcuni resti rappresentano frammenti del corpo: troveremo così le ossa complete del braccio , del tronco o anche della testa con alcune vertebre . Per gli scheletri interi, questi vengono talvolta posti in decubito ventrale . In altri casi, lo studio tafonomico dei corpi ha permesso di affermare che alcuni furono gettati in una fossa o addirittura tenuti sospesi sopra di essa.

A Mormont sono stati osservati due casi di sepolture sedute . Sepolture sedute si trovano in Francia e sull’altopiano svizzero per il periodo medio e finale di La Tène (ad esempio come nel sito di Acy Romance e nel santuario di Saint-Just-en-Chaussée.). Gli scheletri sono disposti in posizione seduta, il più delle volte con una gamba piegata vicino al corpo. Quando è stato possibile fare una diagnosi antropologica sullo scheletro, si trattava di individui di sesso maschile. Nella maggior parte dei casi noti, queste sepolture avvengono in un contesto religioso o in prossimità di siti religiosi e l’individuo non è accompagnato da arredi archeologici  . La comunità scientifica è infatti concorde nel ritenere che gli individui sepolti avessero uno status particolare nelle società celtiche di quest’epoca. In una di queste sepolture, a Mormont, l’individuo riposava sui frammenti di un recipiente di stoccaggio. Accanto ad essa furono rinvenuti un calice intero, una bottiglia frammentaria e resti animali, tra cui un paio di mandibole e una scapola di bue .

In una delle fosse (422) di Mormont furono ritrovati tre scheletri umani, che presentavano tracce di fuoco, la cui temperatura non superava i 400°C. Riguarda un bambino e due adulti. Gli scheletri dei due adulti sono incompleti: il lato sinistro (arti e testa) dello scheletro è stato reciso e le tracce di combustione si trovano negli stessi punti, indicando che questi due scheletri furono esposti al fuoco allo stesso modo. Le zone segnate dall’esposizione al fuoco sono quelle prive di muscoli, in questo caso le estremità del femore e dell’avambraccio , la sommità del cranio e i bordi della mandibola, le clavicole e il gomito . I tre scheletri si basano su resti di animali (maiali, agnelli, bovini) che erano stati esposti al fuoco. Ad ogni scheletro sono associati un corno e una scapola di bue o di capra, depositati nelle vicinanze.

Cranio di una ragazza tra i 16 e i 20 anni – é assente la mandibola ma é articolato ancora con 5 vertebre . Sono presenti segni di separazione dei muscoli prima della resezione della colonna.
Cranio di cavallo, monili, recipiente in bronzo e ceramica, attrezzi di fabbro,tridente.

ANALISI GENETICHE

Le analisi paleogenetiche mostrano che  i resti ossei provengono tutti da una popolazione omogenea, persone geneticamente vicine tra loro , quindi non abbiamo alcuna mescolanza di popolazioni. E, anche, le analisi sullo stronzio, che indicano l’origine delle persone, dimostrano che si tratta di una persone provenienti dalla regione. Quindi non si tratta di una popolazione esogena che si sarebbe stabilita sul Mormont al momentot dello scavo delle fosse.”

CERAMICA:

Sono stati recuperati  più di 20.000 frammenti  ceramici appartenenti a più di 500 oggetti diversi sia di grandi che piccole dimensioni  con elementi ceramici . Un vero puzzle per gli archeologi . La tipologia del corpus ceramico, molto varia, permette di datarlo alla fine del II secolo a.C. .Il numero di grandi vasi utilizzati per la conservazione delle derrate alimentariera sovradimensionato per una città comune ma non forse per un luogo di banchetti cerimoniali . Alcuni frammenti appartenenti allo stesso oggetto sono stati stranamente sparsi in fosse diverse.

Le ceramiche provengono principalmente dalla produzione regionale. Le forme ceramiche Mormont sono particolarmente simili a quelle rinvenute nel sito dell’oppidum di Yverdon-les-Bains, a una ventina di chilometri da Mormont, dove probabilmente potrebbe essere stata prodotta parte della ceramica Mormont  . . Le ceramiche importate provengono dalla Campania e sono rappresentate da anfore di  tipo Dressel 1 , utilizzate prevalentemente per il trasporto del vino. La presenza marginale di queste anfore fa pensare ad una scarsa importazione di questa tipologia di prodotti, per la verosimile marginalità  commerciale  di queste zone dall’Italia peninsulare .  Anche tre lampade a olio sono prodotto di importazione

OGGETTI IN METALLO

La maggior parte degli oggetti metallici è costituita da stoviglie e strumenti: bacili, bottiglie e calici. La maggior parte di questi oggetti furono senza dubbio importati dall’Italia. Furono scoperte anche una ventina di fibule di tipo Nauheim, sempre del periodo  tra il  II secolo e l’inizio del I sec. a.C.

