La Minerva di Stradella, è una statua bronzea di circa 60 cm del II secolo d.c., ritrovata nel 1828 durante alcuni scavi al torrente Versa e donata al re Carlo Felice. La Minerva è custodita al Museo dell’Antichità di Torino,


Minerva nella piccola bronzistica dell’Italia settentrionale
Margherita Bolla
Da PUBLICATIONS DE L’INSTITUT NATIONAL D’HISTORIE DE L’ART https://books.openedition.org/inha/7255https://books.openedition.org/inha/7255
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I bronzetti di Minerva hanno suscitato a più riprese l’interesse di Claude Rolley1, cui dedico questo censimento2 degli esemplari a tutto tondo dall’Italia settentrionale3, senza pretese di esaustività. Si tratta di più di quaranta statuine in bronzo oltre a otto irreperibili e non illustrate, due in argento (di cui una perduta) e tre in piombo; Minerva è quindi fra le dee più riprodotte in quest’area nella piccola plastica in metallo, accanto a Fortuna/Iside e Venere4.
2Fra gli esemplari con dati di provenienza (di solito luogo e talvolta data della scoperta, senza indicazioni sul contesto), alcuni paiono di antichità dubbia o appartengono a serie sulle quali sussistono sospetti; al proposito si ricorda che i bronzetti romani dell’Italia del nord sono giunti nelle raccolte pubbliche in gran parte nell’Ottocento, quando fu attivo un vivace mercato antiquario di falsi, copie, rielaborazioni.
Le Minerve più antiche
3Dal santuario della dea Reitia a Este, attivo forse già dalla fine del VII sec. a.C. al II-III sec. d.C., vengono due statuette, anteriori all’età imperiale, accomunate da elmo corinzio, braccia nude, peplo con lungo apoptygma e cintura subito sotto il seno, egida bilobata con gorgoneion a piccola borchia e proporzioni del corpo (con torace breve e sottile e parte inferiore allargata), ma diverse nelle dimensioni e negli attributi. Una reca nella destra una patera ampia e concava5; l’altra – più alta – ha la mano destra sul fianco mentre la sinistra posa su un pilastrino sul quale striscia un serpente, indizio per un’interpretazione come Minerva Igea6, supportata dalla presenza nella stipe di un cane e un serpente in bronzo, animali connessi ai culti iatrici7.

1. Aquileia
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Foto dell’A.
Le due Minerve sono probabilmente prodotti locali realizzati per le specifiche esigenze del santuario, dove erano attive da tempo fiorenti botteghe per la fabbricazione di votivi metallici, ma richiamano la bronzistica centroitalica di età ellenistica, presentando affinità strutturali con una Minerva da Siena, per la quale Bentz ha proposto un archetipo pergameno e quindi una datazione dopo la metà del II sec. a.C.8. Il bronzetto atestino di maggiori dimensioni sembra situabile ancora nel II sec. a.C., mentre quello con patera potrebbe essere un poco più recente, della fine del II-primi decenni del I sec. a.C.9.
4È forse da situare nel I sec. a.C. anche una Minerva – con patera e probabilmente scudo poggiato al suolo – di Aquileia (fig. 1)10, dove si ha una presenza precoce della dea, testimoniata da un’epigrafe11.
Gli altri bronzetti di maggiori dimensioni
statua di Stradella, con peplo altocinto, datata su base stilistica all’età antoniniana12, è alta cm 60 cioè due piedi romani, forse una misura standardizzata13; richiama la Parthenos fidiaca (è l’unica in Italia del nord con elmo con tre creste14), però attraverso mediazioni ellenistiche; forse votivo per un luogo di culto, poteva tenere lo scudo con la sinistra e la patera nella destra15.
6Da un edificio del VI secolo sul Monte S. Martino, proviene un elmo corinzio con tori sui paraguance, notevole per qualità e dimensioni (alt. cm 5,8), pertinente a una figura alta una quarantina di centimetri, ritenuto asportato dal vicino santuario, in cui si veneravano soprattutto divinità femminili, fra cui Minerva, testimoniata da una testina fittile16.
7In Cisalpina, l’uso di porre in ambito cultuale statue in bronzo inferiori al vero è testimoniato anche da un’epistola di Plinio il Giovane17.
8Non lontano da Este è stato rinvenuto un gorgoneion di altissima qualità, applicazione per una statua di loricato o di Minerva, quindi pertinente alla grande plastica18.
Bronzetti con peplo e cintura, senza mantello

