Il nome di Montefortino è conosciuto a livello internazionale in tutto il mondo archeologico perché c’è un elmo, detto appunto «elmo tipo Montefortino», che fu ritrovato in questo paesino durante l’aratura di un appezzamento agricolo.
La sua storia è molto antica e risale al tempo dei Galli Senoni, che si erano stabiliti fra questi colli dell’ Appennino Marchigiano e dei quali è stata trovata una necropoli e una fonte sacra. Dell’intero territorio gallico Montefortino era probabilmente il baluardo celtico più meridionale, al confine con gli Etruschi e i Piceni.

Gli scavi della necropoli di Montefortino.
La necropoli di Montefortino di Arcevia (AN), pur con le limitazioni dovute alle modalità di scavo e di documentazione, costituisce a tutt’oggi il più cospicuo complesso rappresentativo della presenza celtica nelle Marche, uno dei maggiori dell’Italia centro-settentrionale. Situata in zona Pianetti, essa fu oggetto di indagine da parte di E. Brizio, direttore del Museo di Bologna e Commissario per gli scavi in Emilia Romagna e nelle Marche, tra il 1894 e il 1899.
I primi rinvenimenti si ebbero in proprietà Giampieri/Carletti già nel 1892, mentre l’esplorazione “regolare” proseguì, poi, anche negli attigui poderi Marcellini e Anselmi. Lo scavo si svolse con metodologia alquanto approssimativa e molti reperti furono comunque asportati dai proprietari dei terreni, non esistendo ancora all’epoca, peraltro, chiare normative di tutela. Furono comunque recuperate almeno 47 sepolture a fossa per lo più di grandi dimensioni e di forma rettangolare, spesso con cassa lignea.
Nei casi in cui era presente la cassa lignea, questa conteneva il solo inumato con pochi oggetti, mentre la gran parte del corredo funerario era disposto all’esterno, sul fondo della fossa.
I materiali provenienti dagli scavi “regolari” entrarono subito a far parte delle collezioni del Museo Nazionale di Ancona mentre altri confluirono in esso successivamente per acquisto dalle raccolte private.
Le tombe, in numero pressoché uguali tra maschili e femminili, presentano corredi che mostrano, accanto a componenti culturali centro-europee, una immediata e forte assimilazione nella Koinè ellenistica italica, nelle sue ideologie e modi di vita: i corredi maschili sono quasi sempre caratterizzati da armi offensive e difensive (lance, spade, elmi “tipo Montefortino” ecc.), mentre quelli femminili da ornamenti talora preziosi in oro, argento e vetro. Questi ultimi sono sia di tipologia celtica che d’importazione, come per altro molti dei restanti oggetti (ceramiche e bronzi), chiaramente riferibili, per la stragrande maggioranza, ad ambito etrusco, nonché magno-greco e forse anche greco proprio. Particolarmente significativa è la presenza, apparentemente ubiquitaria sia nei corredi maschili che femminili, degli apparati da banchetto e simposio, come coltelli e spiedi in ferro, calderoni, teglie, colini, brocche e situle in bronzo, nonché vasellame da mensa in ceramica di vario tipo. La necropoli copre un arco di tempo tra la metà circa del IV secolo a.C. e i primi decenni del III.(da archeo media.net)