Ansa di bronzo

Tra gli utensili in ferro: coltelli, martelli, tenaglie, rastrelliere, asce, picconi, pale, pale da fuoco, forchettoni e griglie, oltre a numerosi pezzi di ferramenta. Questi strumenti sono generalmente disposti in gruppi coerenti, per mestiere, come nel caso della fossa 146, dove l’armamentario del fabbro è posto accanto ad un simulacro di focolare . Attorno sono stati  rinvenuti chiodi, fibule e frammenti di lame. Sono state poi rinvenute scorie di ferro e bronzo e sbarre di ferro lunghe 80 cm, forse lingotti . 

Nel 2012, sul fondo di una fossa poco profonda è stato ritrovato un insieme che assumeva la forma di una massa di ferro di 80 cm di diametro. 

Uno studio ai raggi X rivela che è composto da una cotta di maglia che avvolge diversi oggetti in bronzo e ferro tra cui fibule, vari strumenti, attrezzi e un coltello. Sono state rinvenute anche tracce di pelle e tessuto. È stato ritrovato anche un elmo realizzato in  bronzo. Questi sono gli unici elementi ritrovati della panoplia del guerriero.

Cotta di maglia alla Tac

Da notare infine la presenza di un anello d’argento e di un disco di piombo mentre non vi sono reperti in oro.

MONETE

Monete di bronzo,” potins” gallici, quinari di imitazione ed obolo massiliota

A Mormont  sono state rinvenute circa 80 monete di diversi tipi : monete galliche tipo Potin ,monete di imitazione romana  d’argento e oboli massalioti databili intorno al I secolo. a.C. in linea con la datazione delle fibule

MACINE

Sono state rinvenute più di 150 macine in pietra arenaria con inclusi di conchiglia fossile , 53 delle quali erano ancora intatte. La pietra  di cui sono fatte proviene dalla regione tra Yverdon-les-Bains e Avenches , a una quarantina di chilometri dal sito

Gruppo di macine in pietra arenaria e fossili dalla fossa 258

VARIE:

Tra gli oggetti ritrovati più singolari segnaliamo infine: alcuni bottoni , manici di coltello,  perle anulari di pasta vitrea ed una vasca in legno di acero.

Fibule ed ornamenti

L’ ENIGMA DEL MORMONT. LE IPOTESI

Riguardo alla reale natura del sito archeologico di Mormont  diverse sono le ipotesi

Un esempio stratigrafico delle fosse

Il sito fu presto designato come santuario , soprattutto per la particolarità delle strutture e del loro contenuto. Varie pratiche rituali (deposizione  di animali, ceramiche, mobili metallici, macine, sacrifici di animali, sepolture sedute) puntano nella direzione di questa interpretazione. Un esempio lampante è la presenza di animali abbandonati alla decomposizione, elemento importante  anche del rito individuato presso il santuario di Gournay-sur-Aronde  . In una parte del sito è stata notata anche una preferenza per le ossa del lato destro, il che lo avvicina ancora una volta alle pratiche osservate a Gournay-sur-Aronde, lì in modo molto più rigoroso  .  Tuttavia la tipologia del sito è molto diversa da quella dei santuari della Gallia  settentrionale:  manca la recinzione dei confini del luogo sacro  (” temenos”) e sono assenti strutture architettoniche sul sito. Anche  la durata di occupazione del sito è molto breve . In effetti, si stima che sia durata meno di una generazione, mentre un classico santuario celtico è generalmente occupato per diversi secoli. In considerazione della breve durata dell’occupazione, la quantità di ossa di animali rinvenute è eccezionale: il numero di individui identificati sul Mormont è paragonabile a siti occupati per periodi di diversi secoli. Potrebbero trattarsi di eventi su scala molto più ampia che includevano molti animali consumati in banchetti a cui partecipavano diverse centinaia di persone. Ma alcune pratiche vanno contro  i rituali e le credenze identificati in santuari celtici ben studiati , come la mancata distinzione tra animali consumabili e non e la selezione degli individui sacrificati (caratteristiche importanti delle pratiche osservate in questi siti), o ancora il consumo di cavalli che è assente da questi santuari ma  praticato a Mormont. Di fronte all’impossibilità di collegare il sito ai santuari della Gallia settentrionale, si preferì presto il nome di “luogo di culto”.