2. Trento
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Cavada 1993, fig. 17.

3. Chiarano
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Bellis 1968, fig. a p. 43.
9Vicina al tipo di Stradella sembra una statuina da Reggio Emilia, molto danneggiata, da una domus in uso dal I al V sec. d.C.19.
10Ancora a braccia nude, con egida più evidente e peplo con risvolto e cintura, sono due piccoli gruppi: uno costituito dagli esemplari da Trento (fig. 2, piazza Duomo, contesto di III secolo con materiali anteriori) e Verteneglio in Istria, con breve crista aderente all’elmo, lancia nella destra e scudo posto di tre quarti nella sinistra20; l’altro formato dalle statuine di Chiarano (fig. 3) e Promontore (Istria), con civetta nella destra estesa e lancia a sinistra21, inoltre forse una dispersa da Campegine22. I bronzetti del secondo gruppo richiamano la statua di un tempio urbano riprodotto su serie monetali neroniano-flavie, identificato in via ipotetica con il santuario dell’Aventino23.
IL TIPO VERONA PARMA

Tipo «Verona-Parma», Serie di minori dimensioni, Brescia
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Foto dell’A.
11Il tipo di Minerva prediletto in Italia del nord, con attestazioni ovunque ma soprattutto nella Venetia, è quello cosiddetto «Verona-Parma» (fig. 4), individuato negli anni Settanta24, nel quale sono distinguibili – riguardo alle dimensioni – due serie25. Alla lista di esemplari proposta in un recente riesame del tipo26 va aggiunto un bronzetto da Claterna (Ozzano nell’Emilia), peculiare poiché è l’unico a presentare l’inversione della posizione delle braccia (reggeva la lancia con il sinistro alzato)27.
Statuine con mantello
12Una Minerva dalla mansio di Sirmione (fig. 5, provenienza solo ipotizzata)28 ha peplo con apoptygma senza cintura e kolpos, ma con l’aggiunta del mantello discendente sul retro dalla spalla destra e coprente il braccio sinistro; l’elmo (perduto) era lavorato a parte.

5. Forse da Sirmione
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13Il tipo sembra ispirato, più che alla statuaria attica degli ultimi decenni del V sec. a.C. (Procne di Alcamene, Cariatidi dell’Eretteo), a creazioni della prima metà del IV sec. a.C., come l’Eirene di Cefisodoto, riproposta in un bronzetto romano di Atene29; il favore riservato allo schema nel II secolo30 determinò forse la sua diffusione nella bronzistica. La Minerva del larario di Ostia, in strato di incendio del 270-280 d.C., attesta comunque la permanenza in uso del tipo in quest’epoca31. Altri esemplari sono conservati a Berlino (con lancia nella destra ed imponente elmo attico)32 e Verona33; nessuno conserva l’attributo della mano sinistra, attraversata da un foro cilindrico: potrebbe essere lo scudo o la civetta. Come per la serie «Verona-Parma», questo tipo è stato utilizzato per la creazione di altre figure: Minerva-Iside-Fortuna, cambiando la posizione delle braccia e gli attributi34; Iside-Fortuna, eliminando l’egida35.
Foto dell’A.

Trento, Piedicastello
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Walde-Psenner 1983, n. 178.
14Vestono mantello discendente sul retro e peplo con maniche e cintura in vita due Minerve trovate nell’Ottocento e disperse, dal Lodigiano e da Trento-Piedicastello (fig. 6)36, questa con grandi occhi cordonati e gorgoneion insolito, con chioma fiammeggiante. Fanno parte di una serie, con lancia e patera, ispirata al periodo protoclassico, ritenuta sospetta da Franken e testimoniata da esemplari di provenienza ignota a Göttingen, Köln, in Austria (forse da Carnuntum)37, e al Museo di Bologna.
15Un buon numero di statuine dell’Italia del nord è caratterizzato dal mantello che copre la parte frontale, con esiti diversi.

7. Tortona
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Foto di Guido Rossi.
16Nel tipo Kaufmann-Heinimann I A rientrano due statuine di qualità differente, collegabili – pur con molte semplificazioni – all’Atena Giustiniani: da Tortona (fig. 7), con scudo (mentre la lancia è perduta), dubbia per le caratteristiche tecniche e stilistiche, e da Libarna, raffinata e ricca di dettagli, forse databile fra la fine del I e il II sec. d.C. per le proporzioni allungate38.

8a-b. Moio di Chizzola
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Walde-Psenner 1983, n. 6.
17Ancora al tipo I A si riferisce un gruppo, con provenienze dal Trentino (Moio di Chizzola, fig. 8, e Trento-Piedicastello) e dal territorio di Altino39; qualche dubbio suscita la struttura del mantello sul retro e il suo rapporto con la cresta dell’elmo. Un esemplare pressoché identico è di provenienza dichiarata da Liberchies, località che ha «attratto» falsificazioni40; altri sono di provenienza ignota41.

