SULLE ORME DI COZIO

Dopo duemila anni Susa nel 2011 scopre sotto il suo castello i resti del palazzo del Re piu’ antico del Piemonte. No, non era un Savoia. Era Cozio, figlio di Donno.
Dal 13 avanti Cristo, per piu’ di una ventina d’anni, fu sovrano delle Alpi che ancora portano il suo nome. Governava quattordici tribu’ celtiche, controllava i passi Alpini e ne riscuoteva il pedaggio.
La sua epopea ritrova attualita’ grazie a cinque anni di scavi archeologici, appena conclusi dalla Soprintendenza guidata da Egle Micheletto. Con il sostegno di Stato, Provincia e Comune di Susa, l’archeologo Federico Barello dal 2005 ha indagato i sotterranei e le pertinenze del castello segusino. Ha scoperto che le sue cantine voltate sono antichi ambienti romani, fondati sulla roccia. Con robusti pilastri sostenevano stanze in cui sono emersi resti di pavimenti a mosaico.


«Facevano parte del Palazzo di Cozio» assicura Barello. «Era un complesso di almeno 3500 metri quadri, su piu’ piani. Dominava la strada che conduce al Monginevro. Vi si accedeva dalla scalinata monumentale rinvenuta negli anni Trenta del Novecento dall’archeologo Carlo Carducci. Al piano terra vi erano magazzini e servizi, a quello superiore gli appartamenti. L’impianto fu modificato nel quarto secolo dopo Cristo, per trasformarlo in fortezza».
E’ una storia che verra’ raccontata al grande pubblico la prossima primavera, con una mostra curata dal Comune. Parlera’ della dimora di un personaggio che seppe mediare fra cultura celtica e quella romana.
«Gli storici Strabone e Damiano Marcellino – spiega Barello – narrano che quando Cozio vide arrivare le legioni di Cesare Ottaviano Augusto non solo seppe farsi rispettare, ma divenne in seguito sincero amico del futuro imperatore, tanto da dedicargli l’arco di trionfo che dall’anno 9 avanti Cristo tutt’ora lo celebra. Augusto lo ricambio’. Ne fece il suo prefetto. Lo associo’ persino alla propria famiglia, la «gens Giulia», con il nome di Marco Giulio Cozio».
Fu un’alleanza che trasformo’ il villaggio originario di Cozio. Da borgo di capanne divenne la sua capitale: Segusio. In vetta al colle che la sovrasta sorse la reggia. Nel foro, l’odierna piazza Savoia, fu eretto il tempio che celebrava la divinita’ dell’amico Augusto. Nella citta’ furono profusi i bianchi marmi che Cozio estraeva dalle cave di Foresto e Chianocco. Susa divenne patria di una dinastia locale, ma molto intraprendente, che ebbe discendenza fino al tempo di Nerone.
«I figli di Cozio, Donno II e Cozio minore – ricorda Barello – ebbero interessi anche a Torino. Furono loro a finanziare la costruzione del teatro romano della citta’. Al padre defunto, verso il 13 dopo Cristo, offrirono una tomba monumentale, rintracciata a Susa nel giardino di casa Ramella, in piazza Savoia. Qui nel 1904 venne alla luce l’urna funebre del Re, oggi custodita dal museo civico».
Nei pressi gli archeologi trovarono anche una testa di bronzo, oggi proprieta’ del Metropolitan Museum di New York. Raffigura un uomo con collo taurino, mascella squadrata, naso dritto, sotto uno sguardo fiero.
«All’atto del ritrovamento – ricorda Barello – si disse che rappresentava Marco Vipsanio Agrippa, genero dell’imperatore Augusto e fondatore del Pantheon di Roma. Fu lui che medio’ l’alleanza fra Ottaviano e Cozio. Ma uno studioso tedesco, Dietricht Boschung, oggi nega che sia Agrippa».
Chi sarebbe? «Un personaggio importante di Segusio». Potrebbe essere Cozio? «Non ci e’ pervenuto alcun suo ritratto. Ma e’ certo che quella testa e’ comparsa accanto alla sua tomba».