Una seconda  ipotesi presenta il sito come un campo profughi o un grande bivacco  . Questa interpretazione presuppone che una popolazione occupasse temporaneamente Mormont, a seguito di un evento di grande portata, come la migrazione dei Cambri e dei Teutoni( Strabone , Geografia IV, 3, 3) avvenuta nella stessa temporalità dell’occupazione di Mormont e che avrebbe potuto portare ad un assedio della collina. Tale occupazione, però, richiede l’utilizzo di ricoveri temporanei che poi non avrebbero lasciato tracce. Per quanto riguarda le fosse, si tratterebbe di pozzi scavati alla ricerca dell’acqua, che poi sarebbero serviti da ricettacolo per i depositi. La presenza di animali non consumati potrebbe essere spiegata da una carenza di cibo, che avrebbe portato alla morte di gran parte del bestiame , ad un ritmo superiore alla capacità di consumo da parte degli occupanti. Non potendo arrivare ad una chiara spiegazione di cosa avvenisse in questo sito  si ricorre ad una indicazione più generica ovvero

come un “luogo di raccolta che collega attività profana e sacra in circostanze da specificare

CATALOGO :
https://fr.calameo.com/read/001122322a52d3a3ed977

Qui sotto i video e i link:

FONTI E LINK:

https://fr.wikipedia.org/wiki/Mormont_(site_arch%C3%A9ologique)

Fai clic per accedere a 2.2LaDecouverte.pdf

https://www.bibracte.fr/sacre-mormont-une-enquete-archeologique-chez-les-helvetes

Archeologia Viva n 223 del gennaio – febbraio 2024 riporta un ampio reportage in merito.

ELVEZI A MORMONT ? VERO O FALSO .

In realtà non ci sono prove che la popolazione presente a Mormont fosse costituita dal popolo degli Elvezi, che saranno descritti nel tentativo di migrare nei commentari di Cesare. Siamo invece certi della presenza sul luogo di una o più popolazioni di cultura celtica . 

Le conoscenze che si hanno sulla Protostoria del popolo celtico degli Elvezi si basano su testi dell’antichità, su pochissime testimonianze epigrafiche e sui dati forniti dall’archeologia. Un loro confronto richiede la massima prudenza. Poco numerosi, scritti in circostanze e periodi diversi, risultato di sguardi esterni alla realtà osservata, i testi potrebbero essere opera di testimoni diretti, ma si tratta per lo più di copie seriori. Le tracce linguistiche, in particolare i toponimi, non sono databili e non possono pertanto essere attribuite agli Elvezi senza il rischio di incorrere in anacronismi. Per quanto riguarda l’archeologia, infine, si rivela complesso distinguere fra Elvezi, Raurici e Sequani in base alla sola “cultura materiale”. ( vedi : https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/008017/2008-04-08/)

“GLI ORI DEGLI ELVEZI” PREZIOSITA’ CELTICHE DALLA SVIZZERA CATOLOGO QUI DISPONIBILE IN ITALIANO ED IN INGLESE ON LINE :

LAPIDARIUM: STORIE DI VITA A RIMINI E SUL DELTA DEL PO RACCONTATE DALLE PIETRE

Porta Montanara a Rimini

Ho iniziato questo post dopo essermi imbattuto in un articolo del 1915 relativo alla scoperta di una lapide presso la porta Montanara di Rimini . Mi ha attirato sia il tema di due coniugi che intrecciano le loro vite , sia e soprattutto la fattura primitiva dello scolpito che richiama un po’ le opere gallo-romane e un po’ le successive opere alto medioevali .

Man mano che cercavo materiale su questo ritrovamento , ho scoperto tante altre storie affascinanti che creano un ponte non solo ideale tra le vite degli antichi e quella di oggi . Nel caso poi proprio di Rimini questo è ancora più vero perché il Lapidario romano nel Museo della Città , è stato riscoperto nel 2013 dai ragazzi del Liceo Classico “Giulio Cesare” che, dopo aver contribuito alla pulizia delle 68 lapidi conservate, le hanno studiate per consegnarle a una rinnovata lettura. La passione che ha spinto insegnanti, esperti del Museo e studenti ha permesso poi di creare sia una guida on line disponibile qui di seguito

https://lepietreraccontano.wordpress.com/

sia di pubblicare una guida cartacea ” giovane ” disponibile ad una lettura più tradizionale:

https://www.panozzoeditore.com/le-pietre-raccontano

Il ponte di Tiberio a Rimini. Chissà le persone di questo LAPIDARIUM quante volte l ‘avranno attraversato..