9. Aquileia
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Foto dell’A.

10. Felegara
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D’Andria 1970, n. 163.
18Al tipo Kaufmann-Heinimann I B si riferiscono quattro esemplari, accomunati dalla posizione di braccia e gambe: da Gazzo Veronese42 e Aquileia (fig. 9)43 (entrambi con lancia perduta nella sinistra) e due molto simili da Tortona (dispersa, con patera nella destra)44 e Felegara (fig. 10, priva degli attributi)45, trovate nell’Ottocento. La Minerva di Gazzo, di ritrovamento recente, è sicuramente antica, ma bronzetti analoghi sono moderni46; quelle di Tortona e Felegara rientrano in una serie caratterizzata da proporzioni tozze e testa grossa, con mento prominente che appare quasi «barbato47», ripresa (o reimpiegata?) nella bronzistica rinascimentale48

. Fodico
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Foto dell’A.
19Un altro gruppo di Minerve è caratterizzato dal mantello che risale non sulla spalla, ma sull’avambraccio sinistro. Si tratta di quattro esemplari differenti, concentrati nella zona orientale dell’Italia del nord: a Trento-S. Bartolomeo, forse a Oderzo, a est dell’Isonzo (con ponderazione inversa)49, a Fodico in Emilia (fig. 11)50. Nell’esemplare forse da Oderzo, il panneggio passa sotto il braccio sinistro, collegandosi all’Atena tipo Velletri; il gruppo cui questa statuina appartiene, definito da Menzel, Galliazzo e Ţeposu-Marinescu, Pop, è poco numeroso, con statuette differenti ma riferibili ad uno stesso modello in Gallia, Renania, Dacia, oltre che in Italia: vicina all’esemplare forse da Oderzo è la Minerva da Porolissum, mentre quella di Vaison conserva lo scudo circolare, sollevato con la mano sinistra51. Per la Minerva di Fodico (fig. 11) un confronto fa pensare che l’attributo nella destra fosse la civetta52.

12. Gran San Bernardo
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Leibundgut 1980, tav. 66.
20Le Minerve in cui il mantello copre completamente il petto sono rappresentate da tre esemplari diversi da Alessandria, Gran San Bernardo (fig. 12) e Este, quest’ultimo in argento.
21Al tipo Kaufmann-Heinimann III si riferisce la Minerva di Alessandria, da larario privato (associata ad una Minerva più piccola del tipo «Verona-Parma»), molto danneggiata53, appartenente a una serie di notevoli dimensioni e di alta qualità, studiata fra gli altri da Boube-Piccot, Leibundgut, Boucher, Kaufmann-Heinimann54, con datazione all’età augustea-prima età imperiale. L’ampia distribuzione degli esemplari noti, dalla Pannonia alla Gallia al Marocco, non consente l’individuazione di una zona privilegiata di produzione.
22Nel piccolo bronzetto del Gran San Bernardo (fig. 12), l’egida quasi indistinguibile è in diagonale sopra il mantello, verso la spalla sinistra, con un minuscolo gorgoneion; questo particolare55 consente l’inserimento in una serie riesaminata da Annemarie Kaufmann-Heinimann, che ne ha messo in luce la forte variabilità, evidenziando come non si individui – data la vasta dispersione del motivo nell’Impero – un centro di elaborazione56. In Italia del nord, per ora il tipo con egida in diagonale è presente solo in questo centro periferico, di transito verso le Gallie.
23Miniaturistica è la Minerva in argento dal santuario di Reitia a Este, forse un orecchino prodotto fra I sec. a.C. e I sec. d.C. e deposto come offerta votiva, particolare per gli attributi rappresentati (lancia, scudo con il serpente Erittonio; un probabile altro serpente sul fianco destro della dea, che reggeva forse una patera), in connessione con la valenza salutistica della dea in questo luogo57. Il gorgoneion e i serpenti dell’egida, posta sopra il mantello, sono a malapena visibili; è inoltre singolare il mantello sulla testa della dea.
Minerva con piede su globo
lavoro a cesello (iridi cave, ciocche incise sulle gote, egida, elmo); fori cilindrici sono in entrambe le mani58.

