
il mosaico con la raffigurazione del Leopardo è un frammento restaurato da RavennAntica ed appartiene al pavimento d’un triclinio / sala da pranzo di una ricca domus , scoperta a Faenza nel 1963.
LA DOMUS
La domus faentina si collocava al centro dell’isolato compreso fra il decumano massimo (via Emilia-via Mazzini) e l’ultimo cardo occidentale, corrispondente all’attuale via Cavour: i vani rinvenuti erano perfettamente in asse con le direttrici stradali.

Una prestigiosa sala da pranzo era pavimentata con un tappeto musivo policromo e un emblema col leopardo a caccia , forse evocativo della venatio a cui poteva essere dedito il padrone di casa o semplicemente testimoniare il suo amore per gli animali esotici; il pannello si osservava da nord, cioè dal punto in cui erano sistemati i letti triclinii. La sala comunicava con spazi aperti di servizio e corridoi di disimpegno. L’abitazione, che risale alla tarda età repubblicana (1° a.C.), fu frequentata fino al 3-4° secolo d.C.
Bibliografia essenziale
- A. Coralini, Cultura abitativa nella Cisalpina romana. 1. Forum Popili, 2010, p. 71 – Google Books
- V. Righini, Faenza, in Enciclopedia dell’arte antica, 1994 – Treccani
- P. Monti, Faenza: rinvenimenti di età romana, in Notizie Scavi, s.8, XVI, 1965, pp. 69-82
- G. Montevecchi, L’edilizia residenziale privata, in Progettare il passato, a cura di C. Guarnieri, Firenze 2000, pp. 129-177, in part. pp. 136-139
IL MOSAICO
Al centro d’un ampio e complesso impianto decorativo, ritmato da cerchi e ottagoni, era collocato un emblema. Nel frammento recuperato dell’emblema campeggia un leopardo, mutilato del muso, che balza su un animale, una gazzella o un altro ungulato, di cui rimangono solamente le zampe posteriori. Il manto chiazzato del leopardo, tessuto con tessere in pietra locale, sfoggia toni di verde, ocra, rosso scuro, arancio, giallo (foto 3); una linea d’ombra sottolinea il suo agile profilo. Il paesaggio è riassunto in poche, strette strisce d’erba a sostenere le zampe degli animali.
Il tema del predatore che insegue la preda è antichissimo e molto diffuso, costella il bacino mediterraneo con tutte le possibili varianti: leone, leopardo, cane tra i predatori; gazzella, antilope, toro, coniglio tra le prede. In Italia motivi analoghi si trovano nella villa di Piazza Armerina, in Sicilia, ma nella regione Aemilia è una rarità.
LA RICOSTRUZIONE

restaurato nel 2013, occupava in una domus faentina la parte centrale d’un pavimento che è stato tagliato e immagazzinato. Per ricostruirlo abbiamo fotografato i lacerti residui, quindi li abbiamo disposti seguendo il rigoroso ordito di moduli circolari raccordati tra loro secondo uno schema che genera ottagoni con quattro lati concavi.

È apparso evidente che l’emblema non poteva essere contenuto in un solo modulo, poiché la cornice si sarebbe sovrapposta sulla figura del leopardo. Dunque l’emblema aveva un’altezza di due moduli, e ciò che ne resta è solo un angolo, purtroppo.

Nel resto dell’emblema sicuramente vi erano altre figure, oltre il leopardo e la gazzella di cui restano le zampe. Abbiamo provato a inserire nella bozza di ricostruzione altre due figure simili, per suggerire come potesse apparire il pavimento integro. Ma abbiamo rinunciato nella ricostruzione definitiva: le ipotesi possibili erano troppe.

Poiché i lacerti consentono di stabilire la larghezza del pavimento, si trattava dunque di ipotizzare quale potesse essere la sua lunghezza. Abbiamo scelto uno schema simmetrico, di 5 moduli per otto, suggerito anche dai triangoli che incorniciano gli ottagoni: sul lato retto se ne contano 5, sul curvo 8. Un ritmo ben noto al mondo antico, con proporzioni pari a 1: 1,6, prossimo alla sezione aurea e che ricorre nella serie di Fibonacci.