Tra le tante storie scritte sulle lapidi mi ha particolarmente colpito quella del sarcofago di Irene una bambina di 1 anno e mezzo morta purtroppo troppo presto.

HIC EGO SUM  POSITA IRENE /

QUAE VIXI  XVIII KAL(endas) HANC MEI MI(hi)/

MISER(a)E  POSUER(unt) ARKA(m) PARENTES /

FELICISSIMUS AUG(usti) LIB(ertus) ET FURFULANA IRENE

Io, Irene, sono stata posta qui, io che vissi 18 mesi. Qui, per me sventurata, hanno posto il sarcofago i miai genitori

Felicissimo, liberto di Augusto, e Furfulana Irene

Mi ha colpito anche quella di VENERIA:

SEPTIMIAE VENERIAE / NAT(ione) NORIC(ae) CONIUGI / DUL(cissimae) QUAE  VIX(it) ANNIS  /  XXXX  T(itus) FL(avius) MARCELLUS  / VETER(anus) AUG(ustorum)

Alla dolcissima moglie Settimia Veneria, nata nel Norico (Austria), che visse quarant’anni.

Tito Flavio Marcello, veterano di due imperatori (pose il monumento).

L’urna, di cui non si conserva il coperchio, è stata ritrovata all’interno di una delle più estese necropoli di Ariminum, quella al di fuori di Porta Montanara.

Il monumento funerario è dedicato ad una donna deceduta all’età di 40 anni dal marito Tito Flavio Marcello, un veterano dimesso durante il regno di due imperatori, Marco Aurelio e Lucio Vero (161-169) o i Severi (Caracalla e Geta, insieme nel 211).

Seppur nel conciso linguaggio dell’epigrafe, l’uomo non manca di lodare le qualità della moglie defunta, ricordandola come compagna dolcissima.

Di Veneria, oltre a conoscere l’appartenenza alla gens Septimia, sappiamo che era originaria della provincia del Norico (Austria).

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Altre storie di Pietra dalla Regio Aemilia/ Cispadana :

I FADIENI UNA FAMIGLIA ROMANA SUL DELTA DEL PO’:

Le stele scolpite, le intense iscrizioni, i ritratti dei defunti, i reperti dei corredi funerari, bronzi, monete e una rara raccolta di vasi in vetro finemente lavorati. Si chiamavano Caius, Marcus, Tertia, in tutto 12 tombe, una sola famiglia, i Fadieni. La loro necropoli racconta la storia di una famiglia benestante della prima età imperiale ma anche il vivere di un’intera civiltà, con i propri usi e consuetudini. Le epigrafi intrecciano il quotidiano con i simboli dell’umano desiderio di immortalità e attestano un rapporto di parentela tra i defunti che si snoda per quattro generazioni, genitori, figli e nipoti.

Il sepolcreto dei Fadieni (I e II sec. d.C., età imperiale) è venuto alla luce in due campagne di scavo: alla casuale scoperta di ben tre stele, risalente all’autunno del 2002, è seguita una breve indagine che ha recuperato quattro basamenti allineati, una quarta lapide rovesciata accanto alla propria base e alcune tombe, fino al ritrovamento dell’ultima stele, con relativa sepoltura e corredo, avvenuta nel 2005.stele più antica è quella di Caius Fadienus, Cai filius, e di Ambulasia Anucio, Marci filia, cui segue quella sulla cui epigrafe Fadienus Repentius, Cai filius, e Cursoria Secunda, Luci filia, piangono la prematura scomparsa di Caius Fadienus Vegetus morto a 21 anni.