13. Aquileia
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Foto dell’A.
Un esemplare analogo è a Vienna, di provenienza ignota59, mentre un altro, differente (braccia volte in avanti con mani aperte, globo sferico), è noto da un disegno e ritenuto moderno60. La posa della gamba destra sollevata, con panneggio rovesciato sulla coscia a formare una grossa piega e piede su globo, è nota anche per bronzetti di Fortuna/Iside Panthea61. Una placca in bronzo da Charlton Down, tardoantica per i caratteri stilistici, mostra Minerva con piede sinistro su globo, intenta a scrivere su uno scudo, per contaminazione con l’iconografia della Vittoria62.
Minerve in corsa
25Questo schema iconografico, il cui terminus post quem per la diffusione nella bronzistica sarebbe la statua di culto del tempio di Minerva Chalcidica a Roma, eretto da Domiziano63, è presente a Vada Sabatia, a Marani in Trentino, e a Fodico (fig. 14), nel territorio di Reggio Emilia.

14. Fodico
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Foto dell’A.
26La statuina di Vada ha elmo sormontato da Sfinge (cresta perduta) e braccia fuse a parte (perdute). Nonostante il ritrovamento recente (1942) e l’acquisizione per dono e non per compravendita, è stata ritenuta falsa per l’iconografia insolita e la lega usata, con stagno e piombo in tracce e con il 9 % di zinco. Sono però note in età romana statuette ad alto tenore di zinco, anche se le proporzioni della lega della statuina di Vada hanno pochi confronti64; in Italia settentrionale la campagna di analisi sui bronzi di Industria ha rivelato un tripode con alta percentuale di Zn (11,2) e scarsa presenza di Sn e Pb (2,9 e 4,2)65.
27Peculiare la Minerva da Marani, in cui il corsetto è decorato da volute e il gorgoneion è trasformato in un «occhio di dado66», ma va ricordato che un esemplare molto simile dalla Romania è stato ritenuto sospetto67.
28La Minerva di Fodico (fig. 14)68 è insolita per l’egida trasformata in una lorica indossata sopra il peplo, la forma curiosa dell’elmo e la resa stilistica (tacche sul retro dell’egida).
29Rispetto al censimento delle Minerve «in corsa» proposto da Hélène Chew69, le statuine norditaliche confermano la grande eterogeneità di questi bronzetti, che non sembrano potersi riunire in vere e proprie serie70. La rarità in Italia settentrionale potrebbe indicarne sia un’origine allogena sia elaborazioni locali isolate.
Parti di statuette
30Cimieri di elmo isolati, da Vada Sabatia e dal Veronese71, possono riferirsi – ma solo in via ipotetica – a Minerva, considerando che statuine di Marte a tutto tondo sono poco attestate nel Norditalia, mentre il Genius elmato è finora assente72.
Piombo
31Minerve in piombo del tipo a braccia nude, con peplo e cintura73, sono a Pavia (con patera nella destra, lancia nella sinistra, scudo a lato) e forse nell’agro altinate (braccio destro sollevato forse con patera, sinistro alzato per la lancia, perduta)74; a S. Giorgio di Valpolicella si trovano un frammento di scudo e una figurina femminile ritenuta Fortuna o Minerva75.
Bronzetti perduti
24Nel Museo di Aquileia, senza provenienza ma ritenuta dalla città, è una Minerva insolita (fig. 13), con piede destro su globo informe; benché costruita su un unico piano, è di resa accurata, con un considerevole
Osservazioni sulle tipologie
33Le «serie» ben definite sono quattro (con parziali sospetti di non antichità): «Verona-Parma» (fig. 4), Lodigiano/Trento-Piedicastello (fig. 6), Moio (fig. 8)/Trento-Piedicastello/Altino, Tortona/Felegara (fig. 10). Per il resto, pur classificandosi in grandi tipi, i bronzetti sono diversi l’uno dall’altro, probabilmente per la pluralità di modelli o di centri di produzione.
34Per gli attributi, quasi sempre perduti, possiamo ipotizzare: lancia + scudo, l’associazione più frequente78; patera + scudo79; patera + lancia80; civetta + lancia81. Al momento sembra poco attestata la civetta, ma si deve considerare che per alcuni tipi82 l’attributo non è noto neanche da confronti. Le maggiori peculiarità si trovano a Este per la presenza dei serpenti83.
35La crista dell’elmo è molto variabile: breve, compatta e aderente nei bronzetti di Este (Minerva di minori dimensioni), Trento-piazza Duomo (fig. 2) e Verteneglio, Lodigiano/Trento-Piedicastello (fig. 6); discendente sul dorso e in genere bifida negli altri, spesso aderente all’elmo (come nel tipo «Verona-Parma»), ma anche a tutto tondo e connessa all’elmo mediante un sostegno variamente sagomato (Chiarano (fig. 3), Promontore, Libarna; cimieri isolati). In qualche caso l’estremità verso la fronte raffigura una testa di grifo (Libarna) oppure una protome apparentemente di bovide (Tortona (fig. 7), Gazzo Veronese, a est dell’Isonzo, forse da Oderzo); l’indicazione di occhi e naso sull’elmo di tipo corinzio è talvolta più evidente (Minerva più bassa da Este, Libarna; alcuni del tipo «Verona-Parma»); la presenza della sfinge si riscontra a Vada e Campegine, mentre la statuina con mantello da Alessandria – secondo i confronti – poteva avere una civetta sopra la calotta; a Vada e Alessandria sono presenti anche i paraguance sollevati.
36Gli esemplari di buona qualità sono pochi: Libarna, Alessandria (con mantello), Vada Sabatia.
37In generale, dal punto di vista dell’assimilazione di schemi iconografici, si riscontra – per il cospicuo numero dei bronzetti del tipo «Verona-Parma» (fig. 4) – una leggera predominanza delle figure con peplo e senza mantello, di gusto «conservatore84». A parte il caso di Este, le peculiarità cisalpine nella riproduzione di Minerva nella piccola bronzistica consistono appunto nella preferenza accordata al tipo «Verona-Parma» e nella scarsissima affermazione dei tipi «in corsa» e «con egida in diagonale».