Autore: Maurizio Lupo

Fonte: La Stampa, Torino, 3 gennaio 2011

Arco di Augusto a Susa
Acquedotto tardo romano di Susa
Porta Romana a Susa
Porta Romana a Susa
Acquedotto in primo piano ed arco di Augusto a Susa
Testa di Venere -museo diocesano di Susa
frammento di statua di auriga epoca romana -Susa museo diocesano

LINK:

https://alpicozie.legart.it/2-il-regno-di-re-cozio

Susa (TO) : Arco di Augusto

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Da la nuova cultura di Sammy R.

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COZIO

Gli antenati di Donno e Marco Giulio Cozio furono sempre in buoni rapporti con i Romani, è emblematico il caso della “Battaglia di Taurasia” del 218 a.C. che vide i Cartaginesi di Annibale scontrarsi contro i Taurini (originari della Valsusa) ed una guarnigione di militari romani. 

Nel 58 a.C. Giulio Cesare passò almeno due volte dalla Valsusa, diretto in Gallia e li fu ospitato in amicizia dal Re Donno I che regnava su 14 tribù galliche fra Piemonte e Provenza. 

Il figlio Marco Giulio Cozio I proseguì sulla linea diplomatica del padre migliorando i rapporti con Roma, trattando con le tribù ribelli e portandole a più miti consigli. Per questo rapporto di lealtà Augusto lo nominò prefetto permettendogli di mantenere il controllo sul territorio e le sue tribù: de facto Cozio I ed i suoi successori rimasero i monarchi regnanti fino all’estinzione (per cause naturali) della prodiga dinastia, avvenuta nel 64 d.C.

Risolte le controversie con le tribù ribelli, Cozio I fece terminare la Via Domizia (costruita dal 121 al 117 a C.) nel tratto mancante da Susa a Torino. 

Quando venne costruita la Colonia di Augusta Taurinorum si occupò di finanziare la costruzione del Teatro  e del Foro. 

Re Cozio I per la sua saggezza e lungimiranza venne venerato come una sorta di divinità e la sua tomba fu oggetto di Culto fino al IV secolo d.C. I governatori Romani intitolarono in suo onore la prefettura su cui lui ed i suoi successori avevano regnato: Praefectura Alpis Cottiarum. 

Il caso di Donno I, del figlio Cozio I e dei loro successori rappresenta un unicum nella storia della romanizzazione, per lo più segnata da repressione e spargimento di sangue. 

La storia di Marco Giulio Cozio I

Marco Giulio Cozio nacque nell’oppida di Segusium nel 60 a.C.  Fin da bambino familiarizzò con i funzionari e militari romani amici di suo padre Re Donno I che frequentavano il palazzo. Soprattutto divenne amico con i figli di questi dignitari romani suoi coetanei.

Nel 58 a.C.  ospitò con tutti gli onori il Generale Caio Giulio Cesare diretto in Gallia per avviare e guidare la celebre Guerra di Gallia per scopi imperialisti.
I Taurini erano abituati a vedere passare le legioni romane fin dal III secolo a.C. ma esistevano ancora alcune tribù come quella dei graioceli che mal sopportavano la loro presenza e disturbavano i soldati romani a scopo dimostrativo.
Donno I fece chiamare i capi dei briganti ed impose loro una condotta non ostile verso Roma, pena la loro condanna a morte e l’esilio degli abitanti dai loro villaggi. La responsabilità che i sovrani valsegusini ebbero verso il loro popolo fu elevata: quattordici tribù fra i versanti alpini di Italia e Francia da gestire quali:

Segovii: capoluogo Goesao (Cesana Torinese)

Segusini: capoluogo Segusio (Susa)

Belaci: capoluogo Bedalarius (Beulard)

Caturigi: capoluogo Caturigomagus (Chorges)

Medulli: capoluogo Mansio ad Mutatio (Modane)

Tebavi: capoluogo non noto. (Val d’Ubaye)

Adanati: Capoluogo Adana (St. Michel de la Maurienne)

Savincati: capoluogo Savingomagus (Savine le Lac)

Ectinii: capoluogo non

noto (Val Tinee)

Veamini: Brigantio (Briancon)

Venisani: Capoluogo non noto (Valle dell’Arc)

Imerii: Ocelum (Usseaux)

Vesubiani: capoluogo non noto (Val Vesubie)

Quadiati: capoluogo non noto (Val Queyras)

Diversamente dal padre, Cozio I visse durante il periodo della Pax Augustea e poté amministrare con serenità, saggezza e lungimiranza il territorio ed i popoli di cui era a capo come prefetto di nomina e come monarca di fatto.

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