Qui i busti drappeggiati dei tre personaggi sono posti in due nicchie rettangolari dal fondo ricurvo, gli adulti sopra e il giovane sotto.
Terza nel tempo viene la stele di Marcus Fadienus Massa, Cai filius, e di Valeria Secunda, Quinti filia. Nello specchio epigrafico che separa la nicchia con i busti dei due sposi dal riquadro sottostante -che rappresenta a basso rilievo un cavallo al passo volto a destra- è impaginato un testo con cui è proprio Marcus a rivolgersi di persona al lettore e viandante, esprimendo il vanto di essere stato coerente con i propri principi. L’epitaffio è dotato di una parte metrica che riecheggia non tanto le concezioni filosofiche che erano appannaggio dei circoli epicurei, quanto un sentire comune che, almeno a partire dal I sec. d.C., era entrato in gran parte della società.
Per ultima viene la stele che L. Fadienus Agilis, Marci filius, unito nella sepoltura ad Atilia Felicia, Cai liberta, dedica al figlio L. Fadienus Actor, morto all’età di 17 anni. Il giovane stringe nelle mani un rotolo e una penna, e porta un anello al mignolo della sinistra. Il busto è al centro di un clipeo solcato da modanature sul cui margine posa una corona di foglie con bacche, un fiore al centro in alto e nastri svolazzanti sotto, un simbolo che allude alla vittoria sulla morte.
Soltanto nella seconda campagna di scavo fu trovata la quinta stele dedicata dai genitori L. Pompennius Placidus, Caii filius, e Fadiena Tertia, Caii filia, al figlio Pompennius Valens, anch’egli scomparso prematuramente all’età di 23 anni.
Alla famiglia dei Fadieni parrebbero non essere stati estranei legami con elementi celtici posti con il cognomen Massa e il nome Ambulasia, se è dato di riconoscere in quest’ultimo un suffisso giustappunto celtico e se, di conseguenza, entrambi i nomi possono ritenersi indizi di un substrato che -per il vero- nel delta affiora grazie a non molti elementi, uno dei quali (la dedica votiva alle Iunones da Codigoro, pluralità di divinità femminili) ha carattere cultuale.
Una famiglia certo benestante per la quale l’esistenza di M. Fadienus Massa segna un periodo di affermazione economica e sociale: accanto al suo nome vi è l’indicazione della tribù di appartenenza e la moglie è della gens Valeria.

La stele più antica è quella di Caius Fadienus, Cai filius, e di Ambulasia Anucio, Marci filia, cui segue quella sulla cui epigrafe Fadienus Repentius, Cai filius, e Cursoria Secunda, Luci filia, piangono la prematura scomparsa di Caius Fadienus Vegetus morto a 21 anni. Qui i busti drappeggiati dei tre personaggi sono posti in due nicchie rettangolari dal fondo ricurvo, gli adulti sopra e il giovane sotto.
Terza nel tempo viene la stele di Marcus Fadienus Massa, Cai filius, e di Valeria Secunda, Quinti filia. Nello specchio epigrafico che separa la nicchia con i busti dei due sposi dal riquadro sottostante -che rappresenta a basso rilievo un cavallo al passo volto a destra- è impaginato un testo con cui è proprio Marcus a rivolgersi di persona al lettore e viandante, esprimendo il vanto di essere stato coerente con i propri principi. L’epitaffio è dotato di una parte metrica che riecheggia non tanto le concezioni filosofiche che erano appannaggio dei circoli epicurei, quanto un sentire comune che, almeno a partire dal I sec. d.C., era entrato in gran parte della società.
Per ultima viene la stele che L. Fadienus Agilis, Marci filius, unito nella sepoltura ad Atilia Felicia, Cai liberta, dedica al figlio L. Fadienus Actor, morto all’età di 17 anni. Il giovane stringe nelle mani un rotolo e una penna, e porta un anello al mignolo della sinistra. Il busto è al centro di un clipeo solcato da modanature sul cui margine posa una corona di foglie con bacche, un fiore al centro in alto e nastri svolazzanti sotto, un simbolo che allude alla vittoria sulla morte.
Soltanto nella seconda campagna di scavo fu trovata la quinta stele dedicata dai genitori L. Pompennius Placidus, Caii filius, e Fadiena Tertia, Caii filia, al figlio Pompennius Valens, anch’egli scomparso prematuramente all’età di 23 anni.
Alla famiglia dei Fadieni parrebbero non essere stati estranei legami con elementi celtici posti con il cognomen Massa e il nome Ambulasia, se è dato di riconoscere in quest’ultimo un suffisso giustappunto celtico e se, di conseguenza, entrambi i nomi possono ritenersi indizi di un substrato che -per il vero- nel delta affiora grazie a non molti elementi, uno dei quali (la dedica votiva alle Iunones da Codigoro, pluralità di divinità femminili) ha carattere cultuale.
Una famiglia certo benestante per la quale l’esistenza di M. Fadienus Massa segna un periodo di affermazione economica e sociale: accanto al suo nome vi è l’indicazione della tribù di appartenenza e la moglie è della gens Valeria. ( Fonte beni culturali Emilia Romagna http://www.archeobologna.beniculturali.it/comunicati_stampa/mors_inmatura.htm)