15. Distribuzione delle Minerve in metallo in Italia settentrionale (escluse quelle di dimensioni maggiori dei bronzetti e gli elementi isolati)
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Triangolo pieno, Minerve conservate o illustrate; triangolo vuoto, Minerve perdute e non illustrate.
38Esaminando la carta di distribuzione (fig. 15), si notano zone di assenza nella Transpadana e una considerevole diffusione invece nella Venetia et Histria e in Aemilia, con concentrazioni a Trento, Este ed Aquileia; per comprenderne il significato sarebbero necessarie ulteriori ricerche sugli altri prodotti in bronzo85, anche non a carattere cultuale (appliques, pesi, ecc.), e sulle testimonianze epigrafiche e figurative in materie diverse dal bronzo86. Un rapido sguardo a queste ultime indica scelte iconografiche differenti: la Minerva sulla grande lamina argentea con teoria di divinità in rilievo87 del tesoro di Marengo, sepolto dopo l’inizio del III secolo, appare accanto a Giove e Giunone, ed è rappresentata con le gambe incrociate, iconografia rara nei bronzetti88; nella terracotta è frequente Minerva accanto ad un’ara89, motivo ignoto nella bronzistica. Anche le grandi statue in marmo (a Breno e Trieste)90 non sembrano aver influito direttamente sulle scelte dei bronzisti; questi avevano dunque un proprio repertorio, non coincidente con quelli usati per la terracotta e il marmo.
Contesti e associazioni
39Alcune Minerve sono in contesti votivi: due, di cui una perduta, nel santuario di Juppiter Poeninus al passo del Gran San Bernardo, dove sono forse legate al carattere guerriero della dea e al passaggio di truppe attraverso il valico; elementi in piombo nella stipe di San Giorgio di Valpolicella, attribuita da ultimo a una popolazione latina che venerava – in ambiente retico – diverse divinità; due statuine in bronzo e due probabili orecchini in argento (di cui uno perduto) nella stipe del santuario di Reitia a Este, dove la dea ha competenze su ambiti diversi (militare, della scrittura, della salute, forse del passaggio sul fiume); una dispersa a Padova, nella stipe «domestica» del Pozzo dipinto, forse deposta in età augustea, con figure maschili di epoca anteriore e amuleti fallici.
40Per le associazioni in contesti privati, ad Alessandria, in un edificio con monete fino alla seconda metà del IV secolo, troviamo due Minerve e una Venere, con una configurazione del larario solo femminile, finora unico caso in Italia settentrionale di iterazione della figura di Minerva. A Gazzo Veronese, in un edificio residenziale (I-IV sec. d.C.), Minerva è associata ad un piccolo albero. A Trento-piazza Duomo, in un’officina di fabbro (III sec. d.C.), è associata a Mercurio, con due possibili interpretazioni:
in un’officina di fabbro (III sec. d.C.), è associata a Mercurio, con due possibili interpretazioni: oggetti metallici accumulati nell’officina per rifusione/riparazioni o piccolo larario dell’artigiano. A Campegine, in un contesto successivo al 161-180 d.C., disperso, la dea è con Apollo, Marte, Mercurio, Venere e Fortuna. Le associazioni finora ricorrenti sono quindi quelle con Venere e Mercurio, probabilmente perché si tratta di alcune fra le divinità più diffuse nell’area. Un dato interessante è l’assenza della triade capitolina.
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