ELMO TIPO MONFORTINO
Da roma-victrix.com
Elmo di bronzo (e raramente di ferro) di tradizione etrusco-italica o celtica (la questione è ancora dibattuta) conosciuto come Montefortino (dal nome della necropoli marchigiana che ne restituì alcuni esemplari),
Sulle origini di questo elmo che soppiantò praticamente tutte le tipologie allora in uso presso le truppe romane, si confrontano diverse linee, che sostanzialmente sostengono una, la derivazione del Montefortino da elmi Celtici (Boi e Senoni nel momento storico del loro insediamento nella pianura padana) e l’importazione da parte di popolazioni etrusche di questo elmo, e l’altra, con riferimento ai ritrovamenti di questo elmo in tombe celtiche, a bottini di guerra e a contatti commerciali con le popolazioni italiche (il Feugére classifica il Montefortino come etrusco-italico).
Divenuto comunque l’elmo più comune in uso presso le legioni romane, si distingue per la semplicità della forma emisferico-conica (forse conum era il nome all’epoca; Varrone DLL,V,24), del bordo conformato orizzontalmente, paranuca leggermente accennato, e pomello (apex) in cima al coppo a volte forato per l’inserimento di piume rosse o nere (crista), di oca o cigno, alte 45 cm (un cubito; Polibio, Historiae, VI,23) e fuso in un pezzo unico con lo stesso coppo. In corrispondenza delle tempie, le cerniere che sostenevano le paragnatidi mobili (bucculae), la cui ampiezza e forma anatomica, permettevano di proteggere guance, zigomi e mento; le paragnatidi erano fissate anche, tramite cinghie, ad un anello o due presenti nel paranuca (saldato internamente o applicato con ribattini), anche allo scopo di dare stabilità all’elmo. Alcuni esemplari di paragnatidi dei reperti più antichi, presentano decorazioni che secondo alcuni studiosi deriverebbero dalle tipiche corazze sannitiche; in questi esemplari anche la calotta risulta particolarmente decorata (classificazione A del Coarelli).
Le caratteristiche fondamentali sopra descritte (costanti nella produzione, nonostante la cospicua quantità dei reperti rinvenuti) fanno ipotizzare una produzione di decine di migliaia di esemplari nei secoli.
La lastra di partenza per la costruzione (fusa e poi battuta) era piuttosto spessa agli inizi della comparsa di questo elmo, per poi peggiorare nei secoli, probabilmente a causa dell’aumentare della domanda, come si evince anche dalla progressiva scomparsa di dettagli ornamentali: dapprima presenti sulle paragnatidi sul paranuca (classificazione Coarelli B, la cui diffusione è attestata soprattutto in Etruria), e in seguito sul solo paranuca (Coarelli C).
La produzione dell’elmo Montefortino si ipotizza cessi nel primo quarto del I secolo a.C.
Particolare di cippo funerario in pietra con raffigurato un elmo Montefortino, con
paragnatidi e cresta a coda di cavallo.
La presenza, dietro all’elmo, di quella che parrebbe essere una spada kopis (o machaira),
farebbe datare il cippo a non oltre il III secolo a.C., anche se la datazione ufficiale lo colloca
tra la seconda metà del I secolo a.C. e la prima metà del I secolo d.C.
(Cortesia Parco Archeologico di Carsulae – Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria-IT.
Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo)
Due esemplari di elmi Montefortino in ferro, con relative paragnatidi,
databili al IV-III secolo a.C.; dalla necropoli celtica di Arcevia (AN).
(Cortesia Museo Archeologico Nazionale delle Marche – Ancona-IT)
Elmo in bronzo con ricche lavorazioni incise, sia sulla parte inferiore che superiore del coppo e borchie ai lati; paragnatidi trilobate con lavorazioni a sbalzo. Sull’apice del coppo un imponente punta tricuspidata di ferro per cresta o piume. Dalla necropoli celtica di Filottrano (AN);
seconda metà del IV secolo a.C.
(Cortesia Museo Archeologico Nazionale delle Marche – Ancona-IT)
Esemplare di bronzo con ricca lavorazione sulla fascia inferiore del coppo e con
borchie sui lati, con paragnatidi trilobate di ferro con contorni di bronzo;
da Fabriano (AN) e databile al 360 a.C.9

360 a.C.
(Cortesia Museo Archeologico Nazionale delle Marche – Ancona-IT)
Esemplare che presenta caratteristiche molto simili, se non uguali, ai reperti precedenti.
Da San Ginesio (MC), e databile alla prima metà del IV secolo a.C.
(Cortesia Museo Archeologico Nazionale delle Marche – Ancona-IT)
Esemplare databile al IV-III secolo a.C. con pomello decorato con foglie ornamentali; scanalature parallele e un nastro lavorato con motivi a lisca di pesce circondano l’elmo nella parte inferiore della calotta. Due ribattini di ferro per l’attacco delle paragnatidi, sono visibili su ogni lato. La sporgenza di un anello (probabilmente quello rimasto di due, presenti in precedenza) rimane sulla parte posteriore del paranuca. Altezza cm 18,5, peso gr. 1180.
Elmo databile al III secolo a.C. dalla necropoli celtica di Serra San Quirico (AN).
(Cortesia Museo Archeologico Nazionale delle Marche – Ancona-IT)
Elmo ben conservato, dalla necropoli celtica di Arcevia-I Pianetti (AN),
databile alla seconda metà del III secolo a.C. Bordo decorato a torciglione e puntinatura,
e bottone apicale decorato; conserva anche l’anello sotto il paranuca e uno degli anelli su una delle paragnatidi, per la chiusura con il laccio di cuoio.
(Cortesia Museo Archeologico Nazionale delle Marche – Ancona-IT)
Esemplare catalogato anche come Montefortino-Canosa (IV-III secolo a.C.); altezza cm 18,3, peso gr. 220. Presenta al vertice del coppo dei residui del porta cresta di ferro, accanto al pomello di bronzo.
(Cortesia Hermann Historica, International Auctioneers – Munich-D)
Montefortino con paragnatide superstite e con iscrizione interna (úlúverna
un nominativo sud piceno), e databile al IV-III secolo a.C. da Canne (BA).
Altezza del reperto cm 33,5, altezza della calotta cm 19,8, lunghezza della
paragnatide cm 13,7, diametro della calotta cm 18×23,5; lunghezza del paranuca cm 2,8.
(Cortesia Museo Archeologico Nazionale Firenze-IT)
Questo esemplare (tipo A del Robinson), proviene dalla necropoli gallica detta
“Benacci” nel territorio bolognese. Le due paragnatidi non sono uguali ne’
per forma ne’ per misura, ad indicare che una delle due è stata recuperata da un altro elmo;
entrambe presentano nella parte inferiore i fori dove erano alloggiati i ganci che
tenevano le corregge in cuoio che partivano da sotto il paranuca.
(Cortesia e Copyright Museo Civico Archeologico Bologna-IT)
Esemplare con paragnatidi trilobate, databile alla fine del IV secolo a.C.-metà III secolo a.C.
Produzione centro-italica.
(Cortesia Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia-Roma-IT. Su concessione
della Soprintendenza per Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale)