MIRABILIA DELL’ANTICHITÁ A MILANO : “RECYCLING BEAUTY”ALLA FONDAZIONE PRADA.

Dire che sono in mostra alla fondazione Prada di Milano dei capolavori della antichità è assolutamente riduttivo. Questa mostra è straordinaria , inaspettata, emozionante, bellissima. La cornice in cui vengono esposti questi reperti è poi di tutto rispetto : la fondazione Prada. Non solo si tratta di pezzi archeologici di una preziosità unica ma è anche estremamente intrigante la storia complessa del loro reimpiego e riuso durante i secoli . Per questo mi sono permesso di inserire questo post un po’ “fuori tema” qui. Mi perdoneranno i lettori. Vi invito a visitare questa mostra a Milano alla fondazione Prada fino al 27 febbraio 2023.

La Zingarella e il Moro Borghese sono opera del francese Nicolas Cordier (1567-1612), che uni parti di sua creazione a frammenti antichi in marmi pregiati. Le sculture sono qui presentate per la prima volta in “dialogo” fra loro, come lo erano in casa del cardinale Scipione Borghese intorno al 1613. Oggi il Moro è al Louvre, La Zingarella è rimasta a Roma.

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Da fondazione Prada:

Questo e un altro pavone di bronzo dorato sono i soli sopravvissuti tra quelli che decoravano il mausoleo dell’imperatore Adriano (118-138 d.C.), che nel Medioevo
fu trasformato in residenza fortezza (Castel Sant’Angelo). due pavoni, insieme a una grande pigna antica di bronzo ornarono lungo una fontane davanti alla vecchia basilica di San Pietro, poi smontata nel Cinquecento quando venne costruita la nuova basilica

Recycling Beauty” è un’inedita ricognizione dedicata al tema del riuso di antichità greche e romane in contesti post-antichi, dal Medioevo al Barocco. Una mostra a cura di Salvatore Settis e Anna Anguissola con Denise La Monica il cui progetto allestitivo è ideato da Rem Koolhaas/OMA.

Composto da Nicolas Cordier a partire da una testa antica di moro, da un frammento – anch’esso antico – di torso in marmo nero e da un altro di alabastro, il Moro Borghese è una creazione interamente barocca. Secondo un poema del 1613, il Moro era disposto in coppia con La Zingarella: “A destra c’è un giovane moro […] che sorride lietamente e pare che inviti a danzare con lui una gentile fanciulla, anch’ella di pelle scura, che però fa la sdegnosa e non vuole ballare”.

La premessa di questa ricerca è la necessità di considerare il classico non solo come un’eredità del passato ma come un elemento vitale in grado di incidere sul nostro presente e futuro. Attraverso un innovativo approccio interpretativo e una modalità espositiva sperimentale, il patrimonio antico, e in particolare quello greco-romano, diventa, per usare le parole di Settis, “una chiave di accesso alla molteplicità delle culture del mondo contemporaneo”.


Nonostante la sua rilevanza culturale e la sua ampia diffusione, il reimpiego di materiali antichi è stato al centro degli studi archeologici solo di recente. Solo negli ultimi anni è stato approfondito il dato essenziale di questo fenomeno, ovvero la relazione visuale e concettuale fra gli elementi antichi riusati e il contesto post-antico, lontano da quello di origine, in cui sono stati inclusi. “Recycling Beauty”, al contrario, intende focalizzare l’attenzione sul momento in cui il pezzo antico abbandona la propria condizione iniziale o di rovina e viene riattivato, acquistando nuovo senso e valore grazie al gesto del riuso.

Considerata “meravigliosissima” da Michelangelo, questa scultura greca della fine del IV secolo a.C. apparteneva forse a una più vasta rappresentazione di Alessandro Magno a caccia. L’opera fu portata a Roma in antichità e nel Medioevo fu posta in Campidoglio, nel luogo in cui erano comminate le sentenze capitali, dove simboleggiò la potenza di Roma. Del famoso gruppo capitolino esistono numerose derivazioni in ogni materiale e di ogni dimensione.

Il progetto espositivo, concepito da Rem Koolhaas/OMA con Giulio Margheri, si sviluppa in due edifici della Fondazione, il Podium e la Cisterna, come un percorso di analisi storica, scoperta e immaginazione. Nel Podium un paesaggio di plinti bassi permette di percepire i pezzi esposti come un insieme, mentre le strutture simili a postazioni di lavoro incoraggiano un esame più ravvicinato grazie alla presenza di sedie da ufficio. Nella Cisterna i visitatori incontrano gli oggetti gradualmente, in una sequenza di spazi che facilitano l’osservazione da punti di vista alternativi. Due sale della Cisterna sono dedicate alla statua colossale di Costantino (IV sec. d.C.), una delle opere più importanti della scultura romana tardo-antica. Due monumentali frammenti marmorei, la mano e il piede destro, normalmente esposti nel cortile del Palazzo dei Conservatori a Roma, saranno accostati a una ricostruzione del Colosso in scala 1:1, mai tentata prima, che evidenzia come l’opera sia il risultato della rielaborazione di una più antica statua di culto, probabilmente di Giove. Questo progetto è il risultato di una collaborazione tra i Musei Capitolini, Fondazione Prada e Factum Foundation, la cui supervisione scientifica è stata seguita da Claudio Parisi Presicce, Sovrintendente Capitolino ai Beni Culturali.

La ricostruzione della ciclopica statua di Costantino originariamente posta bella basilica di Massenzio e Costantino . Frammenti originari un piede ed una mano

Evidenziando l’importanza dei frammenti, del riuso e dell’interpretazione, “Recycling Beauty” contribuisce a considerare il passato come un fenomeno instabile in costante evoluzione. La mostra ospita oltre cinquanta opere d’arte altamente rappresentative provenienti da collezioni pubbliche e musei italiani e internazionali come Musée du Louvre di Parigi, Kunsthistorisches Museum di Vienna, Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, Musei Capitolini, Musei Vaticani e Galleria Borghese di Roma, Gallerie degli Uffizi di Firenze e Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Il torso in onice dorato, di età adrianea (118-138 d.C.), agli inizi del XVII secolo fu integrato dal fiammingo François Duquesnoy con testa, mani e piedi in bronzo, sostituiti in marmo nel 1766. Esportata in Francia, l’opera rimase nella collezione d’Orsay fino alle confische della Rivoluzione (1794).
Ritenuta a lungo di età greco-romana questa protome è opera di Donatello (1455 ca.). Era destinata al monumento equestre di Alfonso d’Aragona, re di Napoli. Per dono di Lorenzo il Magnifice (1471) venne in possesso di Diomede Carafa. Spiccava tra molti marmi antichi esposti nel cortile di Palazzo Carafa, tanto che esso veniva chiamato “Palazzo del Cavallo di bronzo”.
Il sarcofago (160-180 d.C. ca.), che mostra una battaglia di Dioniso/Bacco in India, fu riusato nel 1247 come tomba del Beato Guido. Nel 1282 lo scrittore Ristoro d’Arezzo ne diede una fantasiosa descrizione. Donatello lo vide in viaggio da Roma a Firenze e ne parlò con Filippo Brunelleschi, che subito si recò a Cortona per disegnarlo.

Altri link:

https://www.salonemilano.it/it/articoli/design/la-bellezza-si-ricicla-nella-grande-mostra-fondazione-prada

https://www.artribune.com/arti-visive/2022/11/mostra-recycling-beauty-fondazione-prada-milano/