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PIETRE E COLORI DELLE CASE DI RIMINI CHE PARLANO DI VITE

Permettemi una divagazione finale. Se le pietre di cui abbiamo fino ad ora scritto , parlano di vita ma soprattutto di morte , diverso è il caso dei colori, delle pietre dei mattoni delle case che parlano ancora di un quotidiano fatto di amore , lavoro , voci di bambini, profumi dei cibi , quotidianità. Insomma tutto quello che riempie o dovrebbe riempire le case di oggi. Proprio per questo termino il post con questo link sui colori delle case della antica Ariminium:

VIAGGIO NEL TEMPO: DAI CELTI LIGURI AI ROMANI NEL MUSEO ARCHEOLOGICO DI VERCELLI

Fonte: comune.vercelli.it

Il MAC, Museo Archeologico della Città di Vercelli è sito presso l ex-monastero di S. Chiara ed è intitolato ad un illustre studioso ottocentesco il padre barnabita Luigi Bruzza . Il museo espone oltre seicento reperti provenienti da indagini archeologiche condotte in città negli ultimi decenni . L ‘esposizione è resa più interattiva con infografiche e supporti multimediali.

La mostra dei reperti comincia dalle fonti archeologiche relative all’occupazione preromana del territorio, abitato dai Libui, una popolazione scaturita dalla fusione fra i Ligures autoctoni e Celti giunti d’oltralpe nella seconda metà del I millennio a.C. Si passa successivamente ad illustrare le trasformazioni avvenute nella città e nel territorio, con l’ingresso nell’orbita romana, a partire dal II secolo a.C.: nella cultura materiale, sul piano urbanistico e nelle abitazioni private, nei rituali funebri e religiosi e infine nell’economia di piccola e grande scala, fino alle soglie dei profondi cambiamenti intercorsi in Tarda romanità.

Manufatti spesso integri, inseriti nel loro contesto di ritrovamento originale permettono emozionanti flashback di una città che ha molto da raccontare.

Continua è anche la collaborazione con il museo Leone di Vercelli .

Ceramica comune dei Libui

I visitatori sono accolti, all’inizio del percorso di visita, dall’ologramma dell’Apollo, una riproduzione digitale animata della statua rinvenuta a Vercelli nel Cinquecento, pensata per introdurre i visitatori ospiti (grandi e piccoli) all’esposizione. Potrete ascoltare dalla viva voce di Acisio perché decise di commissionare nella sua città – Vercellae – un’epigrafe bilingue in latino e leponzio( celtico con caratteri nord etruschi). Scoprirete quale vino si beveva e quale olio si utilizzavano in cucina a Vercelli in epoca romana.

Ricostruzione di soffitto affrescato epoca romana
  • Indirizzo

Complesso di Santa Chiara
Corso Libertà 300, Vercelli
Tel.: 0161-649306

  • Orari di apertura al pubblico

– Da martedì a venerdì: 15.00-17.30
– Sabato e domenica: 10.00-12.00 e 15.00-18.00
– Lunedì chiusura

Ceramica Romana

VIDEO:

TRE MUSEI IN UNO:

https://www.finestresullarte.info/opere-e-artisti/museo-leone-di-vercelli-tre-musei-di-epoche-diverse-in-uno

CATALOGO ” DEL MUSEO :
 

BIBLIOTECA ARCHEOLOGICA tantissimi testi e libri in formato PDF sulla archeologia di Vercelli e del suo territorio . Imperdibile! Qui sotto il link:

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LE SCOPERTE ARCHEOLOGICHE NELLA TOPOGRAFIA DELLA CITTA’:

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IL PIEMONTE ROMANO DI SANDRO CARANZANO.

Il Piemonte Romano: Tra Tribù Celtiche e Dominio Romano

Il popolamento delle area subalpina occidentale prima della dominazione di Roma è avvolto da un velo di incertezza a causa della limitata documentazione . Celti e Liguri, spesso descritti come Celto-liguri a causa della fusione delle etnie , popolavano la regione. Tribù come i Salassi, i Taurini, i Bagienni, e gli Epanteri Montani occupavano aree con confini definiti , ma non svilupparono strutture istituzionali stabili, limitandosi a difendere il territorio.

Statuetta in bronzo da Industria

La conquista romana, più tarda rispetto ad altre regioni settentrionali, iniziò nel II secolo a.C. con interventi settoriali. La resistenza indigena fu repressa violentemente nel sangue , specialmente nel Piemonte meridionale e in Liguria. Un primo inseduamento della potenza romana iniziò tra i fiumi Po, Tanaro e Stura, con Pollentia come possibile primo insediamento nel II secolo a.C.

Nel 125 a.C., Marco Fulvio Fiacco favorì l’insediamento di coloni centro-italici, contribuendo alla crescita di Dertona (Tortona). Nel II secolo a.C., importanti realizzazioni viarie e colonie come Eporedia (Ivrea) e Dertona emersero come centri , ma l’urbanizzazione fu graduale.

La svolta avvenne nell’89 a.C. con la Lex Pompeia de Transpadanis e la Lex Plautia Papiria, estendendo il diritto latino di cittadinanza alle comunità italiche. Nel I secolo a.C., Roma consolidò la presenza nel Piemonte, fondando colonie come Augusta Taurinorum (Torino) e Augusta Praetoria (Aosta). Nel 49 a.C., le colonie latine divennero municipi, garantendo la cittadinanza romana a tutti gli abitanti.

Nel 42 a.C., la Gallia Cisalpina ottiene di essere integrata nell’Italia romana. Augusto estese pertanto il regime municipale all’Italia settentrionale, incluso il Piemonte. Le Alpi occidentali furono suddivise in distretti militari, con il Piemonte non montano incluso nelle Regiones XI e IX per il nord e sud del Po, rispettivamente.

PIEMONTE ROMANO: IL LIBRO DI SANDRO CARANZANO

Piemonte romano. Una storia lunga quasi mille anni: la romanizzazione del Piemonte fu un fenomeno di grande portata, iniziato con la conquista della porzione più occidentale della pianura padana, a partire dalla metà del II secolo a.C., e concluso, ai fini di questo libro, soltanto nel tardoantico, con l’età di Costantino, l’avvento del Cristianesimo e il fruttuoso esperimento di convivenza romano-gotica. Un trapasso epocale che, dopo le perturbazioni iniziali tra i colonizzatori e le popolazioni celto-liguri stanziate sul territorio, diede vita a una nuova e originale civiltà, frutto della fusione tra gli indigeni e i nuovi arrivati.

Aqui terme resti dell ‘acquedotto
Area archeologica di Libarna con il suo anfiteatro

Il Piemonte in età tardorepubblicana e la discesa di Annibale; la fondazione delle città (Tortona, Acqui, Vercelli, Ivrea, Libarna, Industria, Alba, Pollenzo, Chieri e poi, in epoca augustea, Susa, Torino, Bene Vagienna, Asti, Novara…) e il significato degli impianti urbani; il reticolo delle strade romane nella regione; le suddivisioni del territorio: sono solo alcuni degli argomenti di una trattazione appassionante, divulgativa ma rigorosa e documentata, che informa il lettore sulle più recenti indagini archeologiche, seguendo l’ordine cronologico degli eventi e combinando l’inquadramento storico con le puntuali descrizioni dei siti della romanità in Piemonte.

Piemonte romano. Con un ricco apparato iconografico e cartografico, schede e approfondimenti artistici, storici e culturali sulla civiltà romano-piemontese, un glossario e un elenco dei musei e delle aree archeologiche visitabili nella regione.

In 160 pagine e 180 immagini, tutto il Piemonte nell’età romana.

Mura romane di Vercelli

PIEMONTE ROMANO, L’INDICE:

✦ LE ORIGINI DEL PIEMONTE ROMANO

  • La discesa di Annibale.
  • Lingua e transizione celtica.
  • Iulia Dertona (Tortona).
  • Aquae Statiellae (Acqui Terme).
  • Le vie romane.
  • Vercellae (Vercelli).
  • Roma e le vie d’acqua.
  • Eporedia (Ivrea).
  • Centuriare il territorio.
  • Le aurifodinae gallo-romane.
  • Plinio il Vecchio, Naturalis Historia III, 46-47.
  • Strabone, Geografia, V, 11-12.
  • Libarna (Serravalle Scrivia).
  • I culti topici.
  • Industria.
  • Il culto degli Dei egizi.
  • Alba Pompeia (Alba).
  • Pollentia (Pollenzo).
  • Economia del Piemonte romano.
  • Vici, fora e conciliabula.
  • Forum Vibii Caburrum (Cavour).
  • Carreum Potentia (Chieri).

✦ AUGUSTO E UN NUOVO ASSETTO

  • Segusio (Susa).
  • La cultura del vino.
  • Augusta Taurinorum (Torino).
  • La tradizione augurale e la città.
  • Gli acquedotti romani.
  • Augusta Bagiennorum (Bene Vagienna).
  • Necropoli e riti funerari.
  • Le magistrature.
  • Hasta (Asti).
  • La quadragesima Galliarum.
  • Novaria (Novara).
  • Il tesoro di Marengo.
  • Gli insediamenti rustici.
  • La produzione ceramica.
  • I luoghi della romanità in Piemonte.

✦ IL TARDOANTICO: UN MONDO NUOVO

  • La cristianizzazione.
  • La discesa di Costantino.
  • Destrutturazione e nuovi assetti.
  • La memoria di san Secondo a Torino.
  • Diatreta Trivulzio.
  • I martiri tebei.
  • Il complesso episcopale di Torino.
  • Il Tractus Italiae e le chiuse.
  • L’esperimento romano-goto.
  • I sermoni di san Massimo.

✦ Glossario dei termini non esplicitati nel corpo del testo.

✦ Bibliografia essenziale.

✦ Elenco dei musei con materiale romano e barbarico in Piemonte.

Particolare di busto bronzeo di principe della dinastia Giulio Clau

L’AUTORE:

Sandro Caranzano si è formato presso la scuola archeologica torinese e ha svolto studi e ricerche sulla preistoria alpina e sulla civiltà romana provinciale. Autore di articoli scientifici e divulgativi e con una lunga esperienza di docenza, ha condotto ricerche in Giordania per l’Università di Torino (G. Gullini) e ha collaborato allo studio e alla pubblicazione dei siti archeologici di Chiomonte La Maddalena e di Viverone promossi dalla Soprintendenza Archeologica del Piemonte. Dal 2014 dirige con N. Ceka la missione archeologica italiana presso la cittadella ellenistica di Selca (Albania). Per Edizioni del Capricorno ha pubblicato Gli antichi popoli del Piemonte.

LINK: https://www.quotidianopiemontese.it/2023/12/27/piemonte-romano-sandro-caranzano-racconta-una-storia-lunga-mille-anni/

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TUTTA L ‘ARCHEOLOGIA DEL PIEMONTE MINUTO PER MINUTO

http://archeo.piemonte.beniculturali.it/index.php/en/quaderni-della-soprintendenza-archeologica-del-piemonte

http://www.sabap-to.beniculturali.it/index.php/attivita/editoria/13-editoria/140-quaderni-5

http://ambientecultura.it/territorio/piemonte/

LA CERAMICA DAI LEPONTI ALLA PIENA ROMANITÀ

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Published

27/09/2022

Il primo contatto tra il Canton Ticino e il mondo romano avvenne alla fine del II secolo a.C., come dimostrato da importazioni limitate dall’Italia centrale. Il Canton Ticino fu romanizzato durante il periodo augusteo, ma le importazioni diminuirono man mano che gli artigiani locali imitarono vasi neri, ceramica Aretine sigillata, ceramica a parete sottile e recipienti di vetro. Durante il I e II secolo d.C., la ceramica Aretine sigillata fu sostituita da ceramica Padana e Tardo Padana, e le tazze a parete sottile in tessuti grigi superarono nettamente le tazze in tessuti leggeri. Durante il I secolo d.C., recipienti con flange, bicchieri puntinati e recipienti Padani o Tardo Padani di forma Drag. 37/32, erano limitati alla regione compresa tra i fiumi Sesia, Ticino, Po e Adda.

A partire dalla fine del II secolo d.C., i beni funerari rivelano contatti più stretti con le regioni a nord delle Alpi. Sono state trovate ceramiche sigillate galliche e spille di tipo Mesocco nei cimiteri del Ticino settentrionale, mentre importazioni di vetro dalle regioni renane o le loro imitazioni locali si verificano nei cimiteri vicino al lago Verbano. Brocche smaltate e giare binate sostituiscono recipienti grezzi nelle tombe, e la loro distribuzione sembra essere limitata al “Comprensorio del Ticino”. Canton Ticino – Sottoceneri – Sopraceneri –

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ALTRI LINKS:

Evidenze di identità regionale nella ceramica d’epoca romana del Canton Ticino (Svizzera)
Christiane De Micheli Schulthess

477-